Il prebuggiun è una delle cose più liguri che ci siano. Si tratta di un mix di erbe selvatiche che viene consumato in Liguria sin dai tempi del tardo paleolitico e tutt’oggi lo usiamo ancora, soprattutto per farcire spettacolari pansoti e altre prelibatezze. Per saperne qualcosa di più abbiamo contattato una vera esperta, la signora Lella Canepa.
Buonasera Lella, veniamo subito al dunque, che cos’è esattamente il prebuggiun?
Il prebuggiun non è altro che un misto di erbe selvatiche. Sono piante parecchio infestanti, quindi crescono tranquillamente anche a Brignole o in piazza della Vittoria, ma vanno selezionate con cura. In realtà si trovano un po’ ovunque, un po’ in tutta Italia. Chiaramente ci sono delle differenze, anche nei nomi. Dalla Toscana in giù le chiamano cicorie.
Quello che è peculiare della Liguria è il particolare sapore che noi qui sappiamo ricreare attraverso la precisa selezione di alcune erbe. Sappiamo benissimo che aggiungendo un po’ di quella particolare erba avremo la nota amarognola che cerchiamo, con quell’altra quella piccante e così via. Poi chiaramente a seconda della stagione, del luogo e dei gusti si possono ottenere prebuggiun diversi.
Ci vuole occhio, insomma, per ottenere un giusto mix, un buon prebuggiun?
Beh, sì. Non è una cosa che un giorno decidi di fare il prebuggiun, vai sul Fasce, prendi due o tre erbette ed è fatta. Parliamo di un mix di una ventina/trentina di erbe che vanno selezionate con cura, sapendo cosa si sta raccogliendo. È un po’ come andare per funghi.
Io un tempo cercavo gente con cui andare a raccogliere le erbe per fare il prebuggiun e la gente mi guardava strano. Adesso, anche grazie all’impennata di persone che seguono la dieta vegetariana o vegana, mi pagano per essere accompagnati ed aiutati.
Come le è nata questa passione per il prebuggiun?
È una storia di famiglia. Sin da bambina seguivo e aiutavo mia madre per la raccolta delle erbe. A un certo punto, però, mi resi conto che stava invecchiando e che se andavo da sola a cercare queste erbe non ci riuscivo. Così mi sono fatta insegnare da lei a riconoscere le erbe. Non è stato facile.
Vede, mia madre, che aveva imparato a sua volta da mia nonna, aveva una conoscenza basata sull’esperienza. Lei sapeva che l’erba tal dei tali era quella giusta, ma non sapeva perché. Con pazienza però imparai. Nel 2017 poi mia mamma morì. Mio figlio, a cui ho sempre insegnato queste cose e che voleva aiutarmi in un momento per me difficile, mi mise sotto il naso un computer e mi disse “Adesso scrivi, perché anche te un giorno morirai”. Sembra una frase un po’ cruda ma, adesso, attraverso il mio blog (lellacanepa.com/blog), io riesco a tramandare tradizioni di famiglia e non solo, che purtroppo si stanno perdendo.
Il mondo sta infatti cambiando molto velocemente e il rischio di perdere antichi costumi e usi è molto concreto, oltre che un gran peccato. Lei come ci si ritrova?
Io vengo da Chiavari, lavoravo in un negozio che vendeva pezzi per officine meccaniche. Poi 40 anni fa mi sono stufata. Non riuscivo più a vivere in città dove tutto era frenetico. Così sono venuta a stare nell’entroterra, sopra Varese Ligure. Qui riesco a fare una vita più ritirata e sinceramente non riesco a capire com’è possibile che tutto questo si stia perdendo. Oggi a nessun giovane salterebbe in testa di venire a stare in un posto come questo. Nemmeno in vacanza. Con 25 euro vai dall’altra parte d’Europa, chi te lo fa fare di venire qua? Eppure siamo vicini alle Cinque Terre…
Non crede ci sia un futuro per il vostro entroterra e molti atri simili sparsi su tutta la Liguria?
Negli anni ‘70 e ‘80 sembrava che si potesse fare di questi posti delle mete turistiche. Prima di tutto arrivarono gli inglesi, interessati a prendere case qua per visitare la Toscana. Poi fu la volta dei milanesi. Ma con l’aumento delle tasse, l’introduzione dell’IMU, l’aumento dell’età pensionabile e la disgregazione della famiglia tutto questo è crollato.
Ci resta la terra, ma mi chiedo chi se ne prenderà cura. Gli unici che possono farlo sono i migranti. Alla fine, la vita da contadini è una vita per chi è povero, si vuole sacrificare e nutre speranza. I liguri, un popolo di contadini e non di marinai come pensano tutti, hanno abbandonato la terra. Così la natura ora prende il sopravvento e ci dà erbe molto più resistenti e difficili da raccogliere.
Non pensa che la pandemia possa aver rimescolato un po’ le carte in tavola?
Lo speravo. Pensavo che stando tutti chiusi in casa sarebbe stata rivalutata una vita all’aria aperta e più ritirata. Invece mi accorgo che non è così. Vedi… posso darti del tu vero?
Certamente, diamoci del tu.
Vedi io sto in un paese di 4 anime. Durante il lockdown sono stata tre mesi senza comprare cibo perché il supermercato più vicino è a 17 km. Mi facevo dare solo un po’ di farina dal mio amico qua col mulino e qualche uova dall’altro vicino. Poi io avevo le mie verdure e la mia frutta.
Quando mio figlio dopo tre mesi mi ha portato il pollo e lo abbiamo messo in forno mi sono venute le lacrime agli occhi per la gioia! Comunque mi sembra che finito il lockdown tutti siano tornati alla vita di prima. Io qua continuo a fare cose che nessuno fa più e me ne dispiaccio.
Per esempio?
Per esempio, io pastorizzo il cibo per conservarlo, una cosa estremamente banale ma che nessuno fa per paura. Nessuno ha più una cantina per tenere al fresco il cibo o per fare cose come la prescinsêua. Ma senza una cantina e il suo ambiente umido non la fai la prescinsêua. Io faccio anche la farina di ortica che dura 2 o 3 anni.
Sono lavori duri, ma è proprio questo che dà un valore alle cose. È vero, gli elettrodomestici hanno liberato noi donne, ma adesso non sappiamo più dare il valore alle cose.
Tornando a parlare di prebuggiun, adesso sta per iniziare la stagione giusta per la raccolta, dico bene?
La primavera è ovviamente il periodo migliore. Poi diventa troppo caldo e secco. Io porto la mia conoscenza anche nelle scuole dove racconto delle ricette-favola. Con il prebuggiun si farciscono i pansoti, le torte di verdura e anche la cima, come cantava De Andrè. Mai e poi mai si dovrebbero usare gli spinaci! Tutt’al più delle bietole, soprattutto per la torta.
Io sono 15 anni che ho questa associazione (Associazione Culturale Erbando) e organizzo gite e incontri aperti a tutti dove insegno a riconoscere le erbe per comporre il prebuggiun. Come detto è una conoscenza puramente empirica e non scientifica o molecolare.
Immagine di copertina:
Illustrazione di Martina Spanu
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[…] Oggi questi savôi sono grandi protagonisti dei nostri piatti. Comprendono prezzemolo, rosmarino, sedano, maggiorana, timo e tutti quei rametti che il besagnino spesso ci dà a gratis. E belin, a Genova vuoi non prendere con entusiasmo delle erbette gratis? Siamo mica nesci! Che poi magari con quelle erbette ci puoi fare la torta di bietole, o le verdure ripiene, o il prebuggiun (Cronache dall’entroterra: il prebuggiun). […]