Questo articolo ha l’obbiettivo principale di proporre pochi ma utili strumenti per comprendere più chiaramente i numeri del coronavirus e tutto quello che li riguardano a livello nazionale e regionale. In particolare, verranno forniti alcune fonti consultabili di ottimo livello e verranno spiegati alcuni parametri molto importanti presi da tali fonti.
Se stai cerando di fare ordine tra tutti i dati che rimbalzano quotidianamente allora questa è la lettura che fa per te. Tuttavia, è necessario fare una premessa: lo scenario è davvero molto complesso, per capirlo davvero è necessaria un’alta sensibilità statistica che si ottiene solo dopo anni di studio.
Il primo sito che vorrei suggerire è Gimbe
Gimbe dati e numeri del Cornavirus >
Gimbe presenta subito una stringa orizzontale composta da diverse caselle. Dentro a queste i valori di alcuni tra i più importanti parametri sono espressi (e la loro variazione rispetto al giorno precedente).
Viene fatto con una scala di colori basata sulla gravità: dal verde dei guariti al nero dei decessi. Non è riportato il totale dei positivi ma questo dato è spezzettato in: isolati domiciliari (giallo) ricoverati con sintomi (arancioni) e terapie intensive (rosso). In questo modo l’informazione è più dettagliata e puntuale. Per conoscere comunque il numero di positivi totali basterà sommare questi tre numeri con un’addizione velocissima (anche perché per fortuna la stragrande maggioranza dei postivi è in isolamento domiciliare).
Sono poi indicati i casi testati e il rapporto tra questi e i positivi.
Ecco attenzione. Questo è un dato poco noto ma utilissimo. I casi testati non sono i tamponi eseguiti ma i tamponi eseguiti su soggetti nuovi. Vengono quindi esclusi i tamponi multipli su chi già era positivo. In questo modo si può conoscere davvero l’andamento dei contagi. Questo rapporto restituisce un numero diverso da quello che solitamente è fornito da tutti i bollettini, in cui viene espresso il numero di positivi e di tamponi svolti includendo tutti quei tamponi eseguiti su persone che già erano positive. Il dato di Gimbe restituisce quindi una percentuale per forza più alta ma molto più indicativa (da non confondere con allarmista).
Per quanto riguarda le regioni, vi consiglio poi di concentrarvi sul primo grafico che Gimbe presenta.
Esso descrive l’incremento percentuale dei casi e l’incidenza basata sulla popolazione per regione. Grazie a questi due parametri possiamo vedere quali regioni sono più dense di contagiati (quelle più a destra) e quali stanno conoscendo un aumento dei contagi più repentino nell’ultima settimana (più in alto). Si formano quattro quadranti con colori che rimandano per gravità a quelli delle regioni dettati dalle regole del DPCM di inizio novembre. Tra questi quello rosso in alto a destra rappresenta lo scenario più drammatico.
I rapporti di Gimbe si rifanno in parte ma non solo ai dati governativi che sono liberamente consultabili
Governo Italiano dati e numeri del Coronavirus >
Anche questo è un altro passaggio fondamentale: molti dati estremamente importanti, su cui anche il governo basa le sue decisioni, sono pubblici. Molto spesso ai telegiornali, alla radio o nei giornali cartacei ed online, leggiamo e ascoltiamo sempre gli stessi dati: il numero di morti, il numero di positivi e di tamponi eseguiti (come già detto un’informazione discutibile), l’Rt e il numero di ospedalizzati.
Questi parametri appena citati sono solo alcuni dei tanti misurati.
Nel rapporto sul monitoraggio governativo, aggiornato circa ogni settimana, sono descritte anche le soglie e le allerte per i singoli parametri. Vorrei partire dal famoso Rt:
“il numero di nuovi casi locali con inizio sintomi al giorno t” (x) trasmessi dai “casi con inizio sintomi nei giorni precedenti”.
Per ottenere questo dato è dunque fondamentale conoscere con precisione quando iniziano i sintomi per i vari positivi. Un’operazione che in molte regioni è incompleta. Solo in 8 regioni su 20 del rapporto della settimana 2-8 novembre questa informazione era soddisfacente, la Liguria non è fra queste 8 (Tabella 2 indicatore 1.1). Tuttavia l’Rt viene calcolato comunque per tutte le regioni. È quindi un parametro non dico per forza sbagliato, ma insomma da prendere con le pinze in molte circostanze.
Tra gli altri dati interessanti di cui sentiamo poco parlare troviamo la tempestività nel tamponare e nell’isolare eventualmente i casi positivi.
Quanti giorni dovrebbero passare tra l’inizio dei sintomi e la diagnosi? Uno? Due? Tre esagerando?
In alcune regioni passano molti più giorni. Il triste record spetta al Piemonte dove passano in media 9 giorni! In Liguria non siamo messi molto meglio visto che ne passano comunque tanti, cioè 5. E non cambia molto la musica se vediamo le tempistiche per gli isolamenti, dove anzi spesso questo dato è “non calcolabile” (indicatori 2.2 e 2.3 Tabella 4).
Un informazione che poi riassume bene la capacità di tracciamento è quello relativo all’efficienza del contact tracing a livello percentuale, ovvero “il numero di nuovi casi locali con inizio sintomi al giorno t” (x) trasmessi dai “casi con inizio sintomi nei giorni precedenti”.
Mirando a una percentuale del 100%, che rappresenta la massima efficienza, la Liguria si colloca purtroppo tra le regioni che nella settimana tra il 2 e 8 novembre stava facendo peggio, al di sotto solo Lombardia, Toscana e Valle d’Aosta (indicatore 2.6 Tabella 4).
Se però cercate un’interfaccia più user friendly allora secondo me non è affatto male il sito de Il Sole 24 ORE.
Il Sole 24 ORE dati e numeri del Coronavirus >
Qui alcuni dei parametri che vi ho citato sono indicati e supportati da grafici anche con filtri con cui si può giocare. Tra i dati mostrati vi sono quelli relativi alle ospedalizzazioni e alla saturazione delle terapie intensive. Spesso chi fa informazione riporta semplicemente il numero dei nuovi casi in terapia intensiva, senza rapportarlo alle capacità degli ospedali.
A Padova dove mi trovo, per esempio, c’è uno degli ospedali più grandi ed efficienti di Italia. Questo ovviamente assorbe molto bene l’urto e il carico dei pazienti COVID. Molto meglio di tanti altri ospedali che possono andare in crisi con molti meno casi.
Non bisogna poi fare l’errore di credere che siano solo le terapie intensive quelle da monitorare. Negli ospedali ci sono molti reparti e se molti di questi si saturano tutto il complesso ne risente. È quindi fondamentale anche osservare il numero più generale dei ricoveri totali.
Insomma è difficile avere una buona visione d’insieme.
I dati sono tanti e non bisogna fermarsi alla prima impressione ma contestualizzare sempre. Per di più, osservare l’andamento a livello nazionale è un conto, un altro è farlo a livello locale e fare dei confronti. Per questo poi fare dei discorsi di carattere nazionale rischia spesso di perdere di senso.
La situazione è molto frammentaria per mille motivi, tra i quali le capacità di gestione della crisi e gli stili di vita delle varie zone che sono molto diversi fra loro. Tuttavia è importante non fermarsi ai pochi dati forniti frettolosamente e drammaticamente dai media principali. Per avere anche solo una vaga idea della realtà bisogna sporcarsi le mani con i numeri. E come abbiamo visto sono tanti numeri, a volte pure inaffidabili.
Se da un lato quindi sicuramente non è semplice capire i dati, divulgarli in tempi rapidi e prendere decisioni amministrative e politiche basandosi su questi, dall’altro è anche vero che le notizie che sentiamo martellanti ogni giorno sono davvero un riassunto troppo stringato (volutamente?).
Capisco i tempi stretti, ma francamente preferirei alcune informazioni mirate e, se si vuole descrivere la situazione complessiva, dei commenti soppesati con rimandi a dati e approfondimenti maggiori. Bisogna sempre avere chiaro in testa che dare un dato incompleto è sempre peggio del silenzio, soprattutto se è omessa, con onestà intellettuale, la consapevolezza della natura parziale del dato stesso: la parte nascosta potrebbe dimostrare che la realtà dei fatti è invece opposta a quella urlata.
Immagine di copertina:
Foto di Engin Akyurt
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