Liguria mare bollente. Menkab: il respiro del mare

Un mare bollente – parte prima: le Caretta caretta liguri

L’estate torrida del 2022 ha riscaldato anche i mari. Che cosa è successo nel Mar Ligure? Ne parliamo assieme a tre scienziati ambientali. Parte prima.
23 Giugno 2023
8 min
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Quanto abbiamo sbuffato per il caldo la scorsa estate? Quanto ci siamo lamentati per il sudore che colava incessantemente sulla nostra pelle appiccicosa?

Quella del 2022 è stata un’estate di fuoco, che si è protratta quasi fino a ottobre con temperature decisamente al di sopra di quelle medie previste. Mare assurdamente tiepido che ha permesso ai bagnanti di fare nuotate e tuffi anche nei primi giorni di novembre. E poi finalmente il freddo (insomma, fresco).

E così, riprendendo ora il costume da bagno, vorrei riflettere su ciò a cui abbiamo assistito in quei mesi roventi.

Ho deciso di parlarne assieme a tre scienziati ambientali: Giulia Calogero, Sara Durante e Lorenzo Merotto. Ho posto i miei dubbi e chiesto loro chiarimenti sull’impatto del cambiamento climatico sui nostri mari.

Partiamo da due fatti:

A metà luglio 2021 vengono rinvenuti a Finale Ligure due piccoli di tartaruga Caretta caretta, uno morto sepolto sotto alla sabbia e uno vivo – sottoposto a controlli da parte dei veterinari dell’acquario di Genova – poi rilasciato in mare. Nello stesso periodo, nell’estate 2022 accade di nuovo, ma a Levanto.

Proviamo a ricostruire i pezzi assieme a Giulia Calogero, ricercatrice e presidentessa di Menkab, il respiro del mare, Associazione che opera dal 2010 a sostegno delle attività di ricerca scientifica e di educazione ambientale dedicate al Mar Mediterraneo.

Per cominciare: cosa ci fa la specie Caretta caretta nel Mar Ligure?

La Caretta caretta ha un passaggio abituale nel Mar Ligure, viene da sempre avvistata a largo soprattutto durante la stagione estiva. È la specie di tartaruga marina più diffusa nel Mediterraneo occidentale e negli ultimi anni si vede un aumento della sua distribuzione. 

Menkab osserva circa 10 tartarughe a stagione estiva, ma è un numero sottostimato per l’altezza della barca, i whale watching nel periodo giusto ne vedono anche il doppio.

Abitualmente i siti di nidificazione in Mediterraneo occidentale sono al sud: Lampedusa, Mar Ionio, Sardegna e Mar Tirreno. Dal 2010 in poi sono iniziate le segnalazioni anche a nord della Toscana. Per la Liguria l’evento del 2021 è stato il primissimo caso di potenziale nidificazione, anche se non è l’evento più a nord: è accaduto infatti anche a Jesolo in contemporanea.

La particolarità della Liguria è il non avere una grande offerta di spiagge idonee oltre ad avere una costa ampiamente antropizzata e quasi priva di spiagge libere.

Come vengono gestiti i nidi rinvenuti sulle spiagge?

Solitamente l’area del nido viene segnalata e delimitata da parte di Acquario di Genova e della Guardia Costiera. Per quanto riguarda il monitoraggio fino alla schiusa del nido, di solito ci si affida al lavoro di volontari di tante realtà e associazioni coadiuvati dalla presenza di esperti sul campo. 

È importante riconoscere il momento dell’uscita dei piccoli dal nido – spesso succede durante la notte – per creare loro un corridoio sicuro per arrivare al mare, possibilmente privo di fonti luminose che potrebbero disorientarli.

Come può agire un cittadino di fronte all’evento? 

La prima cosa da fare è allertare la Guardia Costiera contattandola al 1530, che poi provvederà a segnalarlo agli enti preposti per l’intervento o alle associazioni più vicine.

È importante riconoscere le orme e i segnali che lascia una femmina quando depone in modo da poter riconoscere l’eventuale presenza di un nido. È anche importante non disturbarla durante la fase di ricerca della zona migliore per deporre le uova: spesso scava in luoghi diversi per cercare la temperatura di incubazione migliore. 

Dovremo abituarci all’evento?

Purtroppo – o per fortuna perchè da osservare è sicuramente un qualcosa di unico – sì. Oltre al caso del 2021 a Finale Ligure e del 2022 a Levanto, c’è stato anche un altro potenziale tentativo a Bordighera sempre la scorsa estate.

L’aumento della potenzialità di nidificazione della Caretta caretta anche nelle nostre spiagge è un dato di fatto.

Una delle spiegazioni è che le tartarughe marine hanno un optimum di temperatura in cui possono avere una migliore ratio di nati maschi e femmine, in modo da non sbilanciare la popolazione. La nidificazione sempre più al nord si può imputare a questo: la ricerca di temperature migliori rispetto a quelle che ormai potrebbero non trovare più al sud – o per lo meno hanno iniziato a trovare anche al nord.

Liguria mare bollente. Menkab: il respiro del mare
Foto di Giulia Calogero. Fonte Menkab

Giulia Calogero ci sta dicendo quindi che le tartarughe marine non si trovano così male dalle nostre parti. La causa di ciò è l’aumento della temperatura media degli oceani e di conseguenza il contenuto di calore globale del mare. 

Per discutere delle variazioni termiche del Mediterraneo ho fatto una chiacchierata con Sara Durante, ricercatrice al CNR che lavora con modifiche generali delle caratteristiche termoaline (n.d.r.: legate a temperatura e salinità) delle acque, sia in Mediterraneo sia sul globale.

Ci racconti che cosa sta succedendo nelle acque del Mediterraneo?

Uno dei parametri più utilizzati come indicatore per gli studi sul cambiamento climatico è la temperatura superficiale, che è facilmente monitorabile per esempio grazie ai satelliti e rappresenta il confine tra atmosfera e oceano.

La temperatura superficiale globale media è aumentata rispetto all’era preindustriale, pur in modo non uniforme nel tempo e nello spazio.

L’aumento medio globale negli ultimi 40 anni è di circa 0.6°C, poco più di mezzo grado, che può sembrare poco, ma non lo è. Basti pensare a un esempio fisiologico: quando ci viene la febbre, anche mezzo grado di temperatura in più può determinare grossi scombussolamenti!

Il Mar Mediterraneo, in particolare, è considerato un “hot spot”, cioè una zona calda per il cambiamento climatico: le sue dinamiche climatiche sono particolarmente suscettibili e reattive ai cambiamenti, il che in un certo senso permette di studiare “in anticipo” cosa potrebbe succedere a livello globale, dove invece i tempi di risposta sono più lenti.

Numerosi studi, guardando agli ultimi 20 anni, sono in accordo nel rilevare un aumento non solo nella temperatura superficiale, ma anche del livello del mare e della salinità superficiale, per esempio, che sono altri parametri “sentinella” che ci dicono tutti in modo concorde che le cose stanno cambiando. 

Di quanto? Qui bisogna capire una cosa importante: ci sono tantissimi studi che dicono tutti la stessa cosa.

Questi parametri aumentano, di valori che dipendono però da un’infinità di variabili, essendo l’ecosistema terra, o più in piccolo il sistema dinamico Mediterraneo, estremamente complicato. Dare un singolo valore medio è riduttivo, perché non rappresentativo delle complesse dinamiche in gioco.

Per esempio, sappiamo che la temperatura media del pianeta terra (aria) è circa 15°C. Questo numero però non ci dice assolutamente niente sulla complessità delle fasce climatiche presenti sul pianeta – dai poli all’equatore – è, appunto, una media. 

Come sappiamo dai rapporti IPCC (Wall:out ha parlato qui dell’ultimo Intergovernmental Panel on Climate Change, ovvero quel gruppo di persone che si occupa di revisionare e riassumere tutti gli studi scientifici sul cambiamento climatico) il massimo aumento di temperatura media globale che ci possiamo permettere – in questo caso dell’aria, ma vale lo stesso ragionamento – per sperare di mantenere le dinamiche climatiche terrestri non troppo distanti da come le conosciamo ora è 1,5°C, che sembra poco, ma è in realtà un numero enorme e con infinite implicazioni, andando a fare gli zoom spazio-temporali.

Con questo concetto chiaro in mente e tornando alla temperatura superficiale del Mediterraneo, possiamo dire che si sta scaldando in media di valori intorno allo 0,04°C all’anno, che non è poco! Possiamo dire che si sta scaldando sempre più velocemente rispetto ai trend del passato e che è sempre più difficile provare a fermare o invertire il trend.

E il Mar Ligure come sta?

Il Mar Ligure non è esente dal discorso generale legato al Mediterraneo, anzi, sembra andare più veloce della media Mediterranea. Come dicevo, a seconda dell’area i valori possono cambiare molto, anche se purtroppo sempre di trend di riscaldamento si parla.

Nel decennio 2007-2017 si è visto che la temperatura media annuale dell’acqua nei primi 20 metri in Mare Ligure è aumentata di circa 1°C quindi vuol dire 0,1°C all’anno, grosso modo. 

In linea di massima c’è stata un’accelerazione negli anni 60-70 e parte degli 80, poi i trend sono rimasti in aumento, ma meno ripidi.

Dagli anni 2000 in poi è ripartita l’impennata dell’aumento delle temperature.

Il problema in Mar Ligure, e decisamente non solo, è che si verificano sempre più heat waves, cioè ondate di calore. Queste scaldano tantissimo l’acqua in superficie e di conseguenza vi è un abbassamento del termoclino, che è il limite in profondità tra lo strato mescolato superficiale – più caldo perché a contatto con l’atmosfera  – e le acque più profonde, più fredde e stabili, che sta tipicamente a una certa profondità.

Ma se sopra tutto rimane bollente per tanto tempo il termoclino si abbassa, trasferendo calore più in profondità del normale, creando quindi una stabilità estiva molto più marcata. 

Un esempio? L’estate scorsa il termoclino è arrivato più in profondità, anche 26°C anche a 30 metri; una temperatura davvero elevata a una profondità altrettanto elevata, dove vivono organismi che però non tollerano queste temperature. 

Liguria mare bollente. Menkab: il respiro del mare
I valori termici di superficie rilevati dal satellite Copernicus il 18 luglio 2022. Fonte Meteo Limet 

Immagino che tutto ciò abbia degli effetti a breve e lungo termine.

Esatto. A breve termine ‘soffriamo’ cose puntuali: caldo, siccità, eventi estremi come le heat waves citate sopra, discomforts sempre più pesanti per noi e crisi ecologiche sempre più frequenti. 

A lungo termine è previsto un tempo di ritorno degli eventi estremi sempre più breve, cioè sempre più eventi estremi in poco tempo, oltre a uno shift di fasce climatiche: indicativamente nella nostra penisola avremo un clima sempre più africano, e nelle regioni del nord Europa un clima più simile al nostro attuale, senza considerare tutta la problematica legata allo scioglimento dei ghiacci. 

E la funzione termoregolatrice del mare?

Il mare influenza il clima in una misura enorme e più del 70% del pianeta è coperto da oceani. In brevissimo: la circolazione termoalina globale – cioè la stratificazione degli oceani e le correnti, calde e fredde, a diverse profondità – è relativamente stabile.

Ci aspettiamo di trovare una certa massa d’acqua con certe caratteristiche di sale e temperatura, stabili, che ci permettono di riconoscerla e addirittura darle un nome, a una certa profondità, che va in una certa direzione. 

La famosa corrente del Golfo, per esempio, è una corrente superficiale calda che va dal centro America al Nord, lambendo e mitigando il clima delle coste atlantiche dell’America Settentrionale, riconoscibile, e determinante per il clima. I due motori che mantengono questa circolazione globale che a sua volta mantiene il clima a cui siamo abituati sono ai due Poli, in due zone estremamente ristrette, dove l’acqua superficiale viene raffreddata dai venti gelidi polari, diventa più salata perché si forma il ghiaccio (che è fatto di acqua dolce), e quindi diventa più densa e più pesante, sprofondando, richiamando altra acqua e quindi di fatto alimentando il ciclo globale. 

L’enorme problema dei “ghiacci” e dei “poli” è quindi legato al rischio concreto che, cambiando le condizioni al contorno, queste due aree ai poli non siano più in grado di portare avanti quel processo che permette all’intera massa d’acqua del globo di circolare nel modo in cui fa oggi.

Questo causerebbe modifiche in parte prevedibili dai molteplici modelli che la ricerca negli anni ha messo su, ma in parte no, sulla circolazione globale e quindi sul clima globale, andando a spostare gli equilibri degli scambi di calore aria-acqua. 

Se si modificasse la corrente del Golfo, per esempio, andrebbe a mancare lungo le coste dell’America settentrionale atlantica un enorme fattore condizionante del clima.

Un esempio cinematografico che racconta una storia simile, improbabile come tempistiche – non succede in 15 giorni – ma non così assurda a livello scientifico, seppur appunto con tempi molto più dilatati è il film The Day After Tomorrow, dove il Nord America improvvisamente si congela e viene devastato da tempeste di neve e gelo.

Ricordiamoci sempre che la terminologia corretta è cambiamento climatico, non riscaldamento globale: è vero che il problema è che si sta scaldando il pianeta, ma le conseguenze non sono necessariamente ‘più caldo ovunque’, anzi, è decisamente molto più complesso di così.

Per il futuro prossimo ci dobbiamo aspettare che questa tendenza sarà sempre peggiore e avverrà sempre più in fretta.

Bene (per modo di dire). Dunque siamo partiti dalla nidificazione anomala delle Caretta caretta sulle nostre spiagge, chiedendoci le cause di ciò e indagando su che cosa stia succedendo al Mar Ligure e Mediterraneo dal punto di vista delle temperature.

Per oggi lasciamo sedimentare queste informazioni. Venerdì prossimo scopriremo che impatto ha il cambiamento climatico su fauna e flora marina, parleremo delle specie autoctone e aliene e… il resto ve lo racconto venerdì!

Immagine di copertina:
Foto di E. Biasissi. Fonte Menkab


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Ha una laurea in chimica ma (al momento) non la usa, nel frattempo continua a studiare nel ramo dell’ambiente. Agonista da 13 anni, oggi finalmente vive del suo sport. Scappata da Genova per 3 anni e ritornata con la voglia di scoprirla davvero: l’esser zeneise è una croce che va portata con onore. Ama i dinamismi ed i collegamenti trasversali. Selvatica, un po’ come la sua terra.

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