Che cosa immaginiamo quando pensiamo a donne inserite in un contesto mafioso? Che aspetto associamo loro? Quali comportamenti, quali routines?
É questa la domanda che si è posta il Presidio Francesca Morvillo di Libera Genova. E le risposte giunte sono state in qualche modo stereotipate: donne dimesse, angeli del focolare, silenziose assecondatrici degli impegni degli uomini nelle loro vite.
Ma siamo sicuri che stiamo raccontando la storia nel modo corretto? Non stiamo forse utilizzando il solito punto di vista storico maschile, voce narrante e giudicante?
Di donne che non sono mai abbastanza presenti, mai abbastanza protagoniste. Registi uomini che dirigono film mono-genere. Ma forse non abbiamo mai provato ad ascoltare le vite di queste donne, magari dai loro racconti diretti.
Libera Genova ha deciso di rompere il coro di voci maschili per dare spazio, finalmente, a storie di donne che con la mafia hanno dovuto confrontarsi.
Quanto è raro sentire raccontate storie di donne in luoghi di potere (legali e illegali)? Cosa c’è al di fuori del sistema mafioso? Come possiamo raccontare l’antimafia sociale in funzione anche delle azioni femminili?
“Mafia: femminile singolare” il podcast
Nasce così l’idea di “Mafia: femminile singolare” il podcast scritto e narrato dal Presidio Francesca Morvillo prodotto da Audio Video Factory e GoodMorningGenova. Nove puntate, altrettante storie al femminile, ascoltabile sul sito di GoodMorningGenova, Spotify.
Il podcast si inserisce nel programma di Libera Genova 2025 “Educare alla responsabilità” e nel percorso che ci accompagna verso il 21 marzo “La giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”.
Lo scopo del podcast è quello di fare memoria attiva: uscire dal solito meccanismo di racconto didascalico, liturgico, ma piuttosto utilizzare uno strumento che può impattare direttamente sul pubblico provando a coinvolgere anche i più distanti.
Creare condivisione senza fare “indottrinamento”, ma intrattenimento, con uno strumento di spunto fresco e facilmente fruibile.
Un paio di cuffie, un tragitto casa-lavoro, una passeggiata accompagnata da storie di donne poco ricordate.
Lo spunto è arrivato a partire dalla newsletter “A mente Libera” (clicca qui se vuoi iscriverti!), che Libera invia regolarmente ai suoi associati. Da qualche tempo, oltre a storie di antimafia, responsabilità e riscatto sono stati aggiunti inserti di pedagogia mafiosa e psicologia di gruppo.
Da questo, con un lavoro collettivo durato un anno, il presidio Francesca Morvillo ha dedicato tempo, energie e dedizione per la ricerca di storie di donne in contesti mafiosi da far scoprire al pubblico.
Molte le collaborazioni, tra le quali spicca quella con Ombretta Ingrascì, Professoressa in sociologia della criminalità organizzata.
La scrittura è stata impegnativa per ragioni diverse: storie toste, crude, spesso violente e alienanti. Il criterio che porta avanti i racconti è la scansione dei tempi con schema teatrale, prima vi è una descrizione minuziosa di ambiente e scenografia, poi compaiono i personaggi, immersi in un tornado di circostanze.




Tutti i racconti riguardano donne fuori da immagini universali
Francesca Laura Morvillo, magistrata, morta a seguito delle ferite riportate nell’attentato di Capaci, unica magistrata italiana a perire per attentato.
Tita Buccafusca, apparentemente suicida, sopraffatta dal pesante meccanismo di una famiglia mafiosa che l’ha ritenuta meno importante degli affari; schiacciata e sottomessa da una vita che aveva scelto.
Nella sua storia si percepisce la volontà di uscire da un circuito di illegalità e violenza e al contempo l’impossibilità per Buccafusca di riconoscere alcune forme di violenza, di credersi forte abbastanza per ricominciare da sola.
Lea Garofalo, testimone di giustizia che ha deciso di allontanarsi dal contesto mafioso, illegale, violento, rocambolescamente sfuggita ad un rapimento grazie alla figlia, infine tristemente sparita per mano dell’ex compagno.
Queste solo alcune delle storie narrate nel podcast. Quante volte non è stata data nemmeno la dignità del nome a una donna compagna di un uomo, ma è stata ricordata solo in funzione del suo legame con questo.
Moglie di, sorella di. Anche nei contesti di mafia si ripete il cliché che osserviamo tutti i giorni nella vita di legalità, nei titoli dei giornali, nei racconti delle persone.
Donne senza nome, donne senza cognome, donne senza storia. Dequalificate a semplici figuranti, comparse di sfondo su storie ben note.
Quante volte non abbiamo cercato i punti di vista femminili. Vittime di mafia, collaboratrici di giustizia, donne che hanno scelto di opporsi con coraggio e determinazione, ma anche donne coinvolte attivamente nella vita dei clan mafiosi.


Ruoli diversi per organizzazioni diverse
La Professoressa Ingrascì ha dichiarato che spesso le donne in contesti mafiosi vengono idealizzate in due posizioni opposte: angeli inconsapevoli estranee alle vite dei loro compagni, figli e fratelli; boss spietate e senza alcuna remora.
In realtà, raccontano i ragazzi e le ragazze di Libera Genova, le organizzazioni criminali di stampo mafioso non sono tutte uguali. Esistono ruoli diversi per organizzazioni diverse. Alcuni esempi?
La Camorra mantiene uno stampo orizzontale. Accade che le donne abbiano poteri pari agli uomini, non tanto come rivoluzione matriarcale, bensì come semi-emancipazione “autorizzata” dagli uomini stessi.
Nel clan dei Capriati, in Puglia, si vedono spesso donne ai vertici in vece dei mariti arrestati, che dunque assumono posizioni di vertice solo come vicarie e in temporanea attesa che il titolare rientri stabilmente alla base.
E alla pari di donne attivamente impiegate nella criminalità organizzata, ne troviamo altrettante che invece tramano da dietro le quinte, gestiscono rapporti e situazioni, ma non vengono riconosciute dal sistema, che rimane patriarcale.
Rimane allora fondamentale studiare e riconoscere il ruolo della donna all’interno delle organizzazioni, studiando il contesto storico per lo sviluppo delle mafie e guardando attentamente alla condizione femminile.
Nella più tradizionale delle interpretazioni la donna trasmette un sistema di valori, tramanda ai figli le regole non scritte della malavita, riporta le informazioni del sistema patriarcale. Questo è ciò che accade all’interno del sistema mafioso.
Ma che cosa succede fuori? Che cosa compiono le donne nell’antimafia sociale?
Per conoscere meglio queste storie, martedì 11 marzo alle 19:00 presso i Giardini Luzzati – Area Archeologica si terrà una Charlas nel contesto dei cento passi verso il 21 marzo.
Verrà presentato ufficialmente il podcast e ci sarà modo di raccontare meglio il processo creativo, introdurre i personaggi selezionati.
Assieme a Libera Genova, tanti partner pronti a sostenere il progetto: Unione Donne Italiane, Coop, cooperativa Il Cesto, Music for Peace, Legambiente.
Immagine di copertina:
Grafica wall:out magazine su illustrazione di Rebecca Fritsche
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