C’è qualcosa di profondamente onesto nella leggerezza. Soprattutto quando non è cercata, ma vissuta. Ed è proprio questa la sensazione che probabilmente ha attraversato la platea del Teatro Carlo Felice ammirando “La fille mal gardée”, con il nuovo allestimento firmato da Frédéric Olivieri, libretto di Peter Ludwig Hertel (edizione Mario Bois, Parigi) e danzata dagli allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala; anteprima che ha celebrato il rinnovato Nervi International Ballet Festival.
Olivieri è direttore del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala e del Dipartimento Danza della Scuola scaligera.
Il 28 luglio, al Teatro Carlo Felice, ha rappresentato un appuntamento dal forte valore simbolico: l’apertura del Festival è stata infatti affidata alle promesse della danza italiana; oltre sessanta giovanissimi allievi tra il 7° e 8° corso, impegnati in uno dei titoli più antichi della storia del balletto, ripensato per valorizzare tanto la preparazione tecnica quanto soprattutto le capacità attoriali dei giovani interpreti.
Il balletto, datato 1789, tra i più antichi del repertorio classico, nacque in pieno fermento rivoluzionario, portando con sé il seme della ribellione, pur nella forma leggera della commedia agreste.
Un titolo che conserva intatta la sua vis comica e la grazia narrativa. E che, nella sua semplicità contadina, resta sorprendentemente attuale.
Un amore ostacolato, un finale rosa pastello
Lise, figlia della severa Madame Simone, è innamorata del giovane contadino Colas. La madre, però, la vuole maritare con Alain, ricco ma impacciato. Travestimenti, nastri rosa, porte che si chiudono e si riaprono, giungendo, naturalmente, al lieto fine.
Ma è come vi sono arrivati gli interpreti attraverso la danza, la pantomima e momenti teatrali quasi slapstick, a rendere tutto speciale.
Un’opera che spesso si guarda con condiscendenza (troppo lieto, troppo lineare, troppo “vecchio stile”) ma che, se restituito con precisione e freschezza, può ancora parlare con voce chiara e restare sorprendentemente attuale.
Qui, la voce era quella di Laura Farina, una Lise energica e viva, mai caricaturale, capace di raccontare più con uno scarto di sguardo che con un’intera variazione.
Accanto a lei, Francesco della Valle (Colas) ha trovato un equilibrio prezioso tra lirismo e precisione: la sua danza riempiva il palco.
Il terzo vertice del triangolo, Giovanni Bellucci nei panni di Alain, ha saputo portare in scena una comicità tenera e moderna, senza eccessi: un giovane poeta distratto, più che uno scemo del villaggio, ma con una capacità naturale di spiccare il volo (nel vero senso della parola!).
Il momento cult
E poi c’era lei, Gisèle Odile Ghidoli, una Madame Simone che nella celebre danza con gli zoccoli (nella versione originale interpretata da un danzatore en travesti) non ha rubato la scena: l’ha conquistata.
Con quei legni ritmati e giocosi, fra tradizione popolare e teatro fisico, ha ricordato a tutti che la danza è anche terra, rumore, materia.
Applausi veri e affettuosi per un passaggio irresistibile, dove ritmo, ironia e presenza scenica si sono fusi in una piccola gemma coreografica, fatta di precisione musicale e intelligenza teatrale.
Olivieri dirige con misura e teatralità
La regia coreografica di Olivieri, allestita e cesellata sugli allievi della scuola di ballo scaligera, è asciutta, fluida, fedele allo spirito del balletto, ma mai museale.
Il gesto è raccontato, la linea è chiara, la narrazione scorre con leggerezza e profondità.
Il lavoro degli allievi danzatori dei corsi professionali, mostra consapevolezza, ascolto e generosità. Persino qualche inevitabile sbavatura tecnica, viene compensata da uno slancio autentico, e finisce per contribuire a quella vivacità non artefatta che è sempre più raro trovare in contesti più blasonati.
Non si può non citare lo sfondo visivo, altrettanto accademico nel senso più alto: scene e costumi (interamente realizzati dagli allievi dei reparti di scenografia e sartoria, condotti da Angelo Sala, Luisa Spinatelli, rielaborati da Maria Chiara Donato, mentre le luci sono state affidate ad Andrea Giretti) hanno mostrato una sensibilità davvero rara.
Niente orpelli superflui, ma colori pastello che respiravano con i corpi, elementi scenici che suggerivano senza invadere.
Un’estetica costruita con la mano, l’occhio e, forse soprattutto, il tempo. Quello dell’apprendistato, dell’imperfezione che si affina, dell’arte che si impara toccandola.
Olivieri dirige come chi conosce la danza da dentro, e sa che prima ancora della tecnica viene il senso del gesto.
Il risultato è una messa in scena in cui l’equilibrio tra racconto e forma non è un compromesso, ma una promessa mantenuta.
“La fille mal gardée” rimane un balletto che non cerca di sconvolgere. Ma proprio per questo, quando trova chi lo danza con verità, riesce ancora a commuovere. Non certo per nostalgia, ma per quel brivido sottile che si prova ogni volta che si assiste a qualcosa di sincero. E raro.
Al Teatro Carlo Felice, sabato 28 giugno, quella sincerità ha danzato in scena al ritmo del cuore, con un paio di zoccoli, un nastro rosa e l’urgenza di esserci.
Trovi qui sotto i prossimi spettacoli in programma al Nervi International Ballet Festival.
Immagine di copertina:
Nervi International Ballet Festival. Foto Teatro alla Scala/Dennis Cursio
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