PATRIARCOUT 2025. PER:CAPIRE | Sorellanza (è) politica

PER:CAPIRE | Sorellanza (è) politica

PER:CAPIRE è una rubrica di consigli di lettura per potersi orientare tra le questioni del femminismo intersezionale. Oggi ci occupiamo di sorellanza (e) politica.
8 Marzo 2025
6 min
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Quando di recente è circolata la notizia che il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara avrebbe intenzione di reintrodurre il latino opzionale alle cosiddette medie, molti intellettuali sedicenti di sinistra hanno cominciato a citare l’opinione che del valore formativo di questa lingua aveva Antonio Gramsci.

Per quanto fosse emozionante vedere i social della mia bolla pervasi di immagini e parole di Nino, mi pareva che lì continuasse a mancare una delle sue lezioni più importanti: quella, di impronta marxiana, per cui il pensiero deve farsi prassi e che, per parafrasare Palmiro Togliatti, esprime la misura di quanto si è, davvero, combattenti.

Quello che lì mancava, però, l’ho trovato e continuo a trovarlo altrove, nelle parole di chi promuove un sentire di comune appartenenza all’umanità che, invece di affratellarci nella violenza machista, ci assorella nella lotta politica.

Senza pretesa di esaustività, questo pezzo è dedicato ad alcuni dei testi che in maniera efficace articolano lo snodo in cui il personale si fa politico: quella collettività che possiamo chiamare sorellanza.

Fare Femminismo

PATRIARCOUT 2025. PER:CAPIRE | Sorellanza (è) politica: Fare femminismo - Siviero. Edizioni nottetempo.
Fare femminismo – Giulia Siviero. Edizioni nottetempo. Fonte copertina ricevuta dalla Casa Editrice.

Raccontando della sua esperienza con le pratiche femministe, a partire dal femminile sovraesteso con cui Adriana Cavarero stimolava la decostruzione nella sua aula universitaria, Giulia Siviero scrive in Fare femminismo:

“ho imparato che la politica delle donne è radicalmente altra rispetto alla politica intesa come governo dell’esistente: non è uno spazio in cui si condiziona la libertà ma uno spazio in cui ci si prende cura delle condizioni perché la libertà ci sia, per le donne e per ogni soggettività”.

Questa estensione intersezionale, attenta cioè a non lasciare indietro né sola nessuna persona, attraversa le lotte che l’autrice richiama nelle pagine successive, un montare rivoluzionante, da quella che è stata per l’Occidente la rivoluzione per antonomasia, quella francese del 1789, passando per prassi apparentemente più note, come scioperi e manifestazioni, e per proteste innovative e radicali, come la riappropriazione politica dei corpi e della loro sessualità, fino a chiudere sulle madres delle persone desaparecidos argentine.

Tornando così all’inizio: non una maternità che ingabbia al ruolo, come nella normatività eterocispatriarcale, bensì la pratica di una battaglia che, come la donna ritratta da Argelia Bravo in copertina, “nutre il cambiamento”. 

La parola femminista

PATRIARCOUT 2025. PER:CAPIRE | Sorellanza (è) politica: La parola femminista. Mondadori.
La parola femminista – Vanessa Roghi. Edizioni Mondadori. Fonte copertina ricevuta dall’autrice

Cambiamento che può darsi solo insieme. Una delle caratteristiche più potenti della collettività che si assorella è proprio infatti la capacità di costruire uno spazio in cui si può stare, in cui si incontra e si vive, per dirla con Marcia Tiburi, “il contrario della solitudine”.

Precisamente quello che La parola femminista di Vanessa Roghi permette di respirare a ogni riga. Nella costellazione di voci e fonti che anima il testo risuona una pluralità che è già corpo, vita, carne.

Condividendo il personale del suo vissuto, dalla genealogia femminista che accompagna già la sua infanzia all’impatto del patriarcato di ritorno negli anni ’80, dalla minaccia violenta dell’altro alla gioia delle relazioni significative, dalle fragilità alle emancipazioni, l’autrice insieme riconosce e tesse i legami che rendono possibile far risuonare una pluralità di esperienze concrete, in cui ci si riconosce e da cui si impara.

Una trama umana che non vincola ma libera, perché permette di abitare con consapevolezza alla dimensione del politico, in cui storia e cultura si incarnano e si fanno nello scambio fra persone, che Roghi rende vivo nel suo testo in cui tutto fa prassi.

Quello che l’autrice definisce “femminismo delle differenze” deve poter decostruire pratiche di potere e sapere escludenti, perché ancora incapaci di aprirsi alla trasversalità delle soggettività umane.

Sorellanze

PATRIARCOUT 2025: Sorellanze. Per una psicoanalisi femminista. Derive Approdi.
Sorellanze. Per una psicoanalisi femminista. – Silvia Lippi e Patrice Maniglier. Edizioni Derive Approdi. Fonte copertina ricevuta dalla Casa Editrice.

In Sorellanze Sivia Lippi e Patrice Maniglier ingaggiano un confronto critico con la tradizione psicanalitica, di fronte a cui Paul Preciado aveva rivendicato la propria mostruosità, per costruire la possibilità di un’altra pratica di cura e, insieme, di un altro pensiero sull’umano.

La loro proposta di una “psicanalisi sororale” si muove al di là della suddivisione binaria tra maschile e femminile, mostrando come questa resista, oltre Freud, anche in Lacan, nel privilegio accordato al fallo come significato fondativo.

Un altro poter dire è tuttavia possibile, purché si dia voce a chi è già da sempre esclusə dal linguaggio, dal ragionamento, dal logos, e che proprio per questo è, solo, capace di provocare il cambiamento.

Lippi e Maniglier restituiscono allora valore al discorso della follia o, meglio, della psicosi, confrontandosi con Valerie Solanas e la sua critica radicale.

Nel rigore di una disamina della psicanalisi, come prassi di intervento e come sistema culturale, emerge il richiamo alla dimensione socio-politica in cui ogni persona conta, che un approccio spesso troppo individualizzato come quello psicanalitico tende a dimenticare e che invece le autrici – come anche si definiscono – rendono ineliminabile.

Qui la pratica di una trasversalità interdisciplinare, di là delle contrapposizioni. Qui la queerness.

Femminismo terrone

PATRIARCOUT 2025: Femminismo Terrone. Edizioni Thlon.
Femminismo Terrone. – Claudia Fauzia e Valentina Amenta. Edizioni Thlon. Fonte copertina ricevuta dalla Casa Editrice.

In Femminismo terrone Claudia Fauzia e Valentina Amenta mettono a tema proprio le pratiche del femminismo queer e decoloniale che dal Sud del nostro Paese genera aperture intersezionali capaci di abbracciare le lotte dell’umanità tutta.

Un passaggio che è reso possibile dalla tessitura di richiami che queste pagine realizzano, intrecciando la storia delle forme di marginalizzazione violenta, che abbiamo introiettato e che continueremo ad agire fintanto che non adotteremo una prassi costante di decostruzione consapevole, con le storie di chi ha incarnato il possibile oltre il pensabile costruendo una contro-memoria delle lotte intersezionali terrone.

La riappropriazione della parola stigmatizzante riverbera nella rivendicazione della lingua ostracizzata, nella cadenza dialettale che, implacabile, smaschera la violenza dello “sguardo del Nord” e che è piuttosto voce di una prassi di alleanze capaci di lottare per tuttɜ, ovunque.

Lo spazio di questo ovunque deve estendersi oltre i confini di ciò che sentiamo nostro e vicino, altrimenti la nostra lotta non è nemmeno cominciata.

Il desiderio di ampliare le prospettive da solo non è tuttavia sufficiente se non a riempirci la testa dell’eco dei nostri privilegi, filtro con cui guardiamo la realtà e che permette così di continuare a pronunciare giudizi violenti, anche di fronte a quella che è già, per molte persone, la fine del mondo.

Poco si sono smosse le coscienze di tante persone intellettuali che pure si vogliono impegnate rispetto al genocidio del popolo palestinese, di cui gli eventi dell’ultimo anno e mezzo non rappresentano che un apice o, meglio, un abisso.

Tra gli alibi più riprovevoli addotti per questa pavida cautela vi è una crassa ignoranza rispetto alla cultura palestinese, designata come altro assoluto dell’Occidente.

Se si può far poco per la disumanità di chi conteggia le vittime e torna a scrivere sui social il proprio ritornello da uomo bianco, molto si può fare, invece, per promuovere la decostruzione di quei paradigmi che rendono accettabili i rigurgiti colonialisti di cui feed, notiziari e giornali sono pervasi.

La Palestina è una questione femminista

PATRIARCOUT 2025: La Palestina è una questione femminista. Edizioni Alegre.
La Palestina è una questione femminista. – Nadia Elia. Edizioni Alegre. Fonte copertina ricevuta dalla Casa Editrice.

La Palestina è una questione femminista di Nadia Elia – primo testo della collana Feminist co-diretta per Alegre da Francesca Coin e Sara R. Farris – restituisce l’enorme potenza di una storia di storie in lotta contro il colonialismo israeliano e la sua violenza costante.

Una lotta di interconnessioni che mira alla libertà e all’autodeterminazione di tuttɜ, e che, dall’alto delle nostre fortune, non possiamo permetterci di non conoscere se vogliamo dirci sorelle.

“È un mondo davvero triste e perverso quello in cui chiunque guardi a un bambino inerme in piedi di fronte al carro armato dell’occupante invasore vede un terrorista nel bambino e non nel soldato che guida il carro armato.

Siamo i prigionieri che si scavano la via verso la libertà con un cucchiaio arrugginito, per essere d’ispirazione per tutti i prigionieri del mondo: il sottosuolo, la nostra terra, ci libererà.

Siamo le donne che si sostengono raccogliendo erbe fresche, le contadine che sanno che quella contro il cambiamento climatico è una battaglia femminista, intersezionale, decoloniale, nonché l’unico modo per salvarci”

Bonus:

Se per Mark Fisher è più facile immaginare la fine del mondo rispetto alla fine del capitalismo è perché il neoliberismo capitalista fagocita e sputa come suo tutto ciò che gli si oppone.

In questo senso un ottimo antidoto è il saggio di Jennifer Guerra Il femminismo non è un brand. È un’arma di pensiero per guidare la prassi. Nino avrebbe forse detto che ne abbiamo bisogno.

PATRIARCOUT 2025: Il femminismo non è un brand. Einaudi.
Il femminismo non è un brand. – Jennifer Guerra. Edizioni Einaudi. Fonte copertina ricevuta dalla Casa Editrice.

Immagine di copertina:
Grafica wall:out magazine su illustrazione di Rebecca Fritsche


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Dottoressa di ricerca in Filosofia, studentessa di Scienze e Tecniche Psicologiche, insegna Filosofia e Storia nei licei e scrive moltissimo. Si occupa di pensiero nietzscheano, pop-filosofia, filosofia del corpo e femminismo intersezionale. Studia danza classica da sempre. Dal 2018 è mamma.

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