A La Spezia il 27 gennaio scorso ha attraccato per attuazione della normativa recentemente aggiornata dal Governo Meloni, recante come punto focale non più il porto più vicino ma il porto “più sicuro” – e alcuni genovesi avrebbero da ridire sulla “sicurezza” della Spezia (la si prenda come battuta per evitare il taglio politico, per una volta, rimanendo su quello terra terra campanilistico) – , la nave di soccorso umanitario ormai nota alle cronache Geo Barens, di Medici Senza Frontiere, battente bandiera norvegese, facendo sbarcare 237 persone, di cui 87 minori dei quali 74 non accompagnati.
Lo si ripete: 87 minori di cui 74 – settantaquattro – non accompagnati.
Quale che siano le idee di ciascuno, quali che siano gli intenti, tutte e tutti siamo certo scossi e non poco da questa notizia, che per la prima volta e con così forte impatto tocca direttamente le nostre coste, e non più quelle lontanissime – la percezione vince su tutto, lo sappiamo, ahinoi – sicule ultra meridionali.
74 “bambini senza mamma e papà o chi può prendersi cura di loro” – diciamolo pure così come le cose stanno, non per pietismo ma per svegliarci dall’eventuale torpore dis-umanitario – sono arrivati sulle coste del nostro amato Mar Ligure.
E ora? Che fare? Che destino li attende? E noi che facciamo?
Stiamo tranquilli e sereni, quasi forse indifferenti, nelle nostre case, al calduccio, mentre fuori i giorni della merla picchiano ancora più forte del già non mite tardo autunno e metà inverno che abbiamo appena superato? Il freddo ci ha forse ghiacciato i cuori?
Con meno enfasi, chiariamo che a tutti i minori sbarcati (e non solo a loro) è stato garantito il supporto psicologico necessario, e presente e pronta sul posto c’era una rete di educatori e mediatori culturali. Questi minori, per quanto “non accompagnati”, non sono abbandonati o lasciati a loro stessi, ovviamente. E ci mancherebbe ancora.
Oggi quindi ci accorgiamo ancora più di prima che qualcosa si deve fare.
Per tutelare i minori, per tutelare noi stessi, per garantire che lo stato di diritto valga non solo per noi che tutto sommato stiamo bene e viviamo, ciascuno con le proprie difficoltà, le nostre vite con alcuni chiari e certi punti di riferimento e di sicurezza, ma anche per altre persone – sì, per quanto nere e gracili, anche loro sono persone, proprio come noi, per un tiro mancino del Fato nate sulla “sponda sbagliata” di questo grande lago che è il Mediterraneo – che hanno, sia per diritto naturale sia in senso illuministico, gli stessi diritti, alla vita e alla felicità, che abbiamo tutte e tutti noi ligure e liguri. O forse no?!
Esistono strumenti per rispondere prontamente a questa emergenza?
Sì, eccome, e plurimi, efficaci diversamente a seconda del contesto e del fine per cui li abbracciamo.
Oggi allora vediamo quali strumenti legali è capace di offrire Defence for Children, associazione internazionale che ha sede anche a Genova e dei cui corsi di formazione abbiamo già parlato lo scorso anno ed ivi si rimanda per molte informazioni su essa stessa (articolo di wall:out Diventa il mentore che avresti voluto avere).
En passant, però merita di indicare qui che è già in calendario una nuova edizione del corso di Mentoring “Road to Adulthood”, fissato per le date 4, 5 e 13 febbraio.
Cosa affrontiamo quindi in queste righe? La proposta di Decalogo che Defence for Children offre, liberamente e già stilata, a chiunque voglia accoglierla e farla propria.
Già il titolo del documento parla chiaro: “10 garanzie fondamentali per la protezione dei minorenni stranieri non accompagnati”. Ecco qui, proprio ciò che ci serve, ora e subito. Ci serve uno strumento legale, di diritto, per qualificare il sistema di accoglienza.
Defence for Children International in questo decalogo di garanzie, basandosi sugli standard internazionali e l’ordinamento italiano, sintetizza ciò che le istituzioni italiane e internazionali, le strutture operative e gli operatori del settore devono assicurare al fine di proteggere i minorenni stranieri, rendere sostenibile il sistema di accoglienza e prevenire fenomeni di disagio per i minori nonché di caos all’ordine pubblico, poiché non si può negare che quest’ultimi non pesino sempre di più sui territori dell’accoglienza.
Elemento di disuguaglianza protratto avverso vittime di disuguaglianze, infatti, troppo spesso i centri di assistenza e cura – ove non detenzione, forse esagerando – sono situati in luoghi e contesti già degradati e cuore di ingiustizie sociali e disuguaglianze economiche. Exempla di summa ingiustizia.
A seguito di un lavoro di svariati anni, i 10 punti di Defence for Children si propongono come strumento di orientamento, monitoraggio e azione affinché politiche, strategie e pratiche convergano nell’applicare pienamente gli standard internazionali e nazionali a tutti i livelli per tutelare i minorenni e per qualificare in modo sostenibile e utile all’intera comunità l’ingente spesa investita in un sistema che non riesce ad emanciparsi dai livelli dell’emergenza e della contingenza.
Seguendo un approccio integrato e sistemico, il documento trova base nell’attuale impianto normativo nazionale – in particolare la Legge 47/2017 – ed internazionale, in linea con i principi sviluppati e promossi dalla Agenzia per i Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (FRA), il Consiglio d‘Europa e la normativa comunitaria.
“Si tratta di un decalogo volutamente sintetico che deriva dal lavoro di analisi e di prossimità che negli anni abbiamo realizzato con e per le persone minorenni straniere che raggiungono il nostro paese. Persone che troppo spesso devono affrontare, nella loro giovane età, oltre alla distanza dalla propria famiglia ed un viaggio pericoloso, le insidie di un contesto che, nonostante quanto preveda il diritto, opera una evidente ed iniqua discriminazione strutturale. La frammentazione, l’emergenza, la contingenza caratterizzano il contesto nel quale questi giovani devono riuscire a realizzare il loro percorso di vita ostacolati dal loro status migratorio e costretti in condizioni di vulnerabilità che frequentemente li espongono a violazioni e violenza.” spiega Pippo Costella, Direttore di Defence for Children International Italia.
“Nel clamore e nelle frequenti strumentalizzazioni sulla questione migrante ci auguriamo che le 10 garanzie proposte vengano intese e utilizzate trasversalmente come una mappa utile di riferimento e di monitoraggio in un territorio che ancora presenta troppa distanza tra la teoria e la realtà dei fatti, tra la competenza e la negligenza, tra il diritto e la sua realizzazione.”
La proposta, che raggiungerà tutti gli attori pubblici e privati del sistema nazionale, è stata presentata in anteprima a metà dicembre 2022 a Bruxelles nell’ambito dell’iniziativa “BECOME SAFE – Building Efforts for Children on the Move in Europe through Systemic Approaches, Facilitation and Expertise“, sostenuta dall’Unione Europea, ed oggi a maggior ragione appare un utile ed irrinunciabile strumento, se non da adottare quantomeno da prendere in alta e seria considerazione al fine di redigere un quadro normativo di riferimento da approntare quanto prima per ovviare all’umanamente non più accettabile non-condizione di vita, quando non di sopravvivenza, offerta a decine e decine di minori non accompagnati.
Sommessamente si fa notare che queste oggi piccole persone domani saranno parte della popolazione di età media ovvero parte della società italiana, piaccia o meno, e condizioneranno socialmente, economicamente e politicamente il Paese.
Ignorarle, ignorare il perdurare della situazione non è nascondere la testa sotto il tappeto, ma è proprio tagliarserla.
Per conoscere le 10 regole redatte e proposte da Defence for Children non c’è cosa migliore che leggerle direttamente dalla fonte qui liberamente consultabile.
Qui si procede ad una mera elencazione per rubriche delle 10 regole, indicando che ciascuna viene declinata sui tre aspetti previamente indicati:
a) le politiche pubbliche (policies) che le istituzioni pubbliche debbono adottare;
b) ciò che le strutture dell’accoglienza debbono predisporre ed offrire;
c) quanto è consigliato mettere in pratica ad operatrici ed operatori.
Ecco le 10 rubriche delle 10 regole:
- Become Safe – Protezione, dove “B.E.C.O.M.E.” non significa solo “diventare” ma è anche acronimo di “Building Efforts for Children On the Move in Europa”, ossia “costruire iniziative/impegni congiunti (il letterale “sforzi” non rende appieno il senso) per i bambini in circolazione in Europa”
- Accoglienza
- Presa in carico
- Tutela Volontaria
- Partecipazione Attiva
- Centralità del Minore
- Progetto Educativo Individualizzato
- Istruzione e Formazione
- Salute e Benessere
- Transizione all’Età Adulta
Per informazioni e approfondimenti, vistare il sito di Defence For Children!
Immagine di copertina:
Grafica presa dal documento di Defence For Children
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