Un secolo di mafia a Genova

Un secolo di mafia a Genova

“La Liguria è ‘ndranghetista”. Parole di Domenico Gangemi del 14 agosto 2009, ma la mafia arrivò a Genova quasi un secolo prima.
9 Maggio 2023
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La Liguria è ‘ndranghetista”. L’ha detto il 14 agosto 2009 Domenico Gangemi, capo della Locale di ‘ndrangheta situata a Genova (la Locale è la struttura di coordinamento delle ‘ndrine), mentre parlava con Domenico Oppedisano, uno dei boss più autorevoli della ‘ndrangheta e capo-crimine di Rosarno in provincia di Reggio Calabria. 

È stato messo nero su bianco in quell’estate del 2009, ma la verità è che la mafia arrivò a Genova anni, decenni prima.

È passato quasi un secolo da quando i primi esponenti mafiosi approdarono nella nostra città.

La prima ad arrivare è stata la ‘ndrangheta che aveva presidi stabili in città già negli anni ‘40 in Val Polcevera. La camorra non si fece attendere e approdò a Genova negli anni ‘60 insediandosi nel centro storico e iniziando a espandere le sue influenze in tutta la città.

Nel 1979 si accodò anche Cosa Nostra con Salvatore Fiandaca, proveniente da Caltanissetta. I Fiandaca avevano la loro sede nel quartiere della Foce, considerato il centro finanziario della città, anche se la piazza di spaccio privilegiata venne individuata già all’epoca nel centro storico, considerato una terra di nessuno.

Negli anni ’80 la criminalità organizzata tentò il salto di qualità in Liguria e si lanciò in politica

Il 14 giugno 1983 venne arrestato il presidente della regione Liguria Alberto Teardo con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, corruzione, concussione e voto di scambio. Venne ritrovata anche la sua tessera di iscrizione alla loggia massonica P2. 

Il boss calabrese di Ventimiglia Peppino Marcianò ammise di aver ricevuto già nel 1976 decine di milioni di lire da distribuire a chi decideva di votare per Teardo.

Di anno in anno la mafia acquisì sempre più potere e nei primi anni ’90 anche Cosa Nostra decise di entrare a gamba tesa nella politica genovese attraverso delle iscrizioni in blocco al Partito Socialista Italiano. Alcuni membri del partito ebbero il coraggio di opporsi e per rappresaglia Cosa Nostra incendiò il circolò del P.S.I “Lui Rotondo” nel quartiere di Rivarolo.

Genova si fece sempre più interessante per la criminalità organizzata, prevalentemente per una ragione: il porto.

I porti del Mezzogiorno iniziarono a essere controllati con più insistenza da parte degli organi di polizia e così una parte del narcotraffico si spostò nell’insospettabile porto di Genova. Ne sono una prova le 5 tonnellate di cocaina sequestrate in porto nel 1994, importate dal Sud America per conto di un cartello composto da gruppi colombiani, siciliani e calabresi.

Negli anni il porto di Genova acquisì sempre più centralità, tanto che a Genova viene sequestrato il 40% della cocaina sequestrata in Italia.

Dopo la morte dello storico boss ‘ndranghetista Antonio Rampino nel 2008, Domenico Gangemi, titolare di un ortofrutta nel quartiere di San Fruttuoso, assunse la più alta carica di ‘ndrangheta in Liguria.

Fu Gangemi a gestire i “tavoli elettorali” per le elezioni regionali del 2010 che furono tristemente condizionate da appoggi e infiltrazioni mafiose, come è stato dimostrato dal processo “Maglio 3.

Il business dei rifiuti

Lo scenario che emerge è già preoccupante, ma al peggio non c’è mai fine e nel 2014 un altro scandalo investì l’amministrazione pubblica genovese: nell’inchiesta “Albatros venne arrestato l’imprenditore Gino Mamone, titolare di una ditta che si occupa di gestione di rifiuti e soprannominato il Re delle bonifiche. L’accusa era quella di aver corrotto Corrado Grondona, dirigente dell’A.M.I.U., tramite prostitute in cambio di appalti.

Venne inizialmente condannato a 4 anni e 6 mesi per corruzione, ma la Corte d’Appello dispose la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per una perizia processuale ritenuta insufficiente. È probabile che i reati vadano in prescrizione, prevista nel 2023.

La famiglia dei Mamone, proveniente dalla Piana di Gioia Tauro, venne segnalata già nel 2002 dalla DIA come una delle consorterie storiche calabresi trasferitesi in Liguria. 

Gino Mamone aveva molti contatti nel panorama politico genovese: si vantò di essere amico di Claudio Burlando, di Marta Vincenzi e ricevette richieste di voti da Luigi Merlo (marito di Raffaella Paita) per un compagno di partito a La Spezia.

L’imprenditore calabrese venne intercettato mentre pronunciava queste frasi: «Noi ci siamo con quei settemila voti, non uno, noi tutti i calabresi, qua a Genova ce li gestiamo noi».

La realtà che emerge è chiara

La criminalità organizzata è un problema presente da decenni nella nostra città e ha potuto sopravvivere perché ha trovato appoggi e complicità da parte di molti, anche da parte di chi, rappresentando i cittadini, dovrebbe essere in prima linea per il suo contrasto. La mafia si è strutturata a Genova per decenni ed è sua intenzione rimanere per molto più tempo. 

La priorità di questa emergenza non può più lasciarci indifferenti perché, nella lotta alla mafia, l’indifferenza è complicità. Informarsi e agire diventa un obbligo morale nei confronti di questa criminalità che vive di silenzi e omertà.

Per approfondire la storia della mafia in Liguria vi invitiamo a consultare la nota scritta per WikiMafia da me, Pietro Spotorno, e qui direttamente consultabile.

Nota a margine: per tutto il pezzo si nominano svariati procedimenti: per avere un primo quadro complessivo ricognitivo dei procedimenti aventi sede in Liguria si consiglia di consultare l’articolo che uscirà oggi alle 14:00 di Antonio L. per wall:out magazine dal titolo: Ricognitivo processi di mafia in Liguria.
Un secolo di mafia a Genova
Infografica dell’Osservatorio Mafie in Liguria Boris Giuliano utile a inquadrare la mappa dei processi ovvero dei luoghi coinvolti dai procedimenti.

Immagine di copertina:
Grafica wow agency


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