Ne parliamo con Matteo Botto, dottorando in sociologia – in particolare in men’s studies – presso l’Università di Genova, appena rientrato dopo un visiting di un anno e mezzo presso la Stockholm University.
Qual è l’oggetto del tuo studio?
Mi sto occupando di capire come mai certi uomini entrano ed escono da ambienti online definiti ‘manosphere’.
Sono ambienti misogini, frequentati da uomini che pensano che le donne abbiano maggiore potere sulla società, che in realtà ci sia una ‘agenda femminista‘ che declina tutto quello che succede nel mondo a favore delle donne.
Potremmo dire che quello che studio è qualcosa di simile alle ‘teorie cospirazioniste‘, che però – ecco lo spunto di riflessione interessante – sono molto in linea con quello che è già il patriarcato attuale.
I membri di queste community online, infatti, nonostante in svariati articoli vengano descritti come fossero ‘dei matti‘, in realtà sono solo community dei “figli sani del patriarcato”, come li definisce Non Una Di Meno. Sono semplicemente una delle manifestazioni, forse tra le più radicali, di ciò che è la nostra società oggi.
«Il maschio violento non è malato, è il figlio sano del patriarcato»: lo slogan coniato da Non Una Di Meno esprime la consapevolezza del significato politico del sessismo e della necessità di contrastarlo su quel piano.
Quindi parliamo di uomini, uomini che abbracciano la violenza: forse uomini incapaci di affrontare le proprie emozioni?
Finora nel mio progetto di ricerca – cioè capire come mai certi uomini entrano ed escono da queste community – sono giunto a capire che molto spesso, quando parliamo di maschilità, diciamo sempre che gli uomini per poter esser più progressisti, per poter essere in grado di capire bene le difficoltà che le altre minoranze vivono, dovrebbero essere più a contatto con le loro emozioni.
Bene, in realtà la situazione è un pò più complessa e allo stesso tempo più semplice di così.
Perché questi uomini di cui io analizzo le storie, in realtà sono molto a contatto con le proprie emozioni, manifestano enormemente la propria frustrazione, nonostante ci sia questo stereotipo per cui ‘gli uomini sono razionali e non manifestano le emozioni’.
Molto spesso le motivazioni per cui questi uomini escono dalla manosphere è perché riconoscono che era necessario, perché si sono resi conto di quanto male stessero facendo alle persone care accanto a loro.
Quindi sembra che nonostante il pensiero comune e anche certa letteratura femminista sostengano che ‘gli uomini saranno più progressisti nel momento in cui saranno più capaci di declinare le loro emozioni’, in realtà – come già la psicologia sociale sostiene, per esempio la psicologia della “deumanizzazione” di Chiara Volpato – gli uomini, e in generale ogni gruppo sociale, possono diventare più empatici nei confronti di un altro gruppo sociale nel momento in cui riconoscono non solo la propria vulnerabilità ma anche la vulnerabilità altrui.
Perché nel momento in cui riconosci l’altra persona come vulnerabile, la riconosci come in grado di provare emozioni come te e di conseguenza la riconosci come umana.
Invece nella maggior parte dei discorsi che avvengono in questi ambienti misogini le donne, e le minoranze in generale, vengono trattate come categorie estremamente stereotipate e quindi disumanizzate, attraverso visioni prettamente biologiche, sentenziando su quello che “le donne sono…”, “le persone omosessuali sono…”.
Bisogna cercare di fare uno sforzo come società non solo affinché siano portati avanti progetti di educazione emotiva per fare in modo che gli uomini entrino in contatto con le loro emozioni, ma per far sì che tutte le persone in generale – ed evidentemente maggiormente gli uomini, perché vivendo una società patriarcale, sono coloro che agiscono maggiore violenza – possano essere in grado di riconoscere le emozioni e la vulnerabilità delle altre persone.
Perché se non riconosciamo le emozioni delle altre persone, significa che non riconosciamo le altre persone come umane.
E se ti dicessi che questo concetto mi sembra valevole anche in altri contesti, sia sociali che storici?
Adesso potrei fare un esempio che rischia di apparire un poco esagerato, ma in realtà non lo è, perché essendo un riferimento che conosciamo, ci permette di comprendere meglio il concetto.
L’esempio di questa dinamica è il nazismo. Fondamentalmente gli ebrei sono stati uccisi perché sono stati resi oggetti in maniera molto graduale: prima si è cominciato a dire che sono ‘persone di serie B’, poi che sono dei parassiti, degli evasori, poi sono diventati animali, dei maiali, e poi infine sono diventati degli oggetti.
Ovviamente sappiamo che calciare per strada una bottiglia di plastica è molto più facile che calciare un essere umano. Gli ebrei sono stati resi degli oggetti durante l’epoca nazista.
Mi permetto di azzardare forse un poco, perché mi sembra la stessa dinamica che si sta verificando adesso coi migranti: “carico residuale” ha detto il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, e ora infatti è in atto una sorta di “scambio di pacchetti” di migranti verso l’Albania, come “pacchetti da smistare”, non più come persone.
Ed è la stessa cosa che sta succedendo adesso a Gaza, nella lotta israelo-palestinese, dove i palestenesi sono oggetti.
Nel caso della manosphere, e tutti i fenomeni di odio a cui assistiamo, vediamo che vi è una legittimazione della violenza.
Vi è infatti una capacità maggiore di agire la violenza nei confronti di un gruppo se questo gruppo è stato disumanizzato, ed è esattamente ciò che succede alle donne nelle comunità della manosphere, così come avviene verso le persone razzializzate e verso le persone LGBTQIA+ in generale.
Quindi quello che dobbiamo fare come società è promuovere percorsi di educazione affettiva e sessuale, e in questo caso prima di tutto affettiva, per far sì che ci possa essere un maggior riconoscimento dell’altra persona come essere umano, in grado di provare emozioni, per far sì che ne venga riconosciuta l’umanità.
Il rischio, altrimenti, è di fossilizzarsi in questo sistema gerarchico in cui un gruppo viene sempre privilegiato, in cui vi è sempre un gruppo migliore, in questo caso gli uomini.
Essi arrivano perfino a sentirsi vittima di ‘questo sistema’, che loro percepiscono come misandrico, perché le donne in realtà entrano in discoteca gratis, perché in realtà sono gli uomini a morire maggiormente di suicidio, perché in realtà sono maggiormente gli uomini a morire di morti bianche sul lavoro, ma non si rendono conto che in realtà è necessaria un’ottica sistemica per spiegare questi dati.
E se ‘le femministe – come sostengono gli uomini della manosphere – non parlano di questi temi’, cosa non vera tra l’altro, è solo perchè in realtà vi è un patriarcato imposto dagli uomini stessi che fa sì che siano proprio loro le maggiori vittime sul lavoro, perché sono gli uomini che lavorano di più, specialmente in certi settori, quale quello edilizio. Se in certi luoghi di lavoro infatti vi fosse una donna, verrebbe etichettata come ‘matta’, ‘fuori di testa’, perché ‘quello è un lavoro da uomini’.
Esempio paragonabile è quello delle persone homeless, che sono, secondo la narrazione della manosphere, soprattutto uomini.
Questa percezione distorta è dovuta al fatto che le donne homeless muoiono molto prima e hanno molta meno visibilità, oltre ad essere vittime di stupri, di violenze e abusi molto più di uomini homeless.
Anche l’abbandono scolastico segue questo trend.
Vi è molta più pressione sulla performance scolastica delle donne e molta meno pressione sugli uomini. Questo è dovuto a un sistema patriarcale per cui se tu ragazzo sei ‘un secchione’, allora sei uno sfigato, mentre se io maschio sono quello che esce dalla scuola e riesce a crearsi ‘il proprio futuro da solo’ sono un fenomeno, sono l’archetipo del self-made man.
O ancora, parlando delle social app di dating: i match su Tinder.
Gli uomini della manosphere dicono “le donne fanno più match degli uomini”: non è forse anche questa una conseguenza del sistema di credenze elevato a regola che è il patriarcato?
Le donne misurano attentamente il numero di like che lasciano, perché altrimenti sono ‘delle puttane’, perché ‘la danno a tutti’. Al contrario gli uomini sono liberi di mettere like a quante più donne apprezzano, perché ‘non sarà mica che non ti piacciono le donne, vero?’, e poi ‘più te ne fai meglio è’.
Quindi anche tutte queste teorie sul mercato sessuale, secondo cui le donne hanno più scelta, sono in realtà esse stesse emanazione del patriarcato.
Come si legano insieme tutti questi esempi di situazioni e contesti diversi? È tutto frutto del sistema patriarcale-capitalista che governa la società e vuole perpetuarsi: a chi servono queste narrazioni? Alle persone a cui le proponi o chi ha già il potere in mano?
La forbice tra chi è povero e chi è ricco, durante i periodi di crisi come quello attuale, aumenta spropositatamente. E in questo contesto gli uomini della manosphere – e non solo loro – non si rendono conto che tutte le narrazioni che essi propongono sono in realtà esse stesse frutto del patriarcato.
Loro credono invece che esista una ‘agenda femminista’ che porta avanti la situazione che loro in quanto uomini vivono, che si badi bene è reale, ma che nasce a causa degli uomini stessi e non con una altra e oscura regia.
Ed esistono ‘prove’ per così dire, anche attuali che possano aiutare gli uomini a intendere che questa regia non c’è?
Quello che pensano nella manosphere è che partiamo tutte e tutti quanti, e quindi sia uomini che donne, da una uguale condizione di partenza, secondo un’ottica molto individualista e liberale, mentre in realtà viviamo in un sistema in cui persiste ancora una forte gerarchia.
Una polemica potrebbe essere ‘e allora Giorgia Meloni?’. Giorgia Meloni agisce come un uomo, e allo stesso tempo verrà sempre giudicata come una donna.
Per esempio, il giorno in cui si vestirà in una maniera un pò diversa, osando un po’ di più, lei verrà giudicata molto di più per il suo modo di vestire rispetto a quanto verrebbe giudicato per esempio Mario Draghi.
Ci sono sempre delle caratteristiche per cui le donne vengono giudicate più rigidamente e per cui gli uomini invece non vengono giudicati.
Nella logica del sistema patriarcale in cui viviamo, se sei donna e agisci secondo logiche patriarcali, allora arrivi fino a un certo punto, fino anche alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ma tu donna vivrai sempre quegli stereotipi, quelle visioni che la società ha sulle donne.
Altro esempio sempre riferito a lei, è che i giornali e i telegiornali parlano di Giorgia Meloni come ‘madre’, lei stessa ha sostenuto la sua retorica nazionale e internazionale più recente sul suo essere ‘madre’, ma nessuno ha mai parlato di ‘padre Mario Draghi’, di ‘padre Matteo Renzi’, e infatti lei ne è consapevole e anzi cavalca queste dinamiche, perché sceglie di giocare secondo le regole patriarcali.
Un altro esempio che la riguarda: si è fatta anche un pò di ironia su Giorgia Meloni, rispetto all’accordo fatto con Edi Rama, come se lei fosse stata in un certo senso affascinata e rimasta sedotta da Edi Rama.
Lo si sarebbe fatto se al suo posto e a ruoli invertiti ci fosse stato un uomo? Con Mario Draghi o Matteo Renzi si è fatta mai ironia con questa lettura quando incontravano omologhi ruoli rivestiti però da donne? Erano mai loro a rimanere sedotti, quindi diciamo in una posizione inferiore, rispetto alla donna che incontravano?
Mai, non è mai capitato.
Se invece avessimo avuto un primo ministro omosessuale avrebbero scrutato i suoi comportamenti e gesti e detto “ah, guarda dove mettono gli occhi, guarda quei sorrisini” e avrebbero dato il via ad articoli su Tv sorrisi e canzoni, Chi, Oggi e tutte le loro elucubrazioni.
La conclusione su questo aspetto è che il patriarcato non ha genere: possono agirlo anche le donne, come fa Giorgia Meloni, e così scalare la società patriarcale, ma adattandosi e agendo appunto secondo ‘quelle regole’.
Al momento se agissero contro le regole della società patriarcale non potrebbero mai arrivare alle sue vette, a guidare la società, perché quel livello è previsto solo per gli uomini bianchi, etero, cis, abili, ecc.
Una domanda altrettanto interessante e alla quale sto cercando di dare una risposta è come mai, come è possibile, come può accadere che certi miei amici, nati nel mio stesso contesto, uomini, bianchi, eterosessuali, che vivono in questo stesso contesto, riescano ad essere molto più aperti, femministi, rispetto ad altri uomini che agiscono, vivono nello stesso contesto e poi entrano nella manosphere.
Questo spazio di ricerca, che ancora devo sondare, desta in me molta curiosità.
Quali sono quindi gli ‘uomini della manosphere’ oggetto del tuo studio?
Io sto studiando questi gruppi e comunità online, che sono estreme, violente, ma bisogna tenere presente che noi ritroviamo questo tipo di persone anche nelle comunità ‘sane’ che frequentiamo: abbiamo tutti un amico che una volta ha detto a una donna ‘avete avuto la parità di genere, adesso dovete fare voi questa cosa’.
Frasi o battute del genere riducono la questione, nascondendo la sistematicità del problema, rendendola individuale, come se tutte e tutti partissimo da una uguale condizione alla nascita, ma così non è.
La manosphere sono tanti piccoli gruppi – forse alcuni ormai non più tanto piccoli – come fossero un arcipelago – e attenzione, non solo delle isole, ma un arcipelago – perché sono collegati tra loro, comunicanti tra loro, che trattano argomenti e hanno focus diversi, però sempre con taglio antifemminista, misogino.
Nell’arcipelago della manosphere ci sono gli Incel (involuntary celibate, cioè celibi involontari), i pick up artists (artisti del rimorchio), i MGTOW (men go on their own way, uomini che vanno per la propria strada), i Red Piller (pillola rossa).
INCEL: involuntary celibate, celibi involontari.
Non vorrebbero essere celibi ma lo diventano ‘per scelta delle donne’. Dicono che certe persone, in particolare certi uomini sono più ‘avvantaggiati’ di altri, perché ‘più belli’, più piacenti e di successo, e di ciò incolpano le donne, mentre è il sistema patriarcale che assurge alcuni tipi di fisicità al concetto di bellezza e al concetto di successo.
Questo gruppo ha comunque molte persone con sfumature di pensiero diverse: da chi ‘lo accetta’ e si chiude in un ‘celibato moderato’, a chi è più radicale e afferma che le donne si avvantaggiano di questo sistema, che gli uomini sono destinati a morire senza avere alcuna relazione sessuale – non essendo assimilabile al canone di maschio vero – e quindi… ‘o ci ammazziamo o ammazziamo noi le donne’.
Purtroppo ci sono stati già diversi casi di omicidi plurimi (2014 Isla Vista killings), anche nei college americani (2015 Umpqua Community College shooting), di violenza spaventosa (2018 Toronto van attack), oppure e ‘coerentemente’ con la loro ‘vita online’ le violenze si consumano online come il caso #gamergate.
PICK UP ARTIST: artisti del rimorchio.
Coloro che condividono le tecniche che definiscono ‘di seduzione’ delle donne e in particolare di seduzione ‘garantita’, quindi insegnano ad altri uomini eterosessuali come abbordare una donna, con tecniche che a loro detta sono ‘oggettive’, che garantiscano di farsi dare il numero di telefono e portarsela a letto.
MEN GO ON THEIR OWN WAY: uomini che vanno per la propria strada.
Uomini che scelgono di vivere senza avere alcun tipo di relazione con le donne, perché le reputano delle manipolatrici per loro natura, non in grado di avere relazioni normali. Quindi si limitano a rapporti sessuali occasionali con donne, ma restano tra loro, tra uomini in queste community.
Essi sostengono che ‘le donne portano solo problemi’, perché ‘se poi te le sposi tanto poi divorziano e devi mantenerle, e poi tanto chi ha l’affido dei figli? loro! E chi invece deve pagare il mantenimento a tutti, noi uomini, perché tanto ti tradiranno sempre perché cercheranno sempre il maschio ‘più alfa di te’.
RED PILLER: quelli della pillola rossa.
Facendo riferimento alla scena del film cult Matrix, quando Morpheus propone a Neo la scelta tra pillola blu (“torni nel tuo mondo e vivi senza renderti conto di nulla” cioè “vivere in una comoda bugia”) e pillola rossa, quella che ti fa vivere in una “scomoda realtà” (“entri nella tana del bianconiglio e…”) cioè secondo loro, scopri che il mondo è misandrico ed è dominato dalla ‘agenda femminista’.
Loro dicono: “Noi uomini – red piller – prendiamo la pillola rossa e vediamo qual è la realtà: nonostante si parli tanto di femminicidio, di violenza contro le donne, del fatto che le donne non hanno maggiori posizioni di potere, del fatto che non ci sono abbastanza donne in parlamento, in realtà, per esempio, le donne denunciano sì per stupri e violenze, ma in realtà magari se la sono pure goduta e si prendono pure i soldi del risarcimento, perché di natura sono manipolatorie”.
Ciò che accomuna tutte queste comunità è quindi una lettura basata sul fattore biologico, su motivazioni biologiche, cioè una visione completamente biologica del genere, e non pensano che prima di tutto siamo persone e poi ci capita di avere un genere (come sostiene tutta la sociologia in generale, senza andare a scomodare gli studi di genere).
Hanno quindi una visione complottista della vita, che ricade sulla loro visione della società e dei rapporti di genere.
Nei casi migliori se ne rendono conto e riescono a recuperare le relazioni che stanno avendo; altri le perdono completamente, finiscono radicalizzati in questi gruppi e continuano a frequentare solo quei gruppi lì, perdendo la propria rete amicale reale.
Nel corso della storia e ancora oggi vi sono tanti gruppi radicalizzati nei quali, scavando a fondo, si scopre che il patriarcato – come affermazione del maschio sulla donna – è alla radice di tutto.
Perché tra le altre cose che affermano di dover ‘restaurare’ (i ‘mos maiorum’, l’ordine naturale delle cose, l’ordine religioso, i bei tempi andati, ecc.) vi è sempre l’ordine, la gerarchia di genere. Riaffermando cioè cosa gli uomini devono essere e fare e specularmente cosa le donne devono essere e fare, basandosi su motivazioni biologiche peraltro infondate.
Quali sono i rischi della diciamo esistenza di queste community della manosphere?
Potremmo dire che vi sono due rischi: uno più prossimo e uno più ampio verso l’intera comunità.
Il primo rischio è quello di contagiare la propria comunità amicale, cioè io soggetto che vivo in almeno una delle comunità della manosphere diffondo quei pensieri, quelle idee, al di fuori della manosphere e nella mia rete amicale, contagiando i miei amici.
L’altra, e forse più problematica poiché l’impatto potenzialmente più virale e meno mediato, è verso i tantissimi giovani che oggi possono liberamente accedere a internet.
Le comunità della manosphere sono infatti comunità virtuali, online, fatte di forum e blog, liberamente accessibili. Non vi sono password, selezioni particolari, percorsi da compiere: chiunque vi può accedere o ritrovarvisi.
E così magari anche il ragazzo giovane di 14 anni alla prima delusione forte d’amore, di una cotta, che è difficile da gestire, si ritrova in un contesto di uomini di età anche ben più grande di lui, che dice di avere esperienza e conoscere la vita, ed è facile preda di false credenze, pregiudizi, affermazioni ignoranti. Questo accade anche solo dopo un singolo, magari primo, puntuale episodio.
Ecco perché è quanto mai necessaria, irrinunciabile, l’attivazione di percorsi di educazione alla affettività, alla sessualità, che partano dall’acquisire questa consapevolezza e non dalla palese intenzione di riaffermare il patriarcato, il dato biologico dei generi, e via discorrendo.
Il rapporto Youth fear and hope 2022 ha mostrato come la manosphere riesca a influenzare le convinzioni di giovani e giovanissimi sul femminismo e più in generale sui rapporti con le donne:
secondo lo studio, i ragazzi ripetono i punti di discussione che hanno letto nella manosphere a scuola e, addirittura, molestano le insegnanti. Secondo il rapporto, il 50% dei giovani inglesi tra i 16 e 24 anni crede che il femminismo renda più difficile per gli uomini avere successo.
Ciascuno di noi può agire, nel proprio piccolo e nella propria quotidianità, la lotta al patriarcato. Chi è che deve agire il cambiamento?
Tutte le persone insieme, con criterio. Posto che non basta dire ‘noi uomini’ perché è ben diverso essere un uomo bianco da un uomo nero, un uomo eterosessuale da un uomo queer, resta il fatto che sono gli uomini ad aver maggiore potere e legittimazione nella società.
Per esempio, se si è uomini, si può agire dando spazio alle donne, alla loro voce, mettendosi di lato quando si parla, per esempio, di violenza contro le donne. Cioè, portare la voce delle donne, delle loro esperienze, negli spazi degli uomini.
Più concretamente, quando parlo con gli amici e la mia famiglia, non dire “io penso che… io so che…” ma dire “questa mia amica, questa mia collega, questa donna, ha fatto questa cosa qua…ha detto questa cosa qua…”.
Anche nei canali social, sul profilo Facebook, Instagram, Twitter, TikTok, ricondividere post, video, messaggi di donne che trattano questi argomenti e non solo parlarne io direttamente col mio volto di uomo.
O ancora, se vado in manifestazione contro la violenza contro le donne, io maschio non starò in prima fila dietro il primo striscione in bella mostra con la mia faccia, perché non sono donna, lì lascerò stare le donne, io sarà certamente presente, devo esserci, ma nelle file dietro, ad accompagnare e sostenere, lì faccio il mio, si tratta di basic human diseance.
Così come ad un evento contro il razzismo: io persona bianca non devo parlare, essere in prima fila, ma essere lì a fare massa critica, a lottare assieme. Così come io e te, in quanto persone omosessuali ci aspettiamo che in prima fila al pride non ci siano persone eterosessuali, ma persone queer, che siano loro a portare in alto i vessilli e le prime bandiere del corteo, così come a fare da madrina/padrino del pride finalmente arrivino persone queer e non solo ‘persone alleate’, che va comunque benissimo, ma è bene liberarsi dalla legittimazione conferita dalla categoria dominante a quella sottomessa.
Ma quindi i conservatori sono uguali in tutto il mondo?
Ci sono tanti modi per essere conservatore, ed essere conservatore in Svezia è diverso da essere conservatore in Giappone. Ma parlando di genere non troverai mai un conservatore che ti dirà ‘la differenza di genere, la differenza tra uomo e donna non esiste, perché tutto dipende dal contesto sociale’, no, il conservatore avrà sempre una visione di essenzialismo di genere, cioè sosterrà ‘gli uomini per natura sono così, le donne per natura sono così’.
Vi è differenza con chi è più liberale, con chi ha una visione più fluida del genere, perché alla fine per loro ciò che conta è che il capitalismo resti in piedi.
Così si e ci illudono affermando che ‘ciascuno parte alla nascita da una uguale posizione’, come se ciò fosse possibile oggi in questa società patriarcale per chi non è uomo, non è maschio, non è etero, non è cis, eccetera. Rendersi conto di tutto ciò non è facile, può essere destabilizzante, per chiunque di noi, perché io stesso sono cresciuto in questo contesto, patriarcale, omofobo.
Nel momento in cui scopri che tutto quanto è molto più fluido di quello che immagini o ti hanno detto essere, ma allo stesso anche più semplice, questa consapevolezza destabilizza!
E quindi, per esempio, una persona che adotta una visione religiosa in senso dogmatico, può essere molto destabilizzata, perché questa nuova consapevolezza mette in crisi la persona stessa, sì, ma anche il sistema in cui vive, il sistema sociale e il sistema economico stesso.
Dal momento in cui arriviamo ad avere la consapevolezza e affermare ‘le donne possono essere tutto, le donne possono fare tutto’, e ciò significa che gli uomini ‘possono stare a casa’ e le donne ‘possono lavorare’, questo ha delle ripercussioni sul sistema lavorativo per esempio.
Questo implica il bisogno di diminuire le ore di lavoro, magari a sei al giorno: perché se tutte e tutti lavorano, quando e come si ricavano gli spazi per prendersi cura della famiglia?
Perché otto ore di lavoro al giorno funzionavano bene fino a quando era solo l’uomo che lavorava, guadagnava abbastanza per mantenere la famiglia e quindi tutta la sfera della cura era appaltata alla donna; mentre se ad oggi c’è sia la libertà che la necessità economica che i membri della famiglia lavorino 8 ore al giorno (che poi spesso diventano 9-10 comprendendo il tragitto casa-lavoro) allora il sistema non funziona più.
In questo contesto però la società esercita la pressione del ‘devi fare dei figli’. Mentre in realtà si è costretti a lavorare in due proprio perché non si ha abbastanza stipendio e flessibilità per dedicare tempo a figlie o figli, perché altrimenti non non si mangia, non si campa, dato che non è possibile interrompere il lavoro.
Quindi sempre più spesso oggi la cura della famiglia è appaltata ad altri soggetti.
Non c’è mai un punto in cui, un momento in cui, si arriva al crollo del sistema, al cortocircuito?
Il punto di rottura arriverà solo quando ci collettivizzeremo, quando faremo massa critica contro questo sistema, quando faremo denunce comunitarie forti, con scioperi, che portino al vero cambiamento. Chi è padrone del sistema vive in un contesto che lo legittima, che non lo motiva in alcun modo a cambiare, perché quel contesto gli garantisce benessere.
Questo è il motivo per cui io non sposo la tesi di coloro che sostengono che il sistema a lungo andare esploderà da solo.
Innanzi tutto perché la vita è adesso, e noi vogliamo vivere bene adesso, senza aspettare un qualcosa che accadrà nel lungo termine. È inoltre evidente che sia necessario un cambiamento ora e forte, anche perché bisogna tenere in considerazione che vi sono Paesi in situazioni peggiori della nostra, in situazioni orribili, invivibili, dove non si raggiungerà mai alcuna legittimazione o cambiamento senza un’azione concreta e spinta da una volontà compatta e forte.
Alla lotta, intersezionale!
Immagine di copertina:
wandaproject con illustrazione di Martina Spanu
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