La cosmesi naturale

La cosmesi naturale

Anche nella cosmesi ci si schiera nella difesa dell’ambiente. Ma il naturale è innocuo? E il chimico? Breve guida anti-chemofobia.
16 Maggio 2022
6 min
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Prendo spunto per l’articolo di oggi da un grande teatro. Luogo che accoglie contenuti di vario genere, seri, attendibili, frivoli, disparati. Luogo che oggi sembra essere la principale fonte di informazione di una bella fetta di persone. Dove si svolgono scambi di idee. Mi sto riferendo a Instagram, piattaforma dalle mille potenzialità.

Instagram è quel magico calderone che consente al frequentatore di scovare link di articoli, di scoprire nuove ricette per il Veganuary, di informarsi sui conflitti recenti, di imparare quel balletto divertente di quel trend americano. Tutto in un rapido swipe. Meraviglioso.

Recentemente mi è comparsa nel feed la battaglia di un’attivista vegana (un giorno magari parleremo anche dell’algoritmo) che bocciava con fermezza un cosmetico non vegano, crudele sugli animali, non naturale, dannoso per l’uomo e l’ambiente. 

L’ironia dell’algoritmo ha però voluto che dopo l’attivista mi capitasse un contenuto in cui Beatrice Mautino (comunicatrice della scienza, phD in neuroscienze: @divagatrice) palleggiava scienza assieme a Dario Bressanini (divulgatore scientifico e chimico fisico teorico: @dario.bressanini).

Il tema della loro discussione era proprio il naturale.

Per chi non li conoscesse, i due scienziati fanno divulgazione chiarendo dubbi più disparati su argomenti relativi alla chimica del quotidiano, spiegando in maniera semplice ed efficace temi non sempre così cristallini a un pubblico anche di inesperti.

Il loro lavoro vero è nel mondo accademico e dell’organizzazione di festival e eventi divulgativi, ma ciò non toglie che essi siano diventati dei veri e propri content creator sulle maggiori piattaforme social.

Ammetto che la mia formazione personale mi spinge a essere una vera e propria bimba di Mautino e Bressanini e dunque seguo pedissequamente ogni loro trattazione da anni.

Ma torniamo al naturale.

Che cos’è per voi il naturale? Ciò che proviene dalla natura, che si origina spontaneamente? E perché ciò che è naturale assume spesso un’accezione positiva?

Nell’immaginario comune, il naturale è privo di sostanze chimiche. La realtà dei fatti è che non è possibile escludere la chimica da tutto ciò che ci circonda. Che sia di origine animale o vegetale, che sia artificiale, una molecola è esattamente identica in ogni versione di sé.

È impossibile distinguere a livello molecolare un prodotto di sintesi da laboratorio da uno di origine naturale, perché gli atomi che la compongono sono esattamente gli stessi e non hanno memoria alcuna della loro origine o loro provenienza.

Viene da sé quindi che se una molecola è tossica, essa lo sarà sia se di origine naturale sia se artificiale.

Per capire meglio questo concetto vi rimando a un articolo di Bressanini (Che cos’è Naturale. 1 – Atomi smemorati) che tratta proprio di ciò che possiamo definire naturale e di come questa definizione sia ambigua.

Ma che cosa significa tossico?

Tossico è ciò che ha un effetto nocivo su un organismo vivente. La tossicità si manifesta a seconda della dose e dell’esposizione alla quale l’organismo è stato esposto. Maggiore esposizione uguale maggiore tossicità. E vi sono differenze sostanziali anche in base al bersaglio di esposizione e agli organi coinvolti. 

È difficile ridurre la spiegazione di questo tipo in poche righe e spero mi perdonerete se cerco di semplificare il più possibile. 

Tossico è dunque ciò che – in una determinata dose – arreca un pericolo alla salute, ma qui viene il bello, Spesso si considera erroneamente rischioso come sinonimo di pericoloso. Quando però si parla di rischio si fa riferimento a un concetto probabilistico, quindi un’astrazione di una certa probabilità che un evento sgradevole avvenga.

Nulla a che fare dunque con il pericolo, che invece è un fatto reale e tangibile.

Tornando alla nostra attivista-ambientalista-vegana – pro natura, pro animali, anti avvelenamento umano – mi sento di muovere alcune critiche e chiarire qualche fatto:

l’Unione Europea da una decina di anni vieta la produzione, l’importazione e la commercializzazione di prodotti cosmetici testati su animali. Ciò rende vana dunque l’arringa dell’attivista che boccia un prodotto perché non cruelty-free. Potrebbe cassarlo per mille altri motivi, semplicemente perché non le piace o non è soddisfatta dall’effetto visivo post utilizzo.

Il fatto che esso non sia naturale, come detto poco sopra, non toglie alcun valore al prodotto, anzi.

Il fatto che le molecole che lo compongono siano di origine naturale o artificiale, non modifica la sua efficacia, dato che delle stesse molecole si tratterebbe.

La possibilità di arrecare danno all’uomo è nulla dal momento che un prodotto prima di poter essere immesso sul mercato deve essere approvato da organi di controllo. Ogni ingrediente viene accuratamente testato per valutare le proprietà biologiche intrinseche e i limiti di concentrazione ai quali ci si può esporre in sicurezza.

Affermare che un prodotto sia privo di sostanze chimiche non solo non ha alcun senso, dato che, come già detto, tutto è chimica, ma contribuisce anche a alimentare la chemofobia dilagante del nostro secolo.

Vi invito nuovamente a leggere questo altro articolo pubblicato su The Vision (I prodotti senza sostanze chimiche non esistono) che si destreggia tra il chimico e non chimico.

I potenziali danni sull’ambiente invece possono (e devono) essere misurati: la scienza si è dotata di processi chiamati Lyfe Cycle Assessment per capire l’impatto che un prodotto ha sull’ambiente from cradle to grave – dalla culla alla tomba – studiando ogni sua fase di produzione fino allo smaltimento.

Inoltre vengono eseguiti anche studi di tossicità ambientale del prodotto in sé e dei suoi eventuali prodotti di degradazione.

Quindi ecco come in poche righe, mettendo mano ai fatti e verificando da fonti che riteniamo attendibili, sia possibile smentire o quantomeno contestualizzare un contenuto pescato dal grande mare di Instagram.

La battaglia del naturale e non naturale è una delle più calde dell’ultimo ventennio, complice forse l’attenzione crescente all’ambiente e all’utilizzo sconsiderato delle risorse. Su questi aspetti spinge molto Mautino e vi invito caldamente a leggere qualche suo articolo (La ceretta Occam) se la tematica vi stuzzica.

Ciò che però bisogna tenere a mente è che la natura è bella, prospera e generosa e in quanto tale non è detto che essa vada sfruttata fino alla fine. Nella maggioranza dei casi possiamo sopperire alle mancanze naturali con la tecnica, con le scienze, con lo sviluppo di nuovi processi.

E sarà proprio da queste mancanze che dovremo trarre nuove ispirazioni per le materie prime della vita quotidiana per l’imminente futuro.

Facciamo un esempio pratico e banale

Uno shampoo alla camomilla dichiara di utilizzare unicamente camomilla naturale, raccolta a mano da operatori specializzati in raccolta camomille, in un campo adibito unicamente a coltivazione di camomille.

Ma quel campo non potrebbe essere utilizzato diversamente? O magari lasciato intatto? 

E se la camomilla (o la molecola di interesse per lo shampoo in questione) venisse sintetizzata direttamente in laboratorio a partire da poche materie prime? Ciò permetterebbe di risparmiare preziose materie prime e di rendere l’approvvigionamento della molecola in questione efficace e intelligente. 

Ma ancora, aggiungo il carico da undici: una crema viso dice di contenere castoreo per conferire un odore vanigliato al prodotto. Il castoreo è una sostanza oleosa di origine ferormonale che viene secreta dai castori in apposite ghiandole, e potete immaginare in che modo essa venga recuperata. Eppure è naturale!

Esiste un modo di sintetizzare questa molecola artificialmente? Magari a partire da molecole simili che in poche reazioni possono condurre al prodotto desiderato?

Questi sono due esempi inventati e possono anche lasciare il tempo che trovano, ma il pensiero che voglio stimolarvi è proprio in merito all’origine degli ingredienti. In cosmesi, attenzione ai claim del marketing che spingono su tematiche calde e figlie della stordente comunicazione odierna.

Non preoccupatevi della lettura dell’elenco ingredienti (il famoso INCI), perché c’è qualcuno che se ne occupa di mestiere.

Non fatevi convincere dell’efficacia di un prodotto basandovi sul suo essere naturale o meno. 

Trattandosi di cosmesi – e non di farmaceutica – l’efficacia sarà definita dal vostro grado di soddisfazione visiva: l’aspetto che questo cosmetico vi regala, vi soddisfa? Bene, continuate pure ad usarlo.

La texture vi coccola? Il profumo vi inebria? Ottimo! Allora si tratta di un prodotto adatto a voi. Nel caso opposto, siete liberi di sostituire quel prodotto con qualsiasi altro presente sul mercato perché – giunti a questo punto con la lettura già lo saprete – sono tutti validi, sicuri e approvati. 

E se leggere claim come “solo ingredienti di origine naturale” vi rassicura, comprate questi prodotti. Rimaniate però consci del fatto che si tratta di marketing e di strategie per accattivare il consumatore e non di indici di migliore (o peggiore) prestazione.

Buona cosmesi a tutti.

Immagine di copertina:
Foto di AdoreBeautyNZ


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Ha una laurea in chimica ma (al momento) non la usa, nel frattempo continua a studiare nel ramo dell’ambiente. Agonista da 13 anni, oggi finalmente vive del suo sport. Scappata da Genova per 3 anni e ritornata con la voglia di scoprirla davvero: l’esser zeneise è una croce che va portata con onore. Ama i dinamismi ed i collegamenti trasversali. Selvatica, un po’ come la sua terra.

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