L’incontro di Arquitecturas Colectivas quest’anno ha sede a Genova. Sede virtuale, date le circostanze note a tutti. Il gruppo di coordinamento italiano ha saputo ripensare l’evento per il formato online.
Si tratta di una rete di persone e gruppi interessati a processi autonomi e cooperativi di trasformazione e cura dell’ambiente urbano, che ha avuto origine in Spagna. Da lì si è espansa oltre oceano in Latinoamerica e in altri paesi del Sud Europa, tra cui Francia e Italia.
L’incontro internazionale della rete è sempre avvenuto in territorio spagnolo, ma alla sua XIII edizione, ha oltrepassato i confini, giungendo in Italia e proprio a Genova. L’obiettivo è ampliare la rete e consolidare un modo di fare città, di fare quartiere per e con le persone.
Silvia Cama, Laura Corradi, Elisabetta Fiorenza, Elisabetta Lo Grasso, Greta Solari, Elisa Tozzi e Alessandro Zorzetto sono i componenti del gruppo di coordinamento italiano. Persone provenienti da diverse realtà d’Italia, ma che condividono l’interesse per lo studio di processi di costruzione collettiva dell’abitare, proponendo alternative pragmatiche.
Nonostante l’origine in ambito architettonico, Arquitecturas Colectivas ha un approccio multidisciplinare al tema urbano
Sociologi, fotografi, ingegneri, designer, artisti e molte altre figure professionali sono parte attiva della rete.
La molteplicità dei punti di vista è la loro forza, applicata allo studio e risoluzione di problematiche urbane. L’incontro annuale è l’occasione per sviluppare un progetto locale, riunendo menti della rete estesa a livello internazionale.
Il tema scelto per questa edizione genovese è IN-FRA-STRUTTURE. Così scritto invita a riflettere sul significato più ampio del termine, su “Le relazioni che intercorrono tra gli elementi di un sistema” suggerisce Silvia Cama. L’infrastruttura non è solo fisica, ma anche sociale, sanitaria, educativa.
Un chiaro riferimento alla crisi in conseguenza del Covid-19? In realtà no. Il tema era stato stabilito precedentemente. Il sistema infatti presentava già segni di cedimento, portato poi al collasso dalla crisi odierna.
L’obiettivo non è rispondere a un’emergenza, cercando quindi soluzioni specifiche puntuali, ma è rivolgere lo sguardo più avanti e proporre soluzioni per il futuro.
Uscire dai sistemi utilizzati fino ad oggi e ricercare qualcosa di nuovo, che trovi applicazione nel lungo termine.
Con gli incontri del 10 ottobre, 7 novembre e 12 dicembre si gettano le basi per dare forma a un immaginario collettivo dell’infrastruttura del futuro.
I primi due appuntamenti hanno approfondito il tema IN-FRA-STRUTTURE confrontando i più diversi punti di vista grazie agli ospiti Stefania Consigliere, ricercatrice in antropologia all’università di Genova, e Massimo Mazzone, scultore e attivista, insegnante a Brera.
Sono stati affrontati finora gli aspetti teorici del tema, ma l’obiettivo è formare una comunità interessata al progetto per sviluppare una proposta concreta, di cui questi primi tre incontri sono solo il preludio
Così per il 12 dicembre si propone la stesura collettiva di un manifesto, idealmente ispirato alla costituzione dell’autoproclamata Repubblica di Užupis nel centro storico di Vilnius, nella quale, Alessandro Zorzetto commenta,
“Si fa riferimento a elementi essenziali per l’uomo. Si fa riferimento all’affetto, al diritto di avere un tetto sopra la testa”.
Il manifesto raccoglierà i principi fondanti dell’infrastruttura del domani, dal carattere universale, ma applicabili nel quotidiano per l’avvio di una trasformazione concreta.
La stesura del manifesto è anche un esercizio che stimola la riflessione sul valore delle parole, in particolare quelle che in questo campo sono ricorrenti e talvolta abusate.
Alessandro rivendica così il significato più ampio di “sostenibilità”.
“Dal punto di vista lavorativo sembra che noi giovani non possiamo più sognare il contratto a tempo indeterminato, che dobbiamo assolutamente diventare imprenditori di noi stessi e inventare qualcosa di nuovo ricorrendo a termini che ormai sono diventati vacui, come ad esempio quello di sostenibilità, e tutto ciò è assurdo. […] Sostenibilità è invece una parola molto importante, anche perché non ha a che fare solo con la sostenibilità ambientale. […] È una parola a tutto campo, è sostenibilità economica, sociale, a livello territoriale, nel proprio quartiere.”
Silvia riflette su cosa si intende per “rete”.
“Il concetto di rete è quello che vogliamo rinnovare. […] Passare dal quantitativo al qualitativo crediamo sia importante. […] Questa avventura la possiamo anche fare in sette, ma quei sette se ci credono valgono tanto quanto cento. […] Noi vogliamo provare a dare un’anima alla rete virtuale. […] Generare connessioni, relazioni. ”
Greta spiega il valore di “collettivo”.
“Collettivo è qualcosa che può essere condiviso a livello globale, non generando una serie di sistemi isolati (eterotopie), ma un’immagine comune, dove l’insieme è maggiore della somma delle singole parti.Il lavoro che noi stiamo facendo vuole avere uno sguardo ad ampio raggio che possa tenere insieme visioni diverse.”
Per Elisa “partecipazione” cela un processo complesso.
“Cosa significa fare un lavoro insieme? Cosa significa collaborare? […] La cosa difficile è quando ci sono entità diverse che magari sulla stessa parola hanno concetti diversi e che riescono a coordinarsi tra di loro per portare avanti un progetto. Secondo me la sfida di Arquitecturas Colectivas è quella.”
Partecipazione. È quella la vera sfida. L’invito è quindi aperto a tutte le persone e personalità, perché è la diversità il valore aggiunto.
Immagine di copertina:
Locandina evento Arquitecturas Colectivas 2020.
Foto di AACC Italia
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