Il 1904 è una data talmente remota che sembra appartenere a un’altra epoca, un tempo ancora ignaro di tutti gli sconvolgimenti e le innovazioni, gli orrori e le trasformazioni che hanno plasmato il nostro passato fino a condizionare il presente. Eppure, proprio per questo legame, tra tempi e di tempo, ciò che viviamo porta in sé le tracce di ciò che è stato, per quanto lontano, e ci incarica della responsabilità di farcene eredi.
Ereditare non significa infatti solo godere di ricchezze o patire di debiti, ma soprattutto saper rinnovare, vivificare e risignificare ciò che ci è capitato di avere, per riappropriarci del cammino percorso e farne un orizzonte futuro.
All’incrocio di queste dimensioni si inscrive la storia di una comunità e della società sportiva che ne ha animato la vita condivisa per più di un secolo: Voltri e la (Nicola) Mameli.
La società era stata fondata appunto nel 1904 e dedicata alla memoria del fratello del più noto Goffredo, anch’egli impegnato nella politica nazionale e locale, avendo rivestito la carica di consigliere e sindaco per l’allora città voltrese.
Nella sua lunga esistenza, la Mameli ha promosso diverse attività sportive, dall’atletica leggera alle attività natatorie, dalla ginnastica alla pallanuoto, e ha dato vita a diversi luoghi di incontro, dal campo sportivo dei Camilli al rettangolo di mare prospiciente la spiaggia. Ovunque portando un coinvolgimento vitale e spontaneo, che incontrava e trasformava le vite dei più giovani tra i voltresi, come ricorda Andrea Boccone nel suo Cent’anni di Mameli e come davvero molte voci possono ancora testimoniare.
Forse proprio questa partecipazione entusiastica, unita a sapienti guide tecniche e a un’imprescindibile lungimiranza, ha permesso alla società di raccogliere successi e soddisfazioni di altissimo profilo, accompagnando più volte i propri atleti alle competizioni olimpiche: in tutte le gare del XX secolo, scrive il pallanuotista olimpionico Paolo Ragosa, “ci sono sempre o quasi sempre stati uno o più atleti cresciuti in quella piscina”.
È nel cinquantesimo anno di vita, che la società compie il suo ingresso nella neo-inaugurata piscina. La storia di queste due realtà si farà, per lungo tempo, una. Se la Mameli era l’orgoglio di Voltri, e non solo, questo valeva tanto per l’agonismo quanto per la capacità di aggregazione, spiega Pierluigi Bruzzone, ex pallanuotista, membro del Consiglio direttivo negli ultimi anni di vita della società e ora della Utri Mare.
“Mandare un ragazzo alla Mameli – mi racconta – voleva dire mandarlo in un posto sicuro, a fare un bello sport; era un bellissimo ambiente”. “C’era solo la piscina” scrive ancora Ragosa, che sente legata a quel luogo la sua vita stessa.
Paolo Tondina, allenatore e docente, che ha conosciuto il nuoto proprio alla Mameli, ne parla come nella sua casa, del luogo in cui tutti si ritrovavano perché non era importante essere da nessun’altra parte:
“L’orario di allenamento non contava. Prima si arrivava, meglio era. Qualcuno c’era sempre che faceva prima di te. Nessuno si preoccupava di aspettare. In piscina c’era tutto. C’erano gli amori possibili e quelli impossibili, i conoscenti, i compagni, i fratelli, le sorelle… C’erano i padri e le madri, gli amici grandi, le prospettive, trame di appuntamenti per tutti. C’erano emozioni, noie, desideri impossibili, sogni da realizzare e sogni irrealizzabili. C’erano anche il dolore e la frustrazione, ma a dire il vero, ora che ci ripenso, il ricordo di quelle cose mi appare solo vagamente”.
“Successi, insuccessi, gioie, pianti, il mondiale perso a tre decimi dalla fine: nella carriera agonistica bisogna metterci tutto, ma sono state esperienze incredibili, bellissimi ricordi”.
La “storia fantastica” che lega Antonello “Lello” Steardo all’impianto di Voltri comincia all’epoca dell’installazione del pallone tensostatico – che consentirà di estendere ai mesi invernali prima gli allenamenti e poi lo svolgimento del campionato –, quando ancora si giocava in parte in mare, e prosegue per quasi quarant’anni, costellati di competizioni nazionali, mondiali e olimpiche.
Tutto quello che ha vissuto in questa piscina è stato animato da un’entusiastica partecipazione della comunità:
“abbiamo fatto anche delle ‘zingarate’, come la 24 ore di pallanuoto che ci ha portato sul Guiness dei primati, e abbiamo contribuito a raccolte fondi, come con la partita per i donatori di midollo osseo, sempre con tanto, tanto pubblico”. “La Mameli non è mai stata una squadra titolata come tante altre – prosegue – ma, pur senza avere grandi numeri, ha sempre sfornato tanti giocatori di livello, atleti da nazionale, che hanno vinto dei mondiali e allenatori capaci, come Alessandro Bovo che ha portato alla vittoria del campionato 20/21 il Brescia. Mantenere una squadra di alti livelli ha costi altissimi, non meno di quelli di gestione di un impianto, ma c’è motivo di orgoglio anche nell’essere bacino per i giovani, indirizzandoli verso un futuro di soddisfazioni.”
Scelgono le stesse parole di Tondina anche i mameliani tra le ultime generazioni che hanno giocato nella piscina voltrese, come mio fratello Jacopo Pastorino:
“la piscina è sempre stata per tutti noi ragazzi casa, quel posto dove passavi cinque o sei giorni la settimana e dove nei festivi facevi i tornei, ma dove non ti pesava andare, perché era sempre bello e divertente. Era veramente come un’altra casa, solo con tanti amici in più”.
Pastorino, che nella Mameli ha imparato a nuotare “da quando avevo i braccioli fino a quando me li hanno tolti” e che ha poi giocato a lungo nella squadra di pallanuoto, parla della piscina come di un luogo di ritrovo, non solo per gli allenamenti pomeridiani che spesso duravano fino alla sera, ma anche come ritrovo per le stesse uscite serali, “alla fine ti rivedevi sempre lì”. “Quella piscina – chiosa – per anni è stata il centro di tutto, era il centro del mondo”.
“Poi è arrivato il momento che a casa non si poteva più stare”, scrive ancora Tondina.
Quando il Comune sospende le erogazioni di finanziamenti, comincia il declino della società e dell’impianto.
Nel 2013 il fallimento societario e la riconsegna dei locali in gestione all’amministrazione comunale segnano una cesura, che avvia però una nuova storia. Anzi due, quella del marchio S.S. N. Mameli acquisito all’asta e utilizzato come base per rifondare, almeno nominalmente, la società sotto la presidenza di Antonio Campanini, e quella dell’impianto.
“Per Voltri era una struttura importante, lo spegnimento è stato un colpo al cuore per la comunità voltrese per cui è sempre stata un punto di riferimento”, commenta Edoardo Cola, nel Consiglio direttivo della società dal 2011 e anche lui membro di Utri mare, “Le ultime due stagioni non hanno avuto un contributo pubblico”.
Bruzzone aggiunge “Noi ci abbiamo provato fino all’ultimo, poi abbiamo dovuto dire stop, ma abbiamo lasciato il progetto dell’attuale piscina”.
Ancora Cola “Il 3 agosto 2013 abbiamo consegnato le chiavi al Comune e si mise in campo un progetto per gestire l’estivo, vale a dire la vasca più la spiaggia antistante. Il Comune si impegnò a coprire il 40% dei costi, ma dati i debiti e le difficoltà di coprire le attività agonistiche non era opportuno procedere. Senza contare i costi di riaccensione e manutenzione. I soldi sono stati dirottati in una progettazione valida, una strada percorsa con impegno dall’architetto Marco Pesce, dalla Consigliera comunale dello scorso mandato Nadia Canepa e dall’ex assessora Anna Maria Dagnino”.
È proprio quest’ultima ad ammettere che poco prima del finanziamento stava deponendo le armi “i costi erano alti, non vedevamo sbocchi, soprattutto quando si è capito che l’impianto era interamente da rifare”.
La svolta è stata resa possibile dai finanziamenti straordinari erogati dal governo Renzi direttamente alle grandi città e che l’allora sindaco Marco Doria decise di convogliare anche sul progetto della piscina.
“Doria conosceva molto bene il territorio – dice Dagnino – aveva anche giocato come pallanuotista da giovane, conosceva questa storia che conosciamo noi voltresi, che qui chiunque conosce anche se non è mai stato in vasca”. Una storia che con un binomio efficace definisce “gloriosa e travagliata”.
Se la questione gestionale e quella architettonica “sono esplose nello stesso momento”, poco prima della chiusura, adesso l’evoluzione di queste due dimensioni necessita di un’attenzione specifica. “Nell’ultimo incontro dell’amministrazione civica, alla fine del 2021 – racconta Cola – si è confermata la fine dei lavori per l’estate del 2023”.
Lo slittamento di un anno rispetto alla pianificazione iniziale è dipeso in parte dal rallentamento dovuto alla pandemia, che ha coinciso con l’apertura del cantiere, in parte alla necessità di risolvere delle questioni relative agli spazi e alla rete fognaria. Un percorso che è necessario richiamare nelle sue tappe, dato lo scetticismo della comunità sullo stato di avanzamento di lavori che si avviano, invece, ormai alla fase conclusiva.
Con una riapertura dell’impianto all’orizzonte, tutti concordano che sia ormai il momento di impegnarsi a definire la futura gestione.
“All’inizio sarà semplice gestire un impianto nuovo, ma bisognerà essere bravi a farlo funzionare sempre e bene – commenta Steardo – La Mameli è un’istituzione e io mi auguro tanto che risorga, ma soprattutto per dare un servizio ai cittadini. La parte agonistica è quasi un “di più”, che comunque bisogna avere perché fa da attrazione: non tutti sono innamorati del calcio, alcuni trovano i propri idoli in vasca”. “Sicuramente era uno sfogo e un posto importantissimo per tutto il territorio, per esempio era il posto dove ci portavano a nuotare anche con la scuola, e si spera che torni a esserlo” aggiunge Pastorino.
“Le strutture vanno amministrate da capaci e specialisti, per gli alti costi di gestione, ma è d’obbligo che tutti vi abbiano accesso: dagli asili alle persone anziane, dal recupero sanitario allo sport amatoriale e questo argomento sociale è di vitale importanza” scrive Ragosa, cui fa eco Dagnino citando l’esempio brillante della gestione dell’impianto di Prà da parte di Marco Ghiglione: “Ha trovato un equilibrio virtuoso tra buona gestione, economia e attenzione al sociale”.
Senza apertura alla comunità, infatti, non è nemmeno pensabile avviare quel percorso che, con una buona programmazione, potrebbe portare a nuovi riscontri nell’ambito agonistico (Ragosa), cui il progetto lascia ampio spazio (Bruzzone).
“Quello che deve essere chiaro alle persone e all’amministrazione civica e ai futuri gestori che avranno il bello e gravoso compito di condurre un impianto nuovo, è far sì che possa essere portato a regime con tutte le sue potenzialità: deve esserci una vasca per i bambini tra 0 e 3 anni, così come uno sbocco a mare” chiarisce Cola, “con spiaggia libera attrezzata” aggiunge Bruzzone, citando due elementi riguardo ai quali non c’è ancora chiarezza.
Così come manca circa le modalità e i criteri di assegnazione gestionale, rispetto ai quali non si possono che avanzare delle speranze. Su tutte, quella che l’amore per il passato sappia tradursi in forza d’azione per il presente e costruzione del futuro.
“Speriamo ci sia una Mameli che torni a essere quello che era, anche e soprattutto un luogo di aggregazione. E un motivo d’orgoglio” conclude Bruzzone. Speriamo che arrivino quei “creativi” di cui parla Boccone, quando ricorda che un tempo tutti i voltresi erano già “tesserati” e potevano essere chiamati in vasca o sul campo in ogni momento: ci vuole qualcuno che “si prenda la responsabilità di cambiare e di escogitare nuove strategie per diffondere entusiasmo nei giovani, per aumentare l’interesse verso la nostra società, per attuare una “renovatio” con sistemi che noi non conosciamo ancora”. Speriamo, con le parole di Pastorino, che la piscina “riesca a riportare tanti ragazzi a fare sport e ad appassionarsi allo sport, come ci siamo appassionati noi, che il cloro poi è diventato un po’ odor di casa”.
Immagine di copertina:
Foto di Juan Patlan
Scrivi all’Autorə
Vuoi contattare l’Autorə per parlare dell’articolo?
Clicca sul pulsante qui a destra.