Vita culturale di Genova. Un paese di musichette mentre fuori c'è la morte

Un paese di musichette mentre fuori c’è la morte

Il Comune di Genova offre panem et circenses sempre guardando al turismo mentre viene progressivamente soffocata la vita culturale underground della città. Chi resiste?
14 Aprile 2024
3 min
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La visione della Genova turistica non passa solo per una trasformazione del centro storico, sempre più vetrina e infrastrutture opinabili, ma anche per una spasmodica proposta di eventi a volte culturali, ma perlopiù intrattenimento frenetico da villaggio turistico.

Eventi proposti a ciclo continuo, una vera e propria bulimia di eventi rovesciati a nastro dal sindaco sul pubblico ignaro.

Un finto carnevale di durata annuale rivolto a tenere sempre stimolato il marketing, sempre acceso il marchio Genova, sempre ad ammiccare ai turisti più che ai cittadini a cui comunque non si manca di offrire appositi panem et circenses che diventano letterali con la grottesca tavolata di focaccia in via XX settembre nella primavera del 2023 (articolo di wall:out La retorica del “Celolunghismo”)

Il chiacchierato GenovaJeans, con i suoi bilanci incerti. Poi i Rolli days, un tempo appuntamento annuale, ora semestrale, ma già si parla di aumentare ulteriormente la frequenza.

Un assolutamente incongruo Entierro della Sardina, festa carnevalesca spagnola, importata senza contesto a Genova. La martellante propaganda dell’Ocean Race.

Eventi, soprattutto quelli fatti per imbonire la folla locale, sponsorizzati generosamente dai grandi elettori legati all’industria turistica e non solo.

È stata Costa Crociere a investire nello scivolo che ha spedito Toti e Bucci nell’olimpo dei meme e del cringe nel 2018, è stato per Msc che è stata stesa la focacciata del 2023. Sempre nel 2023 Eni ha sponsorizzato la street parade, triste scimmiottamento di eventi liberi altrimenti criminalizzati a reti unificate.

Ed è per i croceristi (e per compiacere i generosi amici armatori) che si preme per il quantomeno curioso progetto di funivia sopra Lagaccio, così come è per Eni che si insiste per il rigassificatore. 

Vita culturale di Genova. Un paese di musichette mentre fuori c'è la morte
Vecchie locandine e brutte installazioni. Foto di Federico DS.

Se no sei instagrammabile sparisci

Parallelamente continua l’erosione costante di spazi culturali animati dai cittadini per i cittadini, di una scena underground un tempo vitale e ora sempre più ristretta.

Come certi negozi spariscono davanti alle necessità dei turisti, così certi spazi culturali per cittadini diventano secondari se non scocciature, se non sono trasformabili in museo o cartolina o evento, o almeno instagrammabili. 

D’altra parte Genova è il capoluogo più vecchio d’Italia, uno dei paese più anziani al mondo.

I giovani scappano per le condizioni negative innescando un circolo vizioso per cui gli anziani (che votano più dei giovani!) sono una percentuale sempre maggiore della popolazione e quindi sono più importanti dal punto di vista elettorale per cui le politiche locali sono sempre meno a favore dei giovani e via di seguito. 

Nell’ultimo anno lo sfratto del cinema Gioiello, provocatoria avanguardia culturale e la chiusura del Cane, uno dei pochi spazi di aggregazione della Valpolcevera hanno segnato le cronache. 

Il (doppio) sgombero e la demolizione del centro sociale Terra di Nessuno e la dolorosa trattativa dello Zapata, che ha accettato un compromesso soffocante, hanno bruciato spazi anche storici che hanno contribuito a decenni di fermento culturale, tra concerti, presentazioni di libri, film e discussioni politiche. 

L’ultima minaccia di sgombero al LSOA Buridda, realtà multiforme, con i suoi laboratori di circo, falegnameria, fotografia, salette musicali, collettivi, continua questa deprimente tendenza. 

E sia chiaro, in queste righe non si vuole elemosinare la benevolenza delle istituzioni che fanno il loro dovere, anche se la legalità significa impoverire la vita culturale e sociale. Desta preoccupazione soprattutto che questo impoverimento avvenga spesso nel disinteresse o nella rassegnazione. 

Un paese di musichette mentre fuori c'è la morte
L’ex sede del LSOA Buridda in via Bertani abbandonata. Foto di Federico DS.

Naturalmente l’associazionismo, di per sé ancora vitale, continua a presidiare piccoli spazi come i giardini Luzzati, qualche circolo, o realtà più di nicchia, come Palazzo Bronzo o le Ortiche. Ma l’associazionismo è costretto a un patto faustiano con le istituzioni, il cui sostegno deve essere ricambiato con poche critiche e molta disponibilità. 

Queste realtà sono comunque roccaforti di chi continua a contribuire a un sottobosco artistico, culturale e sociale ben più sano e vero degli eventi preconfezionati e delle situazioni di plastica piazzate ad arte nel centro storico a beneficio dei turisti o nei quartieri popolari come contentini elettorali. 

Ma alla fine sono le persone che animano questi spazi la vera differenza, è la partecipazione diretta.

Nel 2014 lo sgombero del Buridda da via Bertani, peraltro spazio tuttora abbandonato dopo 10 anni, portò in piazza centinaia di persone per giorni.

Cittadini giovani e meno giovani sono ancora disposti a difendere questi spazi, a usufruirne, a crearne di nuovi?

O ancora, certe realtà, certe modalità sono ormai anacronistiche e la controcultura trova altri sbocchi? Trova altri sbocchi?

Immagine di copertina:
Il palco del nuovo LSOA Buridda. Foto di Federico DS.


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