Quanto genocidio ci vuole per svegliarsi dall'indifferenza?

Quanto genocidio ci vuole per svegliarsi dall’indifferenza?

Il genocidio a Gaza ha smosso l'opinione pubblica occidentale. Il futuro è fosco, ma Gaza ha ricordato in Europa e non solo che ci sono alternative all'indifferenza.
24 Ottobre 2025
4 min
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Questo articolo raccoglie alcune riflessioni mescolate dal rincorrersi di eventi, speranze e delusioni delle ultime settimane. Per molti versi è già superato e verrà lasciato ulteriormente indietro a ogni giorno passato.

Riguardo alla questione palestinese, al genocidio in corso da più di 700 giorni e alle mobilitazioni delle ultime settimane si è già detto molto. 

Si è già detto che non è cominciato tutto il 7 ottobre; si è già detto dell’occupazione, del fatto che la stessa Hamas non nasca dal nulla, ma sia frutto di decenni di dolore e opportunismo; si è già detto dei crimini di guerra, di ospedali e scuole, medici e giornalisti deliberatamente presi di mira; si è già detto della disumanizzazione; si è già detto dell’arma ignobile della fame. 

Il cessate il fuoco, agognato momento di quiete per la popolazione gazawi, è nato su basi fragilissime e quasi da subito non è stato rispettato.

Nient’altro che il frutto di tante cose diverse, narcisismo, fortuna, calcolo, abilità, malafede, di attori politici occidentali e non solo che parlano di spartire una terra non loro apertamente come non avveniva da un secolo. 

Quanto ci vuole per svegliarsi dall'indifferenza?
Foto di Federico DS.

Pressione pubblica

Ma, nonostante i tentativi di appropriazione del politico di turno, a questo momento di tregua ha contribuito anche la pressione dell’opinione pubblica, sempre più rumorosa e ingombrante, che ha messo in difficoltà i governi e le influenti lobby che sostengono Israele. 

In Italia sicuramente la frustrazione di tante persone ha trovato un catalizzatore nelle azioni dei portuali che già da anni ostacolano l’imbarco di materiali bellici, una rete che si dipana a Genova a Livorno a Ravenna e in tutta Europa.

E ancora, per la causa palestinese ha fatto tanto la mobilitazione di Music for Peace e della Global Sumud Flotilla.

Quanto ci vuole per svegliarsi dall'indifferenza?
Foto di Federico DS.

È doloroso ammettere quanto ci sia voluto un gesto simile per far sì che le striminzite manifestazioni degli ultimi anni diventassero oceaniche. Perché sicuramente la Global Sumud Flotilla è stato un consapevole gettare sul tavolo la pelle bianca e l’attenzione mediatica occidentale.

Finché morivano arabi troppo scuri, troppo musulmani, troppo poveri, purtroppo le notizie sfumavano in una vaga nebbia dolorosa. 

Ma il raccogliere cibo per bambini affamati, un gesto elementare anche e soprattutto per un paese intriso di cattolicesimo è stato un modo per tanta gente di agire contro l’apatia da telegiornale e di ritrovarsi insieme e scoprirsi, non insensati facinorosi o sciocchi idealisti, ma esseri umani, giustamente disgustati dalla guerra.

La Flotilla è stata la continuazione di questa scoperta. 

Tutti questi momenti hanno sicuramente ottenuto qualcosa, forse poco per la Palestina. Ma hanno aperto occhi e dato voce.

Quanto genocidio ci vuole per svegliarsi dall'indifferenza?
Foto di Federico DS.

Non siamo soli

Le persone frustrate dal vedere un genocidio in diretta con l’impressione di non poter fare nulla, hanno finalmente scoperto o riscoperto che si può scendere in piazza, che la vita umana forse vale più di qualche disagio, vale più di una strada bloccata o di una facoltà occupata. E che non erano sole. 

Francesca Albanese, rappresentante delle Nazioni Unite, parlando all’occupazione del rettorato dell’Università di Genova ha detto:

“Gaza ci mette davanti a uno specchio, ci parla della nostra miseria, di un sistema di sfruttamento che arriva nelle nostre case”. 

Ma anche ci risveglia.

Quanto genocidio ci vuole per svegliarsi dall'indifferenza?
Foto di Federico DS.

Nel suo simbolismo, che purtroppo la mette in risalto tra i massacri che avvengono nel mondo, ci fa pensare alle lunghe conseguenze del colonialismo, dei rapporti morbosi tra economia e guerra, del razzismo che continuano in Medio Oriente e non solo. 

E ci risveglia in un’Italia che pareva apatica e rassegnata, facendo sì che si torni in piazza o si scopra la piazza, il trovarsi vicini per una causa giusta e comune, quella sensazione di essere piccolo sì, ma con una voce collettiva. 

Che ci si torni in grandi numeri per la manifestazione pacifica, ma anche con la rabbia e il coraggio di bloccare, di scontrarsi contro la repressione di un sistema sempre più scoperto. 

E le risposte isteriche del governo, gli strafalcioni dei “moderati” e gli attacchi sempre più meschini dei “grandi” giornali. 

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Foto di Federico DS.

Vale fino a un certo punto

Ora, si diceva, si è arrivati tardi a un fragilissimo cessate il fuoco che si sta già sbriciolando sotto le bombe. E, con la tregua, in Italia ma non solo, il sistema politico e mediatico cerca di normalizzare: si appropria dei successi, sminuisce le polemiche, fa battutine su chi era in piazza, suggerisce che il massacro a Gaza sia stata una messa in scena, cerca di far dimenticare e di tornare all’ordinaria amministrazione e nel dubbio propone leggi sempre più repressive.

Un sistema che ammette sfacciatamente che “il diritto internazionale vale fino a un certo punto”, e che si piega servilmente al potere e al profitto. Tutto questo mentre le mobilitazioni rallentano per riprendere fiato, dopo il fine settimana lungo di inizio ottobre che ha fatto tremare il governo. 

Quanto ci vuole per svegliarsi dall'indifferenza?
Foto di Federico DS.

Ma non bisogna cedere la consapevolezza, costata tanti morti. Il cessate il fuoco è un passaggio non sufficiente. 

Decine di migliaia di morti, ancora più i feriti. Famiglie distrutte, di nuovo. Gaza resta in macerie, i servizi basilari sono quasi inesistenti, il cibo e l’acqua scarseggiano.

Israele ha già violato più volte il cessate il fuoco. In Cisgiordania gli abitanti delle colonie israeliane illegali continuano a aggredire gli abitanti palestinesi per costringerli ad andarsene e rubarne terre e case.

E, più operativo che mai, l’osceno sistema economico che ingrassa sull’occupazione, l’industria bellica e della repressione ma non solo, continua. Anche nelle nostre case. 

Come ribadisce Albanese, il cessate il fuoco è un primo passo, ma è necessario smontare l’apartheid e l’occupazione illegale e il sistema che se ne nutre. 

Per questo la mobilitazione continua, deve continuare.

Per la fine dell’apartheid, per la fine dell’occupazione in Palestina e più in generale contro un sistema di sfruttamento, contro l’economia di guerra, il traffico di armi e dei mezzi di repressione, contro un colonialismo che non è mai finito, a Gaza e non solo.

Immagine di copertina:
Foto di Federico DS.


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Federico DS.

Ha studiato cose noiose e poi fatto tutt'altro. Non gli piace stare troppo a lungo nei posti. Politica italiana e non, Genova e scienze sociali sono tra le cose che lo fanno arrabbiare e di cui scrive oppure ha scritto qua e là su theZeppelin, Dinamopress, theVision. Se può cammina in montagna, disegna e gioca con i gatti.

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