STORIE CHE CI ABITANO | Fili di sogni e ombre di Irene Marasca

STORIE CHE CI ABITANO | Fili di sogni e ombre di Irene Marasca

Una raccolta di poesie in fase di pubblicazione, che parlano di dolore, di accettazione e di luce, scritte da una giovane autrice genovese.
26 Aprile 2024
2 min
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Mentre decidevo quale sarebbe stato il prossimo libro di cui parlare in questa rubrica, una mattina sul tram ho letto un messaggio che un po’ rappresenta un incrocio bello di persone e città, un po’ è un sogno della bookinfluencer che forse in fondo vorrei essere:

“ciao Emanuela ho scritto un libro di poesie ti andrebbe ti leggerlo e di scriverne?”

Pezzi di me, di noi

E così eccomi nel giardino di un posto strano a Torino nord a cui voglio bene, in una giornata ventosa di primavera a scorrere pagine di versi scritti da una mia coetanea, e a trovarci, come immaginavo, pezzi di me, di noi. 

Da persona che scrive molto ma quasi totalmente segreto, sono ammirata da chi sente il movimento interiore necessario per portare fuori dalle proprie pagine, teste, note del telefono, quaderni, quello che scrive, e regalarlo agli altri, con fiducia che qualcuno ci trovi qualcosa di bello, di interessante per sé.

Siamo spesso portati a pensare di non avere mai niente di abbastanza interessante da dire, ma come può non essere quantomeno interessante la voce intima e sincera di chi si racconta con le proprie parole?

Ci sono parole che si leggono raramente, per esempio le parole di persone giovani che scrivono poesie. È facile che quelle parole siano familiari per tante persone giovani che leggono poesie: 

[…] Vittima dei miei stessi schemi
Delle libertà che non mi concedo
Consapevole
Della leggerezza
Che mi sottraggo

Ecco qua la sintesi di un bel pezzo di psicoterapia, non credo soltanto mia e di Irene.
Scrivo per stare meglio, scrivo per raccontare un percorso interiore, mi racconta Irene in videochiamata.

Crediti - Tristan Pane @tristanpane
Immagine di Tristan Pane @tristanpane

Scrivo perchè mi viene naturale

Scrivo a Genova, città di cui sono innamorata: “ho occupato spazi pieni di luce”, scrive, e com’è nitida l’immagine che appare nella mia mente di uno scorcio di Genova al sole con il mare che brilla, e come si sta quando lo si guarda.

Scrivevo ininterrottamente pagine intere per calmare, per fare ordine, per rendere più chiaro, più accessibile quello che non volevo vedere.

Scrivere per me è restare nel dolore per poterlo scomporre, aprire, smembrare e amare.

“Dove sono i confini?” – “perdere pezzi di mondo” – “sono viva – non sopravvivo più” e altre espressioni che ho sentito mie, che hanno risuonato, per usare una parola frequente in questa rubrica, parole che forse mi piacerebbe rileggere qualche volta in un libro vero, fare qualche orecchia alle pagine.

Al link qui sotto si può seguire e contribuire al percorso per rendere queste parole un libro vero:

Queste sono piccole poesie (ma forse tutte le poesie sono piccole?), le mie poesie non cambieranno il mondo diceva Patrizia Cavalli, ma le cose piccole ci fanno bene e credo, sempre io che scrivo molto ma in segreto, che sia bellissimo per chi scrive sapere che qualcosa di piccolo è generato dalle proprie parole, dai propri piccoli cambiamenti interiori.

Immagine di copertina:
Grafica wall:out magazine su immagine di Tristan Pane @tristanpane


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Emanuela detta Malo, genovese classe 1996, vive e lavora Torino, dove si è trasferita per l'università e non se ne è più andata. Gira per la città in bicicletta, lavora come psicologa collaborando con diverse realtà del terzo settore in progetti rivolti a persone migranti. È un'appassionata lettrice e nuotatrice: poiché la gran parte dei libri che possiede, e il mare, sono a Genova è facile capire che non se n'è mai andata del tutto.

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