Poliferie Genova

Poliferie, per una scuola che sappia coinvolgere il talento nascosto

Poliferie è un’associazione di promozione sociale che si occupa di combattere il fenomeno della dispersione scolastica, collaborando con gli istituti delle periferie d’Italia. Ne abbiamo parlato con Alberto Duretto, coordinatore per l’area di Genova.
17 Gennaio 2022
5 min
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La scuola, lo sappiamo, è per definizione un ambiente propedeutico alla vita. È lì che instauriamo alcune delle nostre prime relazioni importanti al di fuori del contesto familiare, è lì che gettiamo le nostre fondamenta per la formazione culturale e di pensiero, è lì che impariamo a conoscere meglio le nostre aspirazioni.

La scuola però è anche una struttura che si connette con la città e il quartiere, un punto di riferimento per la comunità e i suoi strati più giovani. A proposito di società, è importante analizzarla nella sua complessità.

Ai margini di Milano, la città più ricca e sviluppata d’Italia, soltanto l’8 % della popolazione possiede un titolo di laurea. Nelle aree periferiche di Palermo, questo dato si riduce fino al 2 %.

Tali percentuali vanno a migliorare man mano che ci si sposta verso i centri cittadini. Un indicatore da prendere in considerazione, se si vogliono dotare le prossime generazioni dei mezzi adatti per potersi emancipare con dignità e coscienza in un mondo sempre più interconnesso.

È questa la sfida – impegnativa ma stimolante – che ha voluto raccogliere Poliferie, un’Associazione di Promozione Sociale nata nel 2017 a Roma.

La scelta del nome deriva da un neologismo attribuito all’architetto Maurizio Carta, che si riferisce alla trasformazione delle periferie d’Italia in ecosistemi dinamici dove il capitale umano ha modo di svilupparsi e di essere trattenuto.

“Sentivamo che il futuro del Paese si sarebbe giocato nel campo dell’educazione, così abbiamo deciso di investire i nostri sforzi a riguardo”

Mi dice questo Alberto Duretto, uno dei co-fondatori e coordinatore per l’area di Genova. Lo incontro presso il Bar degli Specchi, divenuto ulteriormente celebre grazie ai gialli di Bruno Morchio. Accompagnati da due birre fresche e dai rumori di sottofondo di piatti, cucchiaini e tazze che sbattono tra loro, provenienti dal bancone, abbiamo conversato a lungo sul progetto.

È stato lanciato grazie all’idea e alla volontà di una ventina di giovani, a margine dell’edizione nazionale della Scuola di Politiche. Cinque anni più tardi conta oltre 140 soci, decine di città e di scuole interessate in tutta Italia, e almeno 1800 studenti coinvolti attivamente. Questo è il frutto di un’organizzazione abituata a lavorare a distanza già da prima della pandemia, a causa di una disomogeneità territoriale del nucleo iniziale, sparso sull’intero territorio nazionale.

La sfida principale di Poliferie?

Contrastare il fenomeno della dispersione scolastica, che in Italia non è da sottovalutare; in secondo luogo, incidere maggiormente sulla diminuzione della categoria NEET (Not in Education, Employement nor Training).

Ma andiamo con ordine, cosa si intende con dispersione scolastica? E che cosa con l’acronimo NEET?

Secondo quanto riferisce la Treccani:

“con l’espressione dispersione scolastica, tipica della sociologia dell’educazione, s’intende quel complesso di fenomeni consistenti nella mancata o incompleta o irregolare fruizione dei servizi dell’istruzione da parte di ragazzi e giovani in età scolare”.

All’interno di questo concetto rientrano la scolarizzazione, l’abbandono, la ripetenza o il ritardo.

I dati italiani non sono confortanti a riguardo. Secondo quanto riferisce Eurostat, nel 2020 il 13,1% dei giovani italiani tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato precocemente la scuola, fermandosi alla licenza media. Si tratta del quart’ultimo posto UE in questa poco lusinghiera classifica.

Dopodiché si interseca il segmento di coloro che tra i 20 e i 34 anni si è trovato escluso sia da attività scolastiche/accademiche che dal mercato del lavoro (i cosiddetti NEET). Nel 2020 tale gruppo sociale era composto dal 30% dei giovani italiani, che rappresenta il numero più consistente di tutto il Vecchio Continente, dove invece la media si attesta sul 18%.

Ecco, dopo aver inquadrato un pochino la situazione generale del nostro Paese, delineiamo adesso il ruolo che Poliferie vorrebbe sempre più ritagliarsi, per fronteggiare il problema.

Intanto, mi spiega Alberto, il contatto diretto con gli istituti scolastici deve essere una delle colonne su cui poggiarsi. L’idea è quella di riuscire ad entrare soprattutto nelle strutture site in zone periferiche delle città italiane.

Oggi sono ventisei le scuole coinvolte, di cui 18 istituti tecnici, sette Licei e un istituto professionale. La pandemia negli ultimi due anni ha senz’altro influito sui metodi di approccio alle classi, con l’introduzione di modalità a distanza oppure in formato ibrido (un po’ in presenza e un po’ in DAD).

Ma in concreto, su cosa si fondano gli incontri?

Poliferie Genova
Poliferie. Foto di Giorgia dell’Orefice

Sul metodo OCTRI, un acronimo che sta a indicare le cinque tappe del percorso: Opportunità – Comunità – Tecnologie – Relazioni – Idee.

Ogni volta gli speaker cercano di aprire discussioni dinamiche e fresche su tematiche volte a stimolare il pubblico, che abbiano come riferimento la presentazione di possibili sbocchi per il futuro e opzioni di crescita extra-scolastiche. A questo si aggiunge una Business Challenge finale, in cui gli alunni provano a mettere in pratica ciò che gli è stato insegnato durante il periodo.

Coinvolgimento, interazione, ascolto, azione. Sono tutti valori che accompagnano questa esperienza, volta a fare da cinghia di trasmissione tra l’ambiente scolastico e quello post diploma. La speranza di Poliferie è di riuscire a infondere ambizione e nuovi orizzonti in ragazzi e ragazze altrimenti sfiduciat*.

Secondo il report 2021 sull’impatto dell’associazione,  fare leva su un maggiore inserimento della categoria NEET nel mercato potrà garantire, oltre che a un beneficio delle singole persone coinvolte, anche un vantaggio per l’intera collettività, poiché si troverà così ad essere maggiormente produttiva. Per fare questo, bisogna partire dal tessuto scolastico.

Un altro tassello importante è stato inserito con la possibilità di fare mentorship one-to-one, grazie all’offerta gratuita di colloqui privati tra liceali, giovani professionisti e universitari.

In questo modo si può creare un network utile per districarsi tra le scelte sul futuro che ogni ragazz* è portat* a fare verso la conclusione del proprio percorso di studi. I membri di Poliferie mettono a disposizione degli slot orari, e in base alle competenze ricercate, chi ha interesse può rivolgersi a loro per fare domande, risolvere dubbi o chiedere consigli e segnalazioni.

“Il messaggio è che non importa chi sei o da dove vieni, tutti possiamo fare tutto. Nessuno o niente ci limita”.

Questo è ciò che ha scritto un ragazzo di Roma dopo aver avuto a che fare con Poliferie, ed è diventato automaticamente uno dei motti dell’associazione.

La crescita del progetto vuole accompagnarsi con l’incremento di storie del genere. Negli ultimi anni gli hub si sono moltiplicati, partendo da Roma e Milano, che rimangono oggi i due nuclei più forti e strutturati.

A Genova questa realtà è arrivata proprio grazie ad Alberto Duretto, che l’ha introdotta nel 2019.

Nell’ambito della nostra città, è stato coinvolto l’Istituto Majorana-Giorgi; si tratta di un ITS, con sedi in Via Timavo e in Via Allende, ossia rispettivamente nei quartieri di Borgoratti e di Molassana. Le attività da svolgere non mancano e il team genovese è pronto ad accogliere nuovi volontari. La speranza infatti è di potenziare l’offerta di Poliferie a livello locale, mantenendo quella qualità del lavoro che finora è stata posta in primo piano.

E’ bello sapere che progetti giovani, ambiziosi e focalizzati sull’inclusività sociale vogliano proporsi con forza nel panorama nazionale.

Negli occhi e nelle parole di Alberto scorgo la consapevolezza con cui viene portato avanti il programma e la grande organizzazione che esso comporta. Riuscire a creare un network così ampio intorno ad un’idea alimentata con competenze trasversali e passione, è senz’altro motivo di ammirazione.

wall:out, in quanto centro di convergenza per associazioni impegnate sul territorio, è contenta di parlarne, con l’auspicio che ci possa essere un’ulteriore crescita.

A Genova, come nel resto d’Italia.

Immagine di copertina:
Alberto Duretto


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