Si è aperta il 13 giugno e continuerà fino all’8 luglio presso l’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra la cinquantesima sessione del Consiglio per i Diritti Umani, organismo intergovernativo responsabile della promozione e protezione dei diritti umani nel mondo. Un’agenda fitta quella della sessione, che vede accanto a dibattiti, tavole rotonde e l’adozione di risoluzioni, la discussione di report sviluppati a seguito di commissioni d’inchiesta ad hoc e procedure speciali inizializzate dalle Nazioni Unite.
Tra queste, la presentazione del primo rapporto della Commissione d’inchiesta sui Territori palestinesi occupati – compresa Gerusalemme Est – e Israele, pubblicato il 7 giugno 2022, si costituisce come l’ultima dimostrazione empirica in termini temporali che la cessazione dell’occupazione israeliana e della discriminazione nei confronti dei palestinesi sia la chiave per porre fine al conflitto e ai persistenti e quotidiani episodi di violenza cui assiste imperterrita la comunità internazionale.
Alla Commissione istituita il 27 maggio 2021 dal Consiglio per i Diritti Umani attraverso la storica risoluzione S-30/1 è stato attribuito il mandato di investigare tutte le presunte violazioni del diritto internazionale umanitario e gli abusi del diritto internazionale dei diritti umani perpetuati prima e dopo gli accadimenti del 13 aprile 2021.
Queste le peculiarità senza precedenti all’atto di istituzione della Commissione d’Inchiesta: inclusione per la prima volta sia dei Territori Palestinesi occupati sia di Israele; continuità nel tempo; mandato ad ampio spettro.
Sono l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e il Consiglio per i Diritti Umani l’audience di primo accesso rispetto alla raccolta, l’analisi e l’elaborazione dei dati.
A poco più di un anno di distanza, il primo rapporto della Commissione va a condividere un verdetto che suona quasi preannunciato, ma ora autorizzato a prendere forma scritta e a rilevanza e risonanza internazionale.
Le 18 pagine di rapporto si basano sull’analisi che i tre membri nominati a carico della Commissione − Navanethem Pillay (South Africa), Miloon Kothari (India) e Christopher Sidoti (Australia) – hanno svolto con riferimento alle raccomandazioni effettuate da precedenti commissioni d’inchiesta e missioni esplorative, così come altri meccanismi d’inchiesta delle Nazioni Unite e i relativi dibattiti.
A integrare il lavoro di ricerca figurano due missioni (una a Ginevra e una in Giordania), così come consultazioni con diversi stakeholder e organizzazioni della società civile palestinesi e israeliane.
La mancata implementazione delle precedenti raccomandazioni, le tensioni politiche e le violenze rimangono al centro della ricorrente e sistematica violazione dei diritti umani, sia nei Territori palestinesi occupati che in Israele.
Riconoscendo l’asimmetria dei poteri in gioco nel conflitto, c’è forte evidenza empirica che Israele non abbia intenzione di porre fine all’occupazione, implementando al contempo chiare politiche per assicurare un completo controllo sui Territori occupati e per mantenere un ambiente repressivo per i Palestinesi e favorevole per i coloni israeliani (settlers).
Se da una parte l’impunità nei confronti di Israele continua ad alimentare il risentimento crescente da parte dei palestinesi residenti nei Territori occupati, l’Autorità palestinese ha fatto dell’occupazione israeliana la giustificazione per perpetuare ulteriori violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario e la ragione chiave per il fallimento delle elezione legislative e presidenziali, dimostrando un impegno e una dedizione decisamente opinabili nei confronti del rispetto delle normative internazionali.
Il rapporto ha rimarcato infine il mandato continuativo della Commissione, che si servirà di ulteriori inchieste, analisi e consultazioni con meccanismi di controllo giudiziario per una valutazione approfondita, oggettiva ed empirica – valutando in parallelo le responsabilità di Stati terzi e di stakeholder privati nelle continue politiche di occupazione forzata.
Un verdetto preannunciato, certo.
Forse un passo avanti verso una definitiva risoluzione del conflitto? La questione rimane ancora aperta.
Immagine di copertina:
Foto di Markus Spiske
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