La questione israelo-palestinese: tutto quello che c’è da sapere

La questione israelo-palestinese: tutto quello che c’è da sapere

Presentiamo una sintesi storica del conflitto israelo-palestinese. Vademecum necessario per l’analisi dell’attuale situazione di guerra.
7 Febbraio 2024
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La questione israelo-palestinese è ormai sulla bocca di tutti. Per non cadere in superficiali fanatismi e rischiare di falsare la realtà, è importante conoscere le storie dei due paesi e il modo in cui esse si sono intrecciate.

Benché sia legittimo e intellettualmente onesto prendere parte, è fondamentale per tutti, dai più ai meno radicali, conoscere luci e ombre delle due fazioni in conflitto, così da poter comprendere correttamente lo stato attuale delle cose.

La geopolitica è complicata e, per essere analizzata, va letta innanzitutto in modo logico, razionale e critico, lasciando da parte (almeno per un primo momento) l’aspetto etico.

La guerra crea sempre morti e in alcuni momenti storici è drammaticamente inevitabile. Non c’è errore, che non sia puramente umano, nel parteggiare e rivolgere la propria sensibilità verso una delle fazioni. Ma sostenere una causa senza avere le basi conoscitive e intellettuali per farlo è puro fanatismo. E il fanatismo non è utile né alla causa che si sceglie di sposare né, tantomeno, alla Pace.

La questione non può essere riassunta nella sua interezza e complessità con un articolo. Ciononostante, si propone un elenco di avvenimenti utile a fornire al lettore una conoscenza di base necessaria per comprendere, per lo meno a livello storico, la questione israelo-palestinese e il suo progressivo sviluppo, dalle origini fino a oggi.

Fine 1800
La nascita del Sionismo

Nasce ufficialmente in Europa, nel 1897, in seguito all’inasprirsi del fenomeno antisemita, il movimento politico sionista. Il suo scopo è quello di creare in Palestina una nuova nazione per il popolo ebraico garantita da leggi internazionali. Il suo fondatore è l’intellettuale ebreo Theodor Herzl.

Primi del 900
Inizio del sostegno britannico

La Gran Bretagna nutre profondi interessi politici in Medio Oriente: vuole contrastare e, possibilmente, invadere l’Impero Ottomano. La Palestina è una regione dell’Impero confinante con l’Egitto, territorio già politicamente controllato dagli inglesi.

La comunità ebraica convoglia al suo interno un gran numero di persone di grande spessore sociale; inimicarsela potrebbe rappresentare un problema politico per il governo inglese.

Nel 1917 viene firmata la Dichiarazione Balfour, il primo documento ufficiale con cui la politica britannica si impegna, in caso di vittoria, a consegnare parte del territorio palestinese al movimento sionista.

La questione israelo-palestinese: tutto quello che c’è da sapere
Foto di Cole Keister

1918
Il popolo Ebraico si insedia

Per la prima volta, gli ebrei sionisti iniziano una migrazione importante nel territorio palestinese, difesi e incoraggiati dal governo britannico tramite terre e fondi in denaro.

Da subito gli ebrei tentano di insediarsi, non solo a livello fisico, ma anche culturale. Chiedono a gran voce, per esempio, l’istituzione di un’Università sionista, così da poter formare una propria classe di intellettuali.

1919
Versailles

Con il Trattato di Versailles molti esponenti del mondo politico internazionale si espongono riguardo la questione. Il presidente statunitense Wilson, in particolare, dichiara di sostenere l’autodeterminazione dei popoli, appoggiando di fatto la causa palestinese. 

Nonostante ciò, nel 1922, la Società delle Nazioni sancisce la definitiva egemonia della corona britannica sul territorio di Palestina.

1920-1947
La lenta polarizzazione

Con l’intensificarsi dell’immigrazione e il rapido aumento della popolazione ebraica in territorio palestinese, la comunità araba inizia a nutrire forte astio nei confronti dei nuovi coloni.

Il movimento sionista è sostenuto militarmente ed economicamente dalla Gran Bretagna. Ciò gli consente di superare con molta disinvoltura le crisi sociali, politiche e ambientali che in questi anni riguardano il territorio conteso. In seguito alle forti carestie verificatesi, infatti, molti palestinesi si trovarono costretti a vendere i propri terreni agli ebrei, che invece godono di ampie risorse economiche. 

Tutto questo porta a una serie di scontri che accentuano le differenze tra i due popoli, radicalizzando gli abitanti da ambo i fronti.

L’Inghilterra si occupa molto poco della questione, permettendo, così, la nascita di gruppi militari e paramilitari (anche terroristici) da parte ebrea e da parte palestinese.

Nel 1937, in seguito a violenti scioperi avanzati dai palestinesi per denunciare il rifiuto di assunzione delle persone di etnia araba nelle fabbriche a conduzione ebraica, l’Inghilterra propone una prima suddivisione: il 20% a nord agli ebrei e l’80% alla popolazione araba.

Il territorio destinato ai secondi, seppur molto più ampio, è in gran parte desertico e quasi impossibile da coltivare, perciò i palestinesi rifiutano.

Il piano PEEL viene respinto anche dai sionisti che mirano alla conquista di tutta la Palestina.

Nel 1939, il Primo Ministro inglese Chamberlain propone una diversa soluzione: l’unione dei popoli, con rappresentanza politica proporzionale per le due fazioni, a supervisione inglese.
Gli ebrei non accolgono di buon grado la proposta, poiché limita il margine di guadagno nella compravendita di terre e, soprattutto, il flusso immigratorio ebraico verso la Palestina.

Con l’inasprirsi dell’antisemitismo europeo, dovuto alla definitiva ascesa dei movimenti fascista e nazista i sionisti si radicalizzano ulteriormente. Anche a causa del rifiuto di molti paesi (tra cui gli U.S.A.) di accogliere profughi ebrei nei loro territori, la Palestina diviene l’unica terra sicura per il popolo ebraico.

La propaganda nazi-fascista promette agli arabi indipendenza, radicalizzandoli. Complice è anche l’ulteriore ondata migratoria dovuta alla persecuzione antisemita che in quel momento si sta consumando in Europa.

La stessa Agenzia Ebraica sfavorisce una massiccia immigrazione sionista, selezionando all’ingresso gli ebrei che avrebbero potuto essere meglio utili alla costruzione del nuovo stato di Israele.

Nel 1946, tramite il piano Morrison, l’Inghilterra propone un’ultima soluzione che prevede la spartizione del territorio in 4 aree, ma questa viene presto accantonata.

Nel 1947, il governo britannico rinuncia al mandato in Palestina e presenta il problema al tavolo dell’ONU.

Nel novembre 1947, viene varata la proposta 181 dell’ONU, che prevede la concessione della maggior parte delle terre (56%), le più fertili, al popolo ebraico e le restanti a quello arabo (tolto l’1% di territorio neutrale internazionale).

Come è facile intuire, la risoluzione viene accolta con favore da parte dei sionisti e osteggiata da parte palestinese.

1948
NAKBA (catastrofe)

La NAKBA (catastrofe), così definita dal popolo palestinese, coincide con il periodo storico in cui ebbe maggior attuazione il piano di invasione e colonizzazione della Palestina da parte del popolo ebraico

La risoluzione 181 portò alla distruzione dei villaggi arabi e all’espulsione di massa dei suoi abitanti. Sono più di 700.000 i profughi palestinesi che si rifugiano in Cisgiordania e altri paesi arabi.

Il 14 maggio 1948, Israele si proclama indipendente.

La Lega Araba (in particolare Egitto, Arabia Saudita e Transgiordania) sostiene la causa palestinese, non inviando, però, forze sufficienti. 

Al termine della guerra Israele conta il 78% del territorio conteso.

11 maggio 1949
Israele è Stato

Viene riconosciuto dall’ONU lo Stato di Israele, in seguito anche a un accordo siglato tra i paesi arabi e gli israeliani.

La questione israelo-palestinese: tutto quello che c’è da sapere
Foto di Dave Herring

Anni ‘50

Nel 1950, a Est, la Cisgiordania viene annessa alla Giordania, mentre la striscia di Gaza finisce sotto il controllo dell’Egitto.

Nel 1951, Israele rifiuta i patti ONU accettati dai paesi della Lega Araba e negli anni successivi mette in atto sistematiche rappresaglie oltre il confine giordano

Nel 1955, Israele muoverà i primi attacchi anche nei confronti dell’esercito egiziano stanziato a Gaza.

Tra il 1956 e il 1957, inizia un attacco congiunto tra Francia, Gran Bretagna e Israele per la conquista del canale di Suez, nazionalizzato precedentemente dal governo egiziano. In questa occasione, nella striscia di Gaza, vengono compiuti vari massacri da parte israeliana. Le autorità denunciano più di 700 persone scomparse, probabilmente tutte uccise (a Gaza viene trovata una fossa comune contenente 39 corpi).

Nel 1959 nasce Al-Fatah, un’organizzazione politica e paramilitare palestinese, che si pone come scopo una ribellione popolare di massa contro il popolo colonizzatore.

Anni ’60 e ‘70

Nel 1964, nasce l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), a cui aderiscono i paesi della Lega Araba e Al-Fatah.

Dal 1966 al 1969, molti sono gli attacchi (terroristici e non) e le rappresaglie sia da parte di Israele sia da quella dell’OLP. La tensione in Medio Oriente è intensa. Nel 1967, per esempio, i paesi arabi tentano di invadere Israele, che si difende e respinge l’offensiva nell’arco di una settimana e conquista ulteriore territorio.

Nel 1969, la Commissione ONU per i diritti umani condanna lo stato di Israele per “le continue violazioni dei diritti umani” compiuti in territorio palestinese.

Nel 1973, in seguito ai continui scontri tra le due fazioni e alla guerra dello Yom Kippur, in cui Egitto e Siria attaccano Israele per tentare invano di riconquistare i territori persi in precedenza, l’ONU impone un cessate il fuoco, che seppur accettato da ambe le parti, non impedisce a Israele di continuare la controffensiva, che terminerà solo sotto minaccia dell’URSS con un armistizio.

Il resto degli anni ’70 sono corollati di innumerevoli episodi in cui il sangue scorre a fiumi, sia per parte palestinese che israeliana. Uno fra i tanti riguarda il tentativo di occupazione del Libano da parte di Israele del 1978, che conta almeno 4.000 vittime e l’80% dei villaggi del sud del Libano distrutti

Nello stesso anno viene firmato l’accordo di Camp David, sotto patrocinio statunitense, che prevede il ritiro di Israele dal Sinai (Egitto) e successivi negoziati di pace, solo parzialmente compiuti.

La questione israelo-palestinese: tutto quello che c’è da sapere
Foto di Emad El Byed

Anni ‘80

Nel 1980, contro il diritto internazionale Gerusalemme viene proclamata città “intera e unificata” capitale di Israele.

Tutti gli anni ’80 sono caratterizzati da violenti scontri. Le ingerenze da parte degli stati esteri come USA e Italia non mancano.

Nel 1987, scoppia l’Intifada (rivolta) da parte dei palestinesi nei confronti dell’oppressione israeliana. Violenze e repressioni caratterizzano questo avvenimento; i morti sono160 tra gli israeliani e 2000 tra i palestinesi.

Nello stesso anno nasce Hamas, organizzazione politica antisraeliana e radicale che cavalca il sentimento stanco della popolazione e offre aiuto agli innumerevoli deboli palestinesi; dal punto di vista militare, però, inizia da subito a compiere atti intimidatori e veri e propri attentati nei confronti del popolo israeliano.

Dagli anni ‘90 a oggi

1993
Presunta pace

Rabin (Primo Ministro israeliano) e Arafat (Presidente palestinese) firmano un accordo di pace. Si parla degli Accordi di Oslo.

L’OLP dichiara di dissociarsi da qualsiasi atto terroristico passato e futuro e riconosce l’esistenza dello stato di Israele. Israele riconosce l’OLP e il diritto dei palestinesi ad avere uno stato proprio, parte in Cisgiordania e parte a Gaza.

Tra il 1994 e il 2000 Israele vive diversi momenti: a partire dall’assassinio del presidente Rabin da parte di un ebreo radicale i cambi di governo e gli scandali non sono di poco conto. 

2000
Nuova Camp David

Il Primo Ministro israeliano Barak e il Presidente Arafat riprendono le trattative. Barak offre ai palestinesi buona parte della Cisgiordania e Gaza, ma Arafat rifiuta l’offerta senza proporre alternative. I motivi della controversia non sono del tutto chiari, ognuna delle due parti offre ragioni differenti.

In seguito a una provocazione militare attuata dal Generale Sharon sulla Spianata delle Moschee, il popolo palestinese insorge e si verifica la Seconda Intifada.

A fine anno Barak si dimette e il popolo israeliano viene chiamato alle urne: viene eletto Sharon.

2005
Ritirata

Sharon ritira le truppe israeliane da Gaza e accetta il principio dei due popoli, due stati.

A fine anno Sharon viene colpito da un grave male e gli succede Netanyahu, che contrasta ogni possibilità di pace tramite attacchi e insediamenti territoriali di impronta coloniale.

2006
Hamas

Il popolo palestinese, radicalizzato da anni di soprusi, elegge Hamas. Esso è stenuto economicamente e politicamente dal futuro Primo Ministro Netanyahu (allora solo Ministro) con lo scopo di indebolire i moderati palestinesi e l’OLP e incentivare lo scontro.

Questo provoca una guerra civile combattuta politicamente e militarmente tra fazioni interne, che indebolisce ancor più il popolo e la politica palestinese.

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Foto di Ash Hayes

Dal 2009 al 2023
Benjamin Netanyahu

Dopo un breve periodo da già Primo Ministro negli anni ’90, Netanyahu (Presidente del Likud – partito nazionalista e di estrema destra liberale) viene rieletto e mantiene la guida del paese, quasi ininterrottamente, fino a oggi.

Proveniente da una destra radicale, il nuovo Presidente sembra avere un solo scopo: riportare ai massimi storici lo scontro tra Israele e Palestina e sabotare qualunque precedente tentativo di pace.

Negli anni, incoraggia l’occupazione civile di suolo palestinese in Cisgiordania con l’ausilio dell’esercito; sostiene politicamente ed economicamente il partito Hamas per indebolire l’ala palestinese più moderata (OLP e Abu Mazen); compie svariati crimini (spesso giudicati contro l’umanità da parte di organizzazioni internazionali) tramite l’utilizzo delle forze armate a danno del popolo palestinese.

7 ottobre 2023
Attentato

Gli anni passati a torturare i palestinesi provocano un’ulteriore radicalizzazione della popolazione e portano alla crescita smisurata dell’organizzazione e partito Hamas, che compie il terribile attentato che tutti conosciamo.

In quel momento l’esercito israeliano è occupato in altre zone, come la Cisgiordania, per continuare a perpetuare i piani colonialistici del Presidente Netanyahu. Le difese militari ai confini con Gaza sono deboli. 

Si compie, così, la più grande strage di civili che la storia di Israele abbia mai visto.

Israele risponde bombardando indiscriminatamente la popolazione palestinese a Gaza, senza distinguere gli attentatori dai civili, e facendo strage di una popolazione composta per il 75% da minori di 25 anni.

Israele ha anche controllo sulle risorse in ingresso a Gaza e condanna la popolazione alla fame e alla sete, interrompendo la fornitura di cibo, acqua e risorse energetiche. 

In questo momento, più che mai, la descrizione di Gaza come prigione a cielo aperto, voluta da diverse organizzazioni internazionali, è inattaccabile ed esaustiva.

Immagine di copertina:
Foto di Timon Studler


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