Tutti pronti per il 13 maggio: in partenza a Pra’ il Cravastreet Fest, prima edizione del festival dedicato a street food, graffiti e attività ludiche. Dalle 12 alle 24, si susseguiranno laboratori, tornei di calcio e tennis, spettacoli per bambini e musica dal vivo, tutto accompagnato da golosi food truck.
Dalle 15 alle 19 occhi puntati sui neo muri liberi (I Muri di Libera Espressione), perché contemporaneamente alle altre attività, ci sarà la Get Down Graffiti Jam, una sessione di graffiti alla quale parteciperanno artisti da tutta Italia.
Ho scambiato due parole con Antonio Mura, in arte Rois_one, organizzatore della Get Down Graffiti Jam.
Come nasce questa jam?
L’evento nasce dalla voglia e necessità di promuovere la libera espressione nella mia città e dal desiderio di condividere una giornata e un’opera con tanti artisti diversi. Nasce da un’esigenza di libertà. Mancano infatti gli spazi idonei per poter dare ampio sfogo alla creatività individuale. Per i writers, l’alternativa al dipingere nell’illegalità è una via tortuosa e sfiancante.
Un esempio? L’unico modo per poter dipingere legalmente in spazi pubblici è attivare un patto di collaborazione intestato a un singolo o a un’associazione, oppure fare affidamento a qualche privato illuminato che decide di concedere i propri spazi agli artisti. E nessuna delle due cose è così scontato che avvenga.
Tu hai un patto di collaborazione con il municipio I Centro-est per i giardini Baltimora, se non erro…
Avevo. Nel 2018 ho stretto questo patto per poter lavorare sui muri allora degradati dei Giardini Baltimora, mettendo su carta la piena libertà di azione.
Ciò significava eliminare la necessità di avere un progetto fermo negli uffici comunali per mesi prima di ricevere l’autorizzazione a procedere, e quindi avere piena autonomia nel disegnare e nel modificare le mie idee man mano che prendevano forma.
Nel 2019 però, una mattina arrivo ai giardini e trovo un operaio che cancella una delle mie opere: mi spiega che, nell’ottica della riqualificazione che stava investendo l’area, il Municipio I aveva deciso di rimuovere tutte le opere presenti. A me però non è arrivata alcun avviso di cancellazione; ho dovuto aspettare 2 giorni per vedere tra le mie mani l’avviso di inizio cancellazione e 4 per assistere inerme alla revoca del patto di collaborazione.
Il Municipio ha in seguito giustificato la cancellazione evocando un presunto vandalismo sui miei disegni – cosa che, se vera, avrei potuto benissimo riparare io stesso come facevo regolarmente e gratuitamente dal 2018.
Come reputi oggi lo strumento del patto di collaborazione rivolto agli artisti come te?
Dai fatti del 2019 sono rimasto scottato, ma ho deciso di reagire. Ho riunito writers liguri e non, giovani e meno giovani, associazioni, comitati e curatori d’arte per discutere di questo fatto e dello stato della libera espressione a Genova.
Abbiamo convenuto tutti quanti che, per i writers, ma anche per tutti i cittadini, la libertà d’espressione è una necessità personale. E’ la chiave con la quale è possibile aprirsi al pubblico, creare dei momenti di condivisione gratuiti tra persone e magari far riflettere.
Il mio patto di collaborazione del 2018 è stato complicato da stendere, a posteriori anche da gestire. L’unico intestatario ero io, e solo io avevo l’autorizzazione a lavorare su quei muri; qualora avessi voluto far disegnare altri writers, avrei dovuto assumermene io la responsabilità. Oggi, ho compreso che quel patto è stato un inizio, sicuramente perfezionabile, ma che poteva anche essere sfruttato come guida e ispirazione per crearne di nuovi, più completi e meglio redatti.
E ciò è successo per il patto di collaborazione del Municipio VI Medio Ponente per i muri di libera espressione di Pra’. In quel caso è stata poi bravissima DrinaA12 ad “aprire” il patto per renderlo davvero libero.
Noto nelle tue parole il ricorrere del concetto di libertà. In quali modi un artista può venire limitato?
Banalmente dalla scelta dei temi e contenuti da portare, per esempio. O per i colori utilizzati. Oppure attendendo un’autorizzazione che non arriva mai. Ad Alassio è capitato recentemente un fatto che reputo grave, ma assai esemplificativo della concezione della street art da parte dei non addetti.
Roberto Collodoro, in arte Robico, artista siciliano, è stato costretto a modificare una sua opera, non considerata conforme ai colori del paesaggio circostante secondo il parere della sovraintendenza.
Un’artista che si esprime non può essere sottoposto al vaglio della paesaggistica, non è un ingegnere che sta tirando su un palazzo.
Questo è stato un caso particolare, ma non isolato e fa riflettere sulla concezione della street art (e dell’arte in generale) che hanno le amministrazioni pubbliche. L’amministrazione non comprende che l’arte urbana è frutto della sensibilità dell’artista, ma la tratta invece come una pubblicità a cui eventualmente modificare dei pezzi, come si cambierebbe il carattere a un testo, svilendo così tutto il lavoro fatto dall’artista.
Addirittura, nella nostra città pare che gli uffici della paesaggistica, oltre a scegliere i colori dei disegni e vagliare se i temi sono adeguati, rigetti sistematicamente tutte le opere legate al lettering (ndr. stile di disegno con elaborazione di lettere): un grave danno se pensiamo che la quasi totalità degli artisti parte da quel percorso.
Quindi diciamo che chi vuole fare un opera di graffiti e street art deve creare una documentazione e passare sotto un vaglio amministrativo del tutto simile a un architetto che deve costruire un palazzo, tutto a proprie spese.
Non dimentichiamo inoltre tutte quelle attività che utilizzano la street art con giovanissimi e adolescenti, donando loro uno scopo sociale ed educativo: anche in questo caso si assiste allo stesso procedimento amministrativo, iter assurdo se deve essere affrontato da un ragazzo di 13 anni.
Secondo te, quindi, esiste un modo per far lavorare in comunione artisti e amministrazioni?
Sicuramente si deve lavorare per fornire agli artisti gli spazi adatti dove poter agire in legalità. Attualmente i muri liberi a Genova sono solo in una piccola isola felice a ponente, per carità, già un successo. Ma non sono sufficienti. A Quezzi per esempio c’è un grande fermento di giovani writers, ma il primo muro di libera espressione è a 29 km di distanza da loro. Come devono fare questi artisti?
Guardando le città a noi vicine, a Milano ci sono più di 100 muri liberi e sul sito del comune c’è un’apposita sezione dove sono inseriti gli indirizzi e le informazioni su come raggiungerli. Negli ultimi 20 anni, più di 20 città da Nord a Sud del nostro paese hanno creato percorsi di liberalizzazione.
Per Genova, ormai il tempo perduto non può più essere recuperato.
Nel lungo periodo però, la soluzione potrebbe essere quella di avviare un progetto pilota gestito dall’amministrazione centrale, che abbia alle spalle un vero e proprio disegno amministrativo con l’individuazione e lo sblocco di zone adeguate alle necessità dei writers, anziché dei casi singoli ed eccezionali.
Nell’immediato invece, l’unico modo che i writers hanno per lavorare in sicurezza è quello di sfruttare i muri liberi già esistenti solo ed esclusivamente a Voltri e Pra’. Ecco perché ho pensato alla Get Down Graffiti Jam.
Che cosa ti aspetti da questa jam?
Get Down Graffiti Jam vuole essere un tributo a tutti quelli che nonostante le enormi difficoltà legate all’espressione libera continuano a impegnarsi negli spazi pubblici per portare avanti il loro percorso artistico e personale: è un invito per far vedere a tutti che la necessità di espressione è forte qui come nella altre città.
Penso che sia fondamentale continuare a lavorare con le amministrazioni che hanno capito l’importanza di questi luoghi per sensibilizzarne altre. Creare un fronte unito e far capire che gli spazi liberi sono necessari, che anzi quelli presenti ad oggi non sono sufficienti a coprire il bisogno di libertà e crescita degli artisti genovesi.
Vi aspetto in Via Cravasco sabato 13 maggio!
Immagine di copertina:
Foto di Rois_one
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