Posidonia Oceanica Genova

Elogio della Posidonia oceanica

Una pianta tipica della nostra costa che nelle varie fasi della sua vita cambia forma più volte, ma trova sempre il modo per essere utile.
12 Febbraio 2021
2 min
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Buffe e soffici pallette marroni, adagiate sul litorale. Le avete presenti? Si accumulano sulla spiaggia spesso dopo una mareggiata e stanno lì, placidamente. Il classico fenomeno curioso che attira l’attenzione e scatena opinioni, storie, ipotesi e discussioni.

E se il ventaglio delle possibili origini è stato spalancato dai conciliaboli dei passanti, così la lista dei nomi attribuiti a questi soggetti/oggetti diventa sempre più lunga: polpette di mare, palle di mare, patate di mare, palle di Nettuno, kiwi di mare, per non parlare dei più genovesi Delile stuppinelli. Sebbene meno divertente, il nome ufficiale scientifico dei nostri tondi amici è egagropilo e questi non sono altro che ammassi di fibre prevalentemente di Posidonia oceanica, una pianta acquatica. Mi raccomando una pianta e non un’alga! Per quanto simili morfologicamente, le alghe sono organismi molto più semplici, sprovvisti di radici, fusto, foglie, frutti, fiori e tessuti di conduzione. 

Okay, ai botanici abbiamo messo l’anima in pace. Ma al lettore, che ancora segue i miei sproloqui sull’egagropilo, giustamente verrebbe da pensare: beh ma sti cazzi?.

Adesso vi dico perché queste polpette non sono solo simpatiche, ma persino cool.

Partiamo dalla notizia, quella fresca fresca. Uno studio spagnolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Scientific Reports ha evidenziato come la posidonia sia in grado di acchiappare e intrappolare significative quantità di fibre di plastica e microplastica. Chiaro, non lo fa volontariamente; ma questo suo gesto potrebbe rivelarsi veramente solidale nei confronti di noi umani, che in questa storia deteniamo la poco encomiabile parte degli inquinatori, prima, e osservatori, poi. 

Posidonia Oceanica Genova
Processo di accumulo della plastica da parte degli egagropili. Immagine Scientific Reports

In pratica, accumulando plastica, la pianta si indebolisce e muore, staccandosi dal fondale. A causa del moto ondoso, le fibre di posidonia “arricchite” di plastica formano le famose palle che arrivano a riva, ripulendo il mare dalla plastica. Insomma, si tratta di un vero e proprio sacrificio!

A quel punto la proverbiale palla passa ai ragazzi salva-spiagge di Black Bag, che se ancora non conoscete vi invito a conoscere grazie all’intervista ad Andrea, uno dei fondatori (The Black Bag – tiâ sciù a ruménta).  

Posidonia Oceanica Genova
Plastica intrappolata nelle palle di Nettuno. Immagine Scientific Reports

Se ovviamente non possiamo pensare di affidarci alle sole Delile per ripulire il mare dalla plastica, sappiate che le sorprese non finiscono qua.

Gli stuppinelli, infatti, hanno anche tante applicazioni intelligenti. In questo senso, noi umani ci rifacciamo un po’. Sono impiegati come ammendanti e fertilizzanti in orticoltura e floricoltura. L’azienda sarda Edilana li ha trasformati in pannelli che offrono ottime prestazioni come isolanti termici ed acustici, nel campo dell’edilizia. Infine, la veneta Favini li usa come materiale di riciclo per la sua carta da scrivere Carta Alga.

Posidonia Oceanica Genova
Pannelli isolanti. Foto di Edilana – LANAturale Edilizia

La posidonia, quindi, si rivela essere una pianta dai mille usi alla fine del suo ciclo vita. In realtà è importantissima anche da un punto di vista ecologico quando ancora ancorata al fondale, poiché offre protezione e nutrimento per molte specie animali e vegetali, oltre a ripulire i mari non solo dalla plastica, ma anche dalla CO2

Niente male, eh, ‘sti kiwi di mare?

Immagine di copertina:
Foto di Ulrike Leone


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Formazione scientifica basata su liceo scientifico e lauree in biotecnologie e biotecnologie industriali. Appassionato di comunicazione ha svolto una scuola di comunicazione scientifica per 6 mesi. Ha anche un canale YouTube di divulgazione scientifica. Non si interessa solo di scienza ovviamente, ma è il terreno dove si muove meglio e che crede, ancora un po’ romanticamente, di voler condividere con un pubblico più largo possibile.

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