Registro delle Famiglie

Quando si discrimina una maggioranza

La tutela delle minoranze è un principio cardine delle democrazie moderne. Cosa succede quando, invece, è una maggioranza ad essere discriminata? Analizziamo il caso del “Registro delle Famiglie”, istituito a Genova nel settembre 2018.
11 Maggio 2020
5 min
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La Giunta di centrodestra approva l’istituzione del “Registro delle Famiglie”. Forte dell’unità e coesione derivante dalle misure prese in conseguenza alla caduta del Ponte Morandi, la Giunta Bucci ha messo in atto una politica più che discutibile riguardo all’assistenza sociale e al ruolo della famiglia.

Brevemente, il Comune di Genova prevede l’iscrizione ad un registro di nuclei familiari composti da due genitori sposati, con rito civile o religioso, oppure separati ma ancora conviventi. Priorità viene data ai nuclei con figli a carico (specie se minori), anziani o persone con disabilità. I vantaggi che derivano dall’iscrizione a questo registro sono di natura economica e fiscale sui servizi pubblici offerti dal Comune di Genova: AMT, Genova Parcheggi, pratiche anagrafiche, servizio taxi, assegnazione case popolari e persino accesso alle ZTL.

Non si capisce secondo quale criterio chi è sposato abbia più diritto ad entrare nelle zone a traffico limitato, o abbia priorità per l’assegnazione di una casa popolare, rispetto a un genitore single, o a una coppia di conviventi. Di fatto, questa discriminazione non è operata contro una minoranza, come quella ad esempio delle unioni di fatto, o delle unioni civili tra persone dello stesso sesso.

Il registro, secondo una spietata ideologia tradizionalista, esclude i genitori single, divorziati, vedovi; quelli conviventi ma non sposati, quelli sposati ma non conviventi. Insomma, la maggioranza dei nuclei famigliari!

Non solo l’Arcigay ha quindi interessi ad alzare la voce: le unioni civili di coppie omosessuali a Genova rappresentano solo il 4% delle nuove unioni nel 2018. La stragrande maggioranza degli esclusi comprende cittadini che, per caso o per volontà, siano rimasti soli con figli a carico (circa il 20% dei nuclei famigliari), o non abbiano ufficializzato il legame con il proprio partner tramite quel contratto, che spesso dimentichiamo essere tale, chiamato matrimonio.

Le opposizioni, che si sono mostrate solidali al Governo di Palazzo Tursi durante l’approvazione delle misure di emergenza riguardanti la tragedia del crollo del ponte, hanno dapprima protestato in aula, hanno poi invocato l’aiuto di associazioni e sindacati che erano stati esclusi dall’audizione.

Le proteste, partite da una rumorosa manifestazione a base di pentole e stoviglie e culminate in una interrogazione parlamentare al Parlamento Europeo, non hanno però sortito gli effetti desiderati: nessun clamore mediatico, nessuna ondata di indignazione.

Registro delle Famiglie del Comune di Genova, presidio di protesta all’Anagrafe. Foto di Genova ToDay

È vile prassi promulgare leggi controverse in situazioni di emergenza, poiché se la popolazione è focalizzata sulla tragedia, difficilmente si interessa ad altre questioni considerate meno prioritarie. In poche parole, si sfrutta il benaltrismo: “c’è ben altro a cui pensare!!!”. Un’altra ipotesi per giustificare ciò richiama la teoria di Milton Friedman, ideatore del neoliberismo, che sostiene che “lo shock [fa] diventare politicamente inevitabile, ciò che è socialmente inaccettabile”.

Ma torniamo all’interrogazione presentata al Parlamento Europeo. La questione in dibattito è la validità della norma nel rispetto dell’articolo 2 della carta fondamentale dei diritti dell’UE, che prevede il rispetto dei diritti umani, delle minoranze e che combatte ogni sorta di discriminazione in nome della tolleranza, della giustizia, della solidarietà e dell’uguaglianza. La risposta europea non si è fatta aspettare:

Spetta alle autorità italiane, comprese quelle giudiziarie, di garantire che i diritti vengano effettivamente tutelati conformemente alla Costituzione italiana e ai trattati internazionali sui diritti dell’uomo.

In soldoni, il provvedimento non è contro la carta fondamentale dei diritti dell’UE e non viola l’articolo 2. Inoltre, spetta allo Stato italiano far rispettare i trattati internazionali sui diritti dell’uomo. Quindi, so’ cazzi nostri. Grazie Bruxelles.

L’unica fonte pronta a sostenere il provvedimento preso e che nega l’opposizione creatasi, è Famiglia Cristiana. Non ne dubitavate, eh? Nell’articolo si sostiene che i benefici riservati alle famiglie iscritte al registro “sono intesi come automaticamente estesi anche alle altre formazioni sociali tramite atti e disposizioni dell’amministrazione comunale”. Ma se fosse davvero così, perché sottintenderlo? Se si volessero cioè sostenere i nuclei famigliari, non si potrebbero direttamente includere tutti i nuclei nel registro, evitando così discriminazioni, invece di creare provvedimenti ad hoc per i vedovi, gli omosessuali e i divorziati?

La discriminazione delle forme cosiddette “moderne” di parentela diventa ancora più anacronistica quando si legge il rapporto governativo “Famiglia e Riproduzione. Modelli socio-culturali di comportamento sulla fecondità.” Qui, si mette in luce un modello famigliare mediterraneo caratterizzato da legami familiari forti tra i componenti del nucleo, a prescindere dai componenti stessi. Non importa cioè CHI è membro della famiglia, ma COME si relaziona con i propri parenti.

Questo studio delinea un modello mediterraneo, e poi specificatamente uno italiano, di rapporti intra-familiari. Secondo una metodologia antropologica moderna, si quantifica il tempo dedicato all’educazione dei figli, la presenza di nonni nella vita familiare, la vicinanza abitativa dei componenti, l’età di abbandono del nucleo da parte dei figli, la dipendenza economica tra le diverse generazioni.

Questi sono i fattori considerati per analizzare statisticamente la famiglia italiana. E come è evidente, non si menzionano stato civile e preferenze sessuali dei suoi membri, ma piuttosto il loro comportamento reciproco.

Due famiglie italiane, che siano esse “tradizionali” o “moderne”, si comportano sostanzialmente alla stessa maniera, se comparate con le famiglie nord-europee. I paesi del Mediterraneo sono caratterizzati da legami familiari forti, che si tramutano in obblighi morali e materiali nei confronti dei parenti. In altre parole, il gruppo familiare ha priorità sull’individuo. Al contrario, in Scandinavia o in Europa Centrale, la libertà individuale ha priorità su ogni altra cosa, compresi i legami di sangue.

La differenza tra questi due modelli nasce, secondo gli autori del report, dai diversi gradi di assistenza da parte dello Stato nei confronti delle fasce deboli, cioè principalmente anziani e bambini. Nei paesi con un welfare debole, come nell’Europa meridionale, i nuclei familiari sono necessariamente uno scudo dalle avversità socio-economiche che li circondano. Il senso di appartenenza alla famiglia compensa la mancanza di un ammortizzatore sociale esterno, fornito altrove dallo Stato.

Concludendo, gli autori propongono al governo una serie di proposte che possano sostenere le famiglie italiane e combattere il fenomeno della bassa natalità. Non vi stupirete nello scoprire che nessuna di queste implica la restaurazione del modello di famiglia tradizionale a discapito di tutte le nuove forme di parentela. Al contrario, il primo punto suggerisce di prevedere “una società dalle molteplici configurazioni familiari e forme di organizzazione domestica”. E a quanto risulta, i due ricercatori del CNR commissionati dal Ministero della Famiglia per la redazione di questo report, non sono iscritti all’Arcigay o a Lotta Comunista.

Il provvedimento del “Registro delle Famiglie” ristretto ai cittadini uniti dal vincolo del matrimonio non è quindi una soluzione normativa supportata da basi scientifiche. Diverso sarebbe se gli incentivi economici e fiscali fossero estesi a tutti i nuclei familiari.

Mi sono sforzato di trovare scientificità in un provvedimento che, a fine disquisizione, sembra unicamente un vano tentativo di restaurare un modello di famiglia tradizionale, senza guardare in faccia alla realtà sociale contemporanea. La discriminazione, in questo caso di una maggioranza, è assai pericolosa perché non tende a “normare” una abitudine consolidata ma piuttosto ad avvantaggiare una precisa fetta della popolazione, in questo caso in naturale diminuzione, a discapito dell’altra.

È come se si provasse ad arginare l’esondazione di un fiume deviandone il percorso, invece di preoccuparsi della mancanza di argini nel suo letto naturale.

Credo fermamente che le politiche governative siano tenute a leggere i trend evolutivi della società ed agire di conseguenza, per favorire la convivenza civile e diminuire al minimo la conflittualità. Non credo invece in uno stato etico, hegeliano, che impone la sua dottrina perché ritenuta giusta, in maniera dogmatica, al di là di efficacia, funzionalità e scientificità. E quando, come seppur sottilmente avviene con il “Registro delle Famiglie”, il potere burocratico ci dice che il matrimonio è bene e le altre forme di convivenza sono male, Hegel trionfa su Hobbes, e l’assolutismo l’ha vinta sul contrattualismo.

La tavola democratica è apparecchiata, la cena morale è pronta, manca solo l’ospite dittatoriale che se ne ingozzi, e poi se ne strozzi. Perché se è vero che la storia è ciclica, impareremo nuovamente a respingere l’intruso all’uscio solo dopo che ci è morto in casa. Nel frattempo, l’ospite si è sbafato tutto e dovremo riapparecchiare la tavola da zero.

Immagine di copertina:
Jill Wellington


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Laureato in Ingegneria Civile e Ambientale all’Università di Genova, si è specializzato in Pianificazione del Territorio all’Università Leibniz di Hannover. Socio fondatore e Project Manager dell’Associazione Culturale CDWR, attraverso la quale diffonde una cultura nuova di rigenerazione urbana.

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