Spiegazione scientifica

Formaggio, 5G, Nicolas Cage e la spiegazione scientifica

Cosa c’entra Nicolas Cage con i morti annegati in piscina? E il 5G con il diffondersi del Coronavirus? Alcune indicazioni su cosa vuol dire “spiegazione scientifica”.
2 Maggio 2020
4 min
1.7K views

Non so se l’avete mai incrociato, ma ormai da tempo c’è in giro un video, fatto bene, che racconta in maniera divertente quella faccenda un po’ fastidiosa per cui,  a seguire quello che dice “la scienza”, si finisce più confusi di prima.

Da una parte, c’è una ricerca che dice che se mangi una certa cosa – tipo la carne rossa – rischi la vita; dall’altra, una ricerca che dice che se non la mangi, beh: rischi la vita. E via così…

Finisce che sembra come durante il pranzo della domenica, in cui ognuno dice la sua, e allora tanto vale sentiamo che ne pensa Chiara Ferragni (per dire, eh). Oppure, magari, sentiamo che ne dice quel sito che sembra fatto bene e che è “indipendente” dai soliti circuiti istituzionali e accademici: e su quel sito troviamo l’intervista a un “esperto” a capo di “un importante istituto di ricerca” che spiega come ci sia “oggettivamente” una “connessione” tra l’aumento di un fenomeno – tipo il 5G – e la diffusione di un altro – tipo il coronavirus.

Come la mettiamo?

Se è un esperto di un centro di ricerca e i dati sono effettivamente oggettivi, cioè risultato di calcoli matematici che possiamo magari vedere mostrati su di un grafico, delle due l’una: o i calcoli sono sbagliati oppure la cosa è vera. Ma se è esperto, avrà mica sbagliato i calcoli. Quindi quella roba è molto probabile che sia vera? Mah, nel dubbio, “facciamo girare”.

Riassumiamo:

  1. non ci si può più fidare della “scienza” perché ormai dice tutto e il contrario di tutto, quindi,
  2. si finisce su siti indipendenti che sono quanto più seguiti quanto più si allontanano dalla scienza ufficiale;
  3. su questi siti si trovano spiegazioni di esperti che utilizzano gli stessi strumenti (dati, grafici, ecc.) ma privi del controllo dei circuiti della scienza ufficiale e quindi,
  4. alla fine, diventano di fatto come l’opinione di un qualunque commensale al pranzo della domenica.
  5. Risultato: l’opinione del commensale viene “fatta girare”, letta e commentata e diventa una posizione da discutere insieme ad altre.
    Et voilà.

Ora non è che qui possiamo risolvere la questione complessa del rapporto tra comunicazione scientifica e social media. Però possiamo cominciare da due facili mosse che aiutano a fare un po’ di chiarezza sul problema: una c’entra con Nicolas Cage e il formaggio, l’altra con il significato di “spiegazione scientifica”. 


Prima mossa:

Il fatto che due fenomeni siano “oggettivamente” connessi o correlati, tipo l’installazione di antenne 5G e la diffusione del Covid-19 (e qui facciamo finta che ci sia correlazione tra i due) non vuol dire niente. Chi si occupa di cose (per me) molto noiose come la statistica (cioè l’applicazione dei calcoli matematici di cui sopra) conosce bene l’espressione “correlation is not causation”. Che vuol dire che la correlazione tra due fenomeni (quando c’è uno c’è anche l’altro) non implica un legame di causalità (cioè che uno c’è, perché c’è l’altro).

E qui veniamo a Nicolas Cage, le piscine e il formaggio. Vi prego, andate su questo sito e guardate: c’è tutto, dati, grafici, curve colorate, eccetera. I calcoli sono giusti, assicurato. E ci sono cose bellissime: una correlazione tra le apparizioni cinematografiche di Nicolas Cage e il numero dei morti annegati in piscina; il consumo pro capite di formaggio e i morti strozzati dalle lenzuola nel proprio letto e altre cose commoventi.

Oggettivamente correlati? Sì. Quindi uno causa l’altro? Sarebbe bello e romantico un mondo fatto così, ma la risposta è no.

Morale: se un “esperto” dice (o fa intendere, che è uguale) che poiché c’è “oggettivamente” una correlazione tra due fenomeni, allora c’è un legame causale, possiamo capire subito che non si tratta di un esperto (almeno non esperto nel fornire spiegazioni attendibili su quella materia). Sembra poca roba, ma anche solo con questa ci si può difendere da una quantità incredibile di cosiddette fake news.


Seconda mossa:

La questione della spiegazione scientifica. Ora, qui potrebbe essere complessa, quindi vediamo di semplificare di brutto: prendete la divisione tra “verità scientifica” da una parte e opinione del commensale (cioè, praticamente, le fake news e le teorie del complotto) dall’altra. Da una lato la verità, dall’altro la falsità di chi non sa di cosa parla.

Ce l’avete bene in mente questa separazione?

Ecco: buttatela via. So che è brutale detta così, ma considerate questo: le più grandi invenzioni umane e le più solide comunità della storia si sono fondate su gigantesche fake news. Allora, per dirla in due parole, più che inseguire una verità scientifica cercando affannosamente di tenersi lontani dalla falsità di racconti popolari, decidiamo che tipo di finzione  ci interessa ascoltare – una narrazione scientifica o una narrazione letteraria? – e scegliamo il racconto più verosimile, cioè più coerente con il tipo di finzione che stiamo cercando.

Ci sarà allora lo storytelling  scientifico costruito – se fatto bene – con sofisticate tecniche statistiche e matematiche; e lo storytelling  popolare o complottista costruito – se fatto bene – con raffinate tecniche narrative.

Non è una questione di verità, quanto una questione di verosimiglianza. Se volete una spiegazione scientifica, cercate narrazioni fatte da chi sa fare quel lavoro (e non considera Nicolas Cage responsabile delle morti in piscina); se volete una buon racconto su quanto succede nel mondo, cercate chi sa costruire buoni racconti (magari un po’ più avvincenti di quelli del tipo: il cattivo è il capo della multinazionale, o i cinesi o l’esercito americano) 


Ecco, contro un certo modo di pensare a una guerra di trincea tra la verità di un’élite di scienziati e le falsità del popolo ignorante, potremmo seguire il consiglio di Carlo Ginzburg – uno che sta al mondo della storiografia e della cultura contemporanea come Messi sta al gioco del calcio, per capirci – che suggeriva di guardare al rapporto tra queste due forme di finzione come una continua contesa per la rappresentazione della realtà, fatta di tanto di sfide, quanto di prestiti reciproci e mutevoli ibridazioni. 

Quanto romanzo c’è, in effetti, nel racconto dei dati e dei loro grafici e quanta matematica, invece, nella presentazione di molte fake news?

Immagine di copertina:
Couleur


Scrivi all’Autorə

Vuoi contattare l’Autorə per parlare dell’articolo?
Clicca sul pulsante qui a destra.


Nasce e vive a Genova, dove ha studiato Economia e altre cose noiose. Finisce a lavorare a Milano, dove ora insegna Sociologia della cultura all’Università di Milano-Bicocca. Nel frattempo, ha scritto di cibo e altre cose divertenti su riviste scientifiche, quotidiani on line (Genova24.it) e su qualche libro (Carocci Editore). Per il resto, si dedica a due discipline antiche: arti marziali cinesi e degustazione di vino.

Smart working
Articolo Precedente

L’emergenza di cui il lavoro aveva bisogno

esempio albanese
Prossimo Articolo

Valorizzazione del territorio: l’esempio albanese

Ultimi Articoli in Large

TornaSu

Don't Miss