Io spero spero che tutte le altre | stiano bene. Che non sia generale crepacuore.
Questa poesia si trova a pagina 85 della raccolta “Le giovani parole di Mariangela Gualtieri” (Einaudi, 2015), ed è da qualche anno la mia poesia per la giornata dell’8 marzo: mi girano in testa le parole mentre la giornata arriva e passa, mentre lavoro, mentre sono in corteo, mentre scrivo alle mie amiche, mentre compro la mimosa e penso a quanto sarebbe più bello raccoglierla in campagna.
L’8 marzo è un giorno che mi piace molto.
È un giorno in cui, più di tutto, mi sento connessa alle altre. In cui sento la forza delle lotte, delle ingiustizie, di adesso e del passato, sento che oggi è un pezzo di un percorso collettivo.
La poesia mi parla proprio di questo, di connessione, con pochissime parole che ne contengono un’infinità: “Io spero spero (quanto è intensa questa ripetizione!) che tutte le altre stiano bene”, anche quando è evidente che così non vada bene.
Spero spero di non sentirmi sola, di essere accolta, di saper chiedere aiuto, e di trovarlo.
Spero spero di sentire le altre, che le altre siano mie compagne, che ci scrolliamo via di dosso la competizione e la rivalità, spero che ci rendiamo conto di quando invece ci succede di sentirci superiori, più meritevoli degli spazi e dell’approvazione dei maschi.
Spero spero di sentirci tutte insieme e mai divise, tuttɜ lɜ altrɜ, vicine e lontane, sorelle e sconosciute, coetanee e anziane, vive e morte, simili e diverse, e che sia limpido sapere che si va avanti solo tutte insieme.
Spero che le altre stiano bene, e che quando io sto male non mi sia di alcuna consolazione sapere che altre stanno peggio di me. E se stiamo male tutte, spero “Che non sia generale crepacuore”.
‘Crepacuore’ sembra una parola inventata, un male finto, un dolore spirituale: è la parola comune per una sindrome in cui si è angosciate a tal punto che il cuore si altera, cambia battito, non pompa il sangue, come un infarto ma con le coronarie in ottima salute, ne soffrono le donne, tante ne muoiono.
Se stiamo male tutte, che questo male sia collettivo, che ne siamo consapevoli, che ci dia energia, come guardando il fuoco che bruciava all’inizio dell’inverno nelle piazze, come quando ci si abbraccia forte.
Quante parole per raccontare una poesia lunga una riga, quanto movimento.
È la cosa bellissima delle poesie: scoperta recente e importante che ha accompagnato il mio ultimo anno. In questi libricini bianchi tascabili pieni di orecchie alle pagine ho trovato tanta verità, sintesi perfette, chiarezza, tanto risuonare, parole che hanno così poco spazio.
Se c’è un modo di risuonare insieme alle altre, per me, è leggere insieme delle parole che parlano di noi, pensarsi nelle parole di un’altra.
Spero spero che tutte le altre stiano bene e che stiamo insieme veramente, ci lasciamo attraversare insieme dalla rabbia, dal dolore, e da una grande, libera, gioia, che scioglie il cuore angosciato, che fa stare bene così, sempre con le parole di Gualtieri (una poesia al giorno):
Tutte le particelle insieme sobbalzano | un istante – quasi rammentando una | sgomentante felicità.
Immagine di copertina:
Grafica wall:out magazine su foto di Emanuela F.
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