Ciao a tutti, il mio nome è Micaela e ho una lunga e onorabile carriera da atleta nella categoria “culi pesanti”. Per gran parte della vita ho evitato lo sport come la peste, da bambina odiavo le ore di educazione fisica con ogni cellula del mio corpo e l’unico tipo di ginnastica in cui mi impegnavo era quello della mascella davanti alle lasagne della domenica.
Mi ricordo ancora la repulsione e l’imbarazzo ogni volta che mi veniva imposta una partita di pallavolo a scuola, una corsa o qualsiasi altra attività che mi facesse sudare. Per farmi imparare a nuotare, intorno ai sei anni di età, mi hanno dovuta letteralmente buttare in acqua, altrimenti non mi sarei mai mossa dal bordo piscina.
Qualsiasi insegnante di educazione fisica abbia incontrato aveva una sola diagnosi per me: questa bambina non è sportiva, è lenta, goffa, timida, non le piace correre.
Ovviamente la malattia è incurabile e legata al mio essere un carattere introverso e un po’ contemplativo, che non si sollazza a spezzare le gambe ai compagni durante le partite di palla avvelenata e che non trova gioia nelle gare di corsa e nuoto (come potevo, visto che l’insegnante di ginnastica mi aveva definita incurabilmente lenta e quindi non adatta agli sport di velocità?).
Il mio rapporto con lo sport prese una piega bizzarra nella prima adolescenza
Quando realizzai che ero sovrappeso e decisi che volevo diventare magra come le altre ragazze andai da una dietologa che, oltre a darmi una dieta piuttosto dolorosa, mi raccomandò ciò che fino a quel momento avevo sempre evitato, ovvero una sana e moderata attività fisica.
“Si faccia una corsa, una bella sudata ogni tanto!” – si raccomandò. “Oppure del nuoto, che si sa, è lo sport più completo!”.
Uscii dallo studio nello sconforto più totale: corsa? Nuoto? Sudare? La trinità che più odiavo. Avrei anche accettato di digiunare, ma muovermi mi sembrava troppo, mi sentivo pesante e la mia intolleranza verso la fatica fisica era ancestrale, una proprietà intrinseca della mia persona.
Tuttavia, la mia determinazione a vedere una sagoma più magra allo specchio fu più forte della mia pigrizia e così la mia tragica avventura iniziò con una corsa pomeridiana al parco, con un outfit organizzato alla carlona, convinta che fosse troppo presto per investire soldi da Decathlon: non sia mai che mi piglia un colpo che ponga fine al percorso in modo prematuro – pensai.
Quel colpo non arrivò, passarono due anni e io, saltellando in modo poco convinto tra lezioni di pilates, corsa, vari esercizi a corpo libero, interminabili e terrificanti sessioni di addominali e una stoica attitudine verso la dieta, feci i miei compiti perdendo ben 15 kg.
Per sopravvivere mi raccontavo la storia delle endorfine e quanto ne fossi dipendente, il che forse non era del tutto vero.
Finalmente lo specchio iniziò a sorridermi e io, soddisfatta del risultato estetico, finii per mantenere una relazione aperta e superficiale con lo sport, senza riuscire mai ad appassionarmi. Per me muovermi, sudare, fare addominali erano dei doveri, necessità per cui dovevo ritagliare del tempo ma per le quali non vedevo uno scopo ben preciso, oltre al punire la mia lascivia alimentare durante le sporadiche pizzate del sabato e cercare di raggiungere quella “tonicità”, sempre aspettata ma mai incontrata, un po’ come Godot o i Tartari nel deserto.
Chi è di Genova come me sa quanto sia difficile passare davanti a un forno e non andare in ipersalivazione davanti alle teglie di farinata, pizze e focacce. E chi odia l’attività fisica comprende fin troppo bene quanto sia difficile accettare di dover spendere una vita intera dettata da regole che non riesci ad accettare.
Talvolta sembra quasi di andare contro natura, sopprimere quelli che sono i nostri veri desideri per un risultato che la società e noi stessi ci imponiamo, ovvero l’estetica.
Perché ammettiamolo, chi ha iniziato un percorso di dieta e fitness per motivi diversi dal diventare più attraenti? Il mondo ci vuole perfetti, piacevoli alla vista e, soprattutto per le ragazze e le donne, questo di solito si traduce in una semplice condizione: diventare piccole ed esili. Avete presente il detto: il seno perfetto sta in una coppa di champagne? Ecco.
Questo, troppo spesso, si traduce in una serie di dettami che assumo il 90% del mondo femminile conosce fin troppo bene: ammazzati di cardio, mangia come un canarino e se vuoi diventare “tonica” aggiungi qualche esercizio con dei pesetti da uno, massimo due kg.
Senza contare le bevande detox, il cibo detox, le pillole detox, i tè detox, le pomate drenanti, massaggi con pietre himalayane da 50 euro al pezzo, la curcuma, il limone e le lampade di sale. Il sottobosco della stregoneria dietetica è vasto e profondo come la fossa delle Marianne e una volta caduta dentro è difficile riemergere in superficie. Il tutto, poi, sembra non portare mai risultati.
Ma allora qual è il senso di tutto ciò?
Credo che sia una domanda molto frequente: la salute e il fitness devono per forza essere così insopportabili?
La risposta mi è arrivata un giorno in pausa pranzo, quando stavo fissando una lista che avevo steso tempo prima, dal titolo “rimedi contro lo stress”. Non starò a spiegare il perché abbia steso questa lista, del resto viviamo in una società molto performativa nella quale è piuttosto comune provare alti livelli di ansia e depressione. Mi limiterò a buttare giù i punti che avevo scritto su carta, nel seguente ordine:
- Pratica un hobby che ti piace
- Fai una passeggiata nel parco
- Pratica esercizi di respirazione
- Pratica la mindfulness (simile al punto tre)
- Parla con un terapeuta
- Parla con un/a neurologo/a
- Prova degli ansiolitici, se proprio devi
- Pratica attività fisica
Nella primavera del 2021 ero arrivata al punto 7 di questa lista con tragici risultati: rifugiarsi negli hobby non mi serviva, visto che l’ansia e la depressione mi hanno tolto principalmente la passione per tutto ciò che amavo prima. Trovavo futili le passeggiate, il silenzio in mezzo agli alberi non faceva altro che ricordarmi che non valevo abbastanza, la respirazione e la mindfulness, costringendomi a contemplare i miei problemi, non facevano altro che aumentare il battito cardiaco e la sensazione di disagio che la mia stessa mente mi provocava.
La terapia è l’unico punto della lista che guardo con affetto, perché effettivamente mi ha aiutata molto, ma non bastava. Così come non sono bastati i farmaci, che mi rendevano apatica come una seppia ma non risolvevano i problemi che mi affliggevano, semplicemente li mettevano a dormire per un po’, fino alla prossima dose.
Rimaneva solo il punto otto, che è l’ultimo della lista non per questioni gerarchiche, ma perché, se avete imparato qualcosa di me, potete immaginare quanto avrei voluto evitarlo, come quando nella mensa scolastica lasci per ultimi i finocchi bolliti nel piatto.
Del resto, come avrebbe potuto farmi sentire meglio ciò che mi ha sempre causato disagi?
La risposta è stata sorprendente, ed è arrivata da un angolo di Internet nella quale mi sono imbattuta per puro caso, nella mia disperata ricerca di ispirazione, ovvero il blog di Marco Ferrari, personal trainer con certificato ISSA, che si occupa da anni di divulgazione su fitness, alimentazione e soprattutto allenamento con i pesi. In particolare, il primo articolo che ho letto si chiama “Allenamento con i pesi per le donne. Ecco gli enormi benefici!”.
Salto subito al dunque: la sezione dell’articolo intitolata “felicità” è ciò che mi ha intrigata, così come il cambio di prospettiva, da allenamento basato su cardio e pesetti con lo scopo di dimagrire a uno per diventare più forti sia fisicamente che mentalmente, attraverso lo sviluppo della muscolatura.
Così ho cominciato ad esplorare un po’ di letteratura legata ai benefici sulla salute mentale dell’allenamento per lo sviluppo muscolare, di cui riporto un paio di esempi: Association of Efficacy of Resistance Exercise Training With Depressive Symptoms e The Effects of Resistance Exercise Training on Anxiety.
Ci sono anche, ovviamente, molteplici benefici fisici legati a una buona composizione fisica e una muscolatura forte, come sottolineato in molteplici studi, di cui un riferimento può essere trovato qua.
Per riassumere, leggendo articoli come questi mi sono resa conto che non solo ero una ragazza piuttosto triste, ansiosa e demotivata, ma a soli ventisette anni avevo la forza di un criceto e mi ritrovavo col respiro corto dopo una corsa di pochi secondi. Eppure, fisicamente non tradivo nessuna problematica, potrei dire che mi considerassi e che fossi considerata in forma dopo aver perso tutti quei chili.
E qui arriviamo al cuore della questione: quando si parla di fitness e alimentazione, abbiamo il vizio di farne sempre una questione totalmente o principalmente estetica, poi viene tutto il resto.
Ma la verità è che l’attività fisica e una corretta alimentazione vanno ricercate per diventare più sani, forti e felici, mentre i benefici estetici dovrebbero essere solo effetti secondari ma anche soggettivi, perché ognuno ha la sua fisicità, è inutile ricercare ossessivamente di sembrare uguale a quella modella o a quella influencer.
Questa è stata una svolta importante che mi ha fatto cambiare attitudine verso lo sport e la palestra ma anche verso la vita in generale, se posso osare un bold statement.
Ora passiamo ai fatti: in cosa si è tradotto, in pratica, questo cambio di prospettiva?
Nel fatto che ho cominciato a studiare (ebbene sì, non si fanno le cose a caso) come si diventa più forti e perché è importante. In questo, sicuramente gli articoli di Marco Ferrari (consultabili gratis sul suo blog) sono stati utilissimi, così come lo è stata la letteratura scientifica e in generale la buona divulgazione in rete, che bisogna saper riconoscere ma esiste.
Dopodiché ho applicato la teoria iniziando ad andare in palestra, seguita per i primi tempi da un allenatore per evitare di ammazzarmi (piccola nota legale: mai allenarsi da soli quando non si ha idea di come sollevare un bilanciere) questa volta con un’ambizione diversa: usare la sala pesi seriamente.
Avreste dovuto vedere la mia faccia quando l’allenatore a cui mi ero affidata mi ha messo davanti un bilanciere da 30kg per fare hip thrust, dopo solo un paio di sessioni, dicendo che quello era un peso leggero con cui scaldarsi.
Non avrei mai pensato di essere in grado di sollevare un peso simile prima d’ora, con le gambe a grissino che mi trovavo, invece, appena mi sono caricata il bilanciere sull’addome, ho realizzato che la mia forza è stata sottostimata per ventisette anni. Ho anche realizzato che il mio povero gluteo non era mai stato messo alla prova, devo confessare che è stato solo in quel momento, mentre tiravo su i fianchi fissando il soffitto, che ne ho avvertito la presenza nel mio didietro.
E da lì in poi non ho fatto altro che migliorare, fino ad arrivare a caricare sulla schiena l’equivalente del mio peso nel giro di un paio di mesi. Ogni settimana andavo (e vado tutt’ora, nel caso vi chiedeste quanto stia durando questa follia) in palestra con i miei appunti, contenta di marcare i miei progressi. Impaziente per un nuovo allenamento, io che ho sempre pensato di odiare tutto lo sport, ho realizzato solo dopo ventisette anni di vita che era tutto falso: non ero un culo pesante, nemmeno una persona poco sportiva, semplicemente non avevo trovato lo sport adatto a me e nessuno ha mai saputo o potuto indirizzarmi verso di esso.
A questo punto devo specificare il motivo per cui questo articolo è specialmente dedicato alle donne.
Perché attorno al mondo degli sport di forza come il sollevamento pesi c’è una nebbia di pregiudizi così spessa che si taglia col coltello. Avete presente quando vi dicono cose del tipo “non allenarti con i pesi pesanti, che poi diventi un uomo!”, “occhio che se usi più di dieci chili poi ti vengono le gambe da calciatore!”. Che dire, anche io credevo a queste scempiaggini, ma dopo un paio di mesi di allenamento con decine di chili di peso sul bilanciere, le gambe da calciatore non ci sono ancora (fosse così facile il bodybuilding non sarebbe uno sport, non credete?).
In compenso però altri cambiamenti hanno preso il sopravvento: dormo meglio, non ho avuto un singolo attacco d’ansia da quando ho iniziato ad allenarmi (prima questi erano piuttosto frequenti), mi sveglio col sorriso pensando di andare in palestra (incredibile e impensabile quando facevo solo la odiatissima cardio), ho una postura più dritta, sono più assertiva, ho più fiducia nelle mie capacità sia fisiche sia mentali.
Principalmente, ora ho un obiettivo chiaro e delle forti motivazioni per cui andare in palestra tre volte a settimana: voglio diventare più forte.
In più, ora so che quello che sto facendo funziona, vedo i numeri dei miei progressi e i benefici al di fuori della palestra e questo non fa che aumentare la mia motivazione. La sensazione che si prova quando il bilanciere da 35 kg, che la settimana prima sembrava pesantissimo, ora è improvvisamente leggero e non basta più è assolutamente indescrivibile, ti fa toccare con mano ciò di cui sei capace.
Voglio sottolineare ancora questo messaggio per le donne e ragazze che hanno paura di diventare troppo grosse o perdere femminilità: liberatevi da queste paure, non vi sveglierete con gli addominali di Hulk solo perché avete sollevato 50 chili di bilanciere. In compenso, potreste trovare uno sport che vi piace e vi rende felici, esattamente come è successo a me, e per questo non c’è prezzo.
Il motivo per cui ho raccontato tutto questo in chiave molto personale, è per diffondere alcuni messaggi che per me sono davvero importanti
Prima fra tutti: se odiate lo sport, se siete stati tra quei bambini e bambine che a scuola venivano sempre scelti per ultimi nelle squadre di basket e pallavolo, se detestate correre e odiate le diete da canarini, questo non significa che non ci sia un animo sportivo dentro di voi, perché lo sport non è solo questo e forse là fuori c’è un’attività che vi può appassionare.
Se, come me, credevate che si debba sudare in palestra solo per lo specchio e le opinioni altrui, ricordatevi che non è l’unica ragione possibile per allenarsi e anzi, ce ne sono di più valide e più motivanti, principalmente il miglioramento della salute psico-fisica.
Se, come me, credevate che ci fossero allenamenti per le donne e allenamenti per gli uomini, cancellate questo preconcetto dalla vostra mente: donne e uomini possono praticare e amare gli stessi sport.
Infine, ricordatevi sempre che ognuno di noi è diverso, con un’unica personalità, diverse inclinazioni, limiti e potenziale, e se il vostro vicino ama fare le maratone alle cinque del mattino, flagellarsi con le docce ghiacciate di notte e bere i frullati di sedano prima di andare in ufficio, questo non significa che debba piacere anche a voi. Questo non significa neppure che a voi non possa piacere la palestra e forse, se la cardio è tanto detestata, è il momento di provare la sala pesi!
Ricordatevi: ci sono diversi modi di essere felice, ma se non andiamo oltre ai nostri preconcetti, potremmo perderci qualcosa.
Immagine di copertina:
Foto di Ambitious Creative Co. – Rick Barrett
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