Questo articolo fa parte del reportage che ti racconta com’è andata questa avventura di un giorno: workshop, laboratori creativi, swap party, talk e panel, show e quiz. Un meraviglioso spazio di sorellanza e inclusività dove essere se stessə! Tutti gli articoli li troverai qui ESAGERATƏ >> |
“Ma come sei esageratə!” Se ti hanno mai detto questa frase questo è il posto giusto per te. Tantɜ di noi si sono sentitɜ rivolgere queste parole – soprattutto donne (ma non solo).
Esageratə per come ci vestiamo, per lo spazio che occupiamo, per quello che mangiamo, perché ci lamentiamo o, per meglio dire, perché non stiamo zittə davanti a situazioni “normali” che però feriscono, e lo facciamo perché siamo delle femministe guastafeste che lottano per un mondo più inclusivo e meno giudicante alzando la mano facendo svanire il “bel clima goliardico” dei commenti sessisti, omofobi e grassofobici.
“Esageratə – riscriviamo la storia dei nostri corpi” è l’evento transfemminista organizzato da Sorelle di corpo ad Albisola Superiore (SV) lo scorso 7 settembre e che ci aspettiamo ritorni alla fine della prossima estate.
Questo è il reportage che ti racconta com’è andata: workshop, laboratori creativi, swap party, talk e panel, show e quiz. una giornata culturalmente arricchente ma anche divertente, perché chi lo ha detto che la lotta deve essere noiosa? Una lotta può essete gioiosa, carica di strass e di rosa barbie!
La violenza è come un iceberg
Barbara Petracchi, counselor relazionale e responsabile dello sportello di ascolto Alda Merini-Teatro 21, presidio di antiviolenza, ci parla di relazioni e violenza di genere.
La violenza è come un iceberg, nella parte visibile abbiamo guerre, omicidio, femminicidio, aggressioni fisiche, stupri… Esiste però anche una violenza invisibile, contro cui non è sempre facile prendere posizione condannandola perché non è così esplicita.
In questo metaforico iceberg sotto l’acqua troviamo: controllo, dipendenza economica, ricatto emotivo, invisibilizzazione, oggettificazione, svalutazione, etichette, pregiudizi…
Per far crollare l’intero iceberg occorre smantellare anche la parte sommersa per poter costruire relazioni nelle quali sia possibile mettere confini, esprimere disaccordo, dire cosa ci ferisce.
Se non si è in grado di esprimere a parole quello che si sente questo può scaturire in gesti violenti, occorre saper anche mettersi in ascolto ma tenendo presente che comprendere l’altrə non significa darlə ragione.
L’individualismo e la performatività della società portano a solitudine e difficoltà psicologiche, la comunicazione è quello che ci può aiutare a uscirne, relazionandosi all’altrə in modo empatico, sospendendo il giudizio ma essendo allo stesso tempo assertivɜ.
Le relazioni si costruiscono attraverso le parole, ma talvolta le parole possono ferire; riappropriandoci delle parole che ci hanno ferito e usandole non per sentirci inadeguatɜ ma per riscattarci possiamo superare queste ferite è questo il caso di “esageratə”.
Quali sono le parole che ci hanno feritɜ?
“Stai zittə”, “tu non puoi capire”, “non cambi mai”, “vuoi sempre avere ragione”.
Di fronte a queste parole a volte ci arrabbiamo, altre ci sentiamo inermi, paralizzatɜ, bloccatɜ.
Sono parole che ci sentiamo dire fin dall’infanzia e che siamo arrivatɜ a sentire nostre, è qualcosa che lə nostrə bambinə interiore percepisce come una ferita relazionale.
Cosa posso fare di questa rabbia?
Scaricarla sullɜ altrɜ, su noi stessɜ o acquisire consapevolezza per cercare di relazionarsi in modo più autentico e risolutivo, cambiando la narrazione e prendendosi cura?
L’emozione è una bussola per capire cosa sentiamo, capire la nostra responsabilità relazionale ma senza sottomettersi all’altrə.
Solo se siamo consapevoli di noi stessɜ riusciamo a relazionarci con l’atrə in maniera assertiva, riconoscendo le esigenze dell’altrə ma riuscendo a non venir meno nei confronti delle nostre e trovando uno spazio di confronto costruttivo.
Il conflitto, se ben strutturato, aiuta a costruire la relazione attraverso il riconoscimento dell’altrə e il confronto, affrontando un problema comune tenendo conto dei bisogni di entrambɜ, ma per fare ciò è fondamentale avere consapevolezza dei propri bisogni e dei propri limiti.
Non mi sento inerme, non mi arrabbio, ma do voce ai miei bisogni; non mi paralizzo ma mi confronto.
C’è un nodo tra noi ma il mio nodo non sei tu e io non sono il tuo nodo; il nodo è nella relazione e se l’altra persona è importante per me possiamo prendere insieme quel nodo e sbrogliarlo pur stando nel contrasto, ma senza scegliere la violenza, sapendo stare nella possibilità di scontrarsi con l’altrə e nella divergenza di opinioni.
Il conflitto è una risorsa di crescita:
saper litigare bene diviene un metodo psicopedagogico imprescindibile per accogliere le proprie emozioni e saperle gestire anche all’interno di una relazione sana senza farle esplodere nella violenza.
Se senti di avere difficoltà a gestire il conflitto in modo consapevole rivolgiti ad unə professionistə.
Continua a seguirci per leggere i prossimi articoli sulla giornata!
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Immagine di copertina:
Locandina dell’evento. Graphic designer Paolo Bona
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