OperaLand Genova

Una città bagnata dalla musica: Genova e OperaLand

Come un tenace amore per l’Opera sa trasformarsi in un progetto di educazione musicale, capace di resistere anche a fronte dell’emergenza sanitaria.
15 Febbraio 2021
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Senza musica la vita sarebbe per me un errore” scriveva Nietzsche in una lettera a Georg Brandes, qualche mese prima di trasformare questo suo sentire in una vera e propria sentenza nel Crepuscolo degli idoli. Impossibile d’altronde immaginare una vita che non sia anche, nel suo ritmico pulsare, musicale: quasi fosse il segreto più intimo della realtà vivente quello di respirare cantando. Qualcosa del genere si prova camminando per le strade genovesi, il cui fondo accoglie come eco del mare la vibrazione sorda delle onde. Nello spazio di questa città, la vita si nutre di una musica profonda, che prepara all’ascolto. Educare l’orecchio e il cuore alle opere musicali, soprattutto quando si tratta dell’Opera per antonomasia, è tuttavia un compito più grande di quanto possano le nostre crêuze salmastre.

Un contributo prezioso, in questo senso, è quello realizzato dall’associazione OperaLand che, a partire dal 2018, propone ai giovani alunni delle scuole genovesi un percorso di formazione per diventare spettatori consapevoli di quello straordinario patrimonio che è l’opera.

Giunto quest’anno alla terza edizione, il progetto ha dovuto confrontarsi con l’emergenza sanitaria, abbandonando la formula laboratoriale che aveva raccolto tanto successo, per approdare alla digitalizzazione dei contenuti.

Una forma di resistenza tenace e bella, come la musica stessa, che ha permesso la creazione di tre spettacoli, fruibili online, nella splendida cornice del Museo di Arte Orientale Chiossone (di cui abbiamo raccontato la travagliata sopravvivenza alla pandemia Musei e Covid: l’esperienza del Museo Chiossone) e grazie al contributo del bando Genova Città dei Festival

Per raccontare questa avventura, ho scelto la voce di una delle fondatrici e maggiori fautrici di OperaLand, Fabiola Di Blasi.

Genovese ma esploratrice di mondi, il suo percorso professionale spicca per appassionata competenza e immenso amore per l’arte, che vive come lavoro sulla propria pelle e da cui trae spunto per creare orizzonti da navigare, insieme.

OperaLand Genova
Fabiola Di Blasi con Laura Baldis, Direttrici artistiche dell’associazione. Foto di Elisa Lauricella 

Come nasce l’idea di avvicinare i più giovani al mondo dell’opera, perché l’avete sostenuta e come mai avete deciso di darle questa forma?

L’idea di impegnarmi per avvicinare le nuove generazioni al mondo dell’opera mi frullava in testa da anni: spostandomi spesso, avevo avuto occasione di assistere a spettacoli per le scuole sia in Italia che all’estero ed ero rimasta davvero colpita dall’entusiasmo dei ragazzi in platea e da quanti diversi progetti con lo stesso fine potessero coesistere.

Come la vita ci insegna, bisognava solo attendere il momento e il posto giusto e nel 2017, a Genova, città in cui risiedo, il primo progetto OperaLand è stato sposato dal Teatro Carlo Felice dove, in quel periodo, io e il collega Luca Baracchini lavoravamo spesso.

Nelle pause studiavamo e strutturavamo una proposta adeguata a una prima edizione di progetto per le scuole che in quel momento a Genova mancava e che è stata accolta calorosamente (il primo anno si sono iscritti circa 1500 studenti in un mese e mezzo). La formula era quella di un pacchetto con laboratori in classe, visita guidata musicale al teatro e la possibilità, a fine percorso, di assistere ad una o più produzioni di opera create ad hoc.

Con il nome OperaLand, trasmettiamo già un messaggio importante ai più giovani: l’Italia è il Paese dell’Opera. 

L’ultima edizione di OperaLand si avvale del contributo del bando Genova Città dei Festival e si realizza in formato digitale. Quali sono le difficoltà e le potenzialità della “città dei festival”? Quale quelle di un festival in digitale? 

Non posso che esprimere gratitudine per l’opportunità che abbiamo avuto quest’anno grazie al bando Genova Città dei Festival: il nostro settore è letteralmente in ginocchio e la cosa più grave è che non sembra esserci un piano di ripartenza.

La maggioranza di noi lavora a singhiozzo o non lavora affatto da marzo 2020. La pandemia ha messo in evidenza le falle di un sistema che in Italia funzionava già male da molti anni e come non eravamo tutelati prima, non lo siamo ora… ma questo è un altro discorso, che accenno per dare l’idea di quanto l’assegnazione del contributo da parte del Comune sia stata una luce in mezzo a tanta nebbia.

Certo, organizzare il festival era una sfida non da poco: si trattava di rivedere il progetto originale e adeguarlo alle norme che regolano la nostra vita ormai da tempo e che, come sappiamo, possono mutare di DCPM in DCPM.

Dovendo rinunciare al pubblico in presenza, abbiamo registrato per lo streaming tre titoli di opera buffa [Don Pasquale, La serva padrona, Cenerentola ndr] portandoli in uno spazio non convenzionale, il Museo di Arte Orientale E. Chiossone. Abbiamo girato a dicembre tra zone che cambiavano colore, divieti, una nevicata, mascherine e norme di sicurezza che si sommavano a tutto l’impegno di mesi di organizzazione che già normalmente richiedono tre produzioni. È stata dura ma il risultato, trasmesso a gennaio 2021, è stato ottimo.

Dobbiamo ringraziare artisti, tecnici e collaboratori, tutti di Genova e Liguria, che hanno creduto nel progetto e hanno messo al servizio del festival la propria grande professionalità. È stata una nuova esperienza e il nostro primo streaming in autonomia – che però è un mezzo che personalmente conosco bene, avendo collaborato per anni con la TCFwebTV [la web tv del Teatro Carlo Felice ndr].

Il digitale permette di abbattere i confini e raggiungere chiunque in qualsiasi momento, cioè ha un potenziale altissimo. Non sostituisce il teatro né le emozioni regalate da uno spettacolo dal vivo, ma le due cose possono essere abbinate e credo che nel futuro sarà sempre più così. Non si torna indietro.  

Il vostro lavoro è caratterizzato da una straordinaria forza propositiva, una solida competenza e una preziosa capacità di mettersi in gioco, aspetti che illuminano e vivificano tutto ciò che producete. Com’è lavorare così?

È un rischio continuo, ma credo che con il tempo, acquisendo una conoscenza e una consapevolezza maggiori, si capisca quando e quanto rischiare ogni volta.

Certo ci vogliono una buona dose di creatività, una fede che non vacilla (bisogna credere fino in fondo nei propri progetti), tanto amore per il proprio lavoro e probabilmente un’insana passione per le sfide, specialmente se si opera in questo Paese dove un libero professionista ha già poche tutele, un lavoratore dello spettacolo ancora meno! È difficile, questa è la vera risposta.

Non sono tanto lo studio continuo e la quantità incredibile di ore investite in ogni progetto a pesare: sono indispensabili se si vuole un prodotto di qualità. Mi piacerebbe che il lavoro di chi opera in questo settore fosse riconosciuto al pari di altre professioni, come succede in molti Paesi, non lontano da noi. Saremmo tutti più sereni.

Immagine di copertina:
OperaLand 2018 al Teatro Carlo Felice. Foto di Fabiola Di Blasi


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Pietro Caminada
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