#insieme

Un esperimento per sostenere la cultura: #INSIEME

“Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli.” Parliamo della differenza che passa tra un’idea ambiziosa e la sua messa in pratica.
31 Maggio 2020
6 min
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“Siamo genovesi, parliamo poco e facciamo cose.” Queste le prime parole del post Instagram di Luca Bizzarri, in cui spiega l’origine del suo progetto #INSIEME.

L’idea è quella di “non-organizzare” sul web eventi che sarebbero stati parte della normale programmazione di Palazzo Ducale, Teatro Carlo Felice, Teatro Nazionale di Genova e Acquario: La Mostra che non c’èL’Opera che non c’è, Lo Spettacolo che non c’è e L’Acquario che non c’è. Ognuno dei non-eventi avrebbe lo scopo di ricordare al pubblico l’attività delle quattro strutture e abituarlo a una fruizione on-line dei contenuti.

Madonna della Giustizia di Bernardo Strozzi. Web Gallery of Art

Palazzo Ducale, di cui Bizzarri è presidente, propone una collezione virtuale di opere d’arte genovesi sparse nel mondo, curata da Serena Bertolucci e Giacomo Montanari, rispettivamente la Direttrice di Palazzo Ducale e l’ideatore dei Rolli Days. Il vernissage di venerdì 8 maggio ha visto protagonista la stessa Direttrice, che ha illustrato con un video di tre minuti circa il dipinto della Madonna della Giustizia di Bernardo Strozzi (1624). 

Il contributo è stato pre-registrato ad hoc per la presentazione e montato su un fondo illustrato che raffigura un tablet appoggiato su un tavolo, con un effetto, a dire il vero, un po’ straniante. Altro elemento di sorpresa: il contenuto estremamente sintetico che, sebbene puntuale e mirato, lascia la fame di sapere di più sull’artista, sull’opera, le sue vicissitudini, i motivi che l’hanno portata al Louvre di Parigi e molto altro; sicuramente un’esca molto efficace che, grazie alla sensazione di amaro in bocca dovuta alla brevità del video, ricorda allo spettatore quanto siano importanti la visita a un’esposizione accompagnati da una guida – che sia cartacea e/o in carne e ossa –, nonché tutta la componente di approfondimento storico-artistico che rende possibili le mostre stesse.

La scelta di una tela non eccessivamente nota, conservata nel museo più famoso del pianeta, realizzata da una punta di diamante del barocco genovese e appartenente a un’epoca di grande rilievo per la storia della città è stata assolutamente azzeccata e fa aumentare la curiosità verso i successivi appuntamenti della rassegna sui Capolavori genovesi nel mondo.

Ritratto di Ottaviano Canevari di Van Dyck. The Frick Collection

Il 15 maggio è stato pubblicato il secondo contributo a cura del curatore e storico dell’arte Xavier Solomon intorno al Ritratto di Ottavio Canevari, dipinto da Antoon Van Dyck durante il suo periodo genovese (1627), seguendo ancora lo stesso format del video di Bertolucci.
Tornando all’8 maggio, il Teatro Nazionale di Genova pubblica sul suo sito una pagina dedicata a #INSIEME, in cui campeggia una locandina dello spettacolo prescelto, ossia Amleto, il testo che più di ogni altro salta in mente quando si parla di teatro.

Come non immaginare, allora, un Amleto interpretato da Marcello Mastroianni, diretto da Federico Fellini, con le scenografie di Marc Chagall e i costumi di Elsa Schiaparelli, nell’adattamento di Ennio Flaiano?

Una vera rappresentazione da sogno. La locandina è accompagnata da una concisa spiegazione del progetto, che si sofferma in questo caso più sulla chiusura dei teatri e sulla necessità di una ripartenza che veda il web come strumento per generare reti ed esercitare la creatività.

Solo tre giorni dopo si è potuto vedere il frutto di questa creatività: sul canale YouTube ufficiale del TNG compare il videotrailer de Lo Spettacolo che non c’è. Difficile non rimanere spiazzati da una serie di dettagli. Innanzitutto, del video non c’è traccia sul sito, sebbene in descrizione su Youtube si trovi il link alla pagina di spiegazione del progetto (almeno quello!).

L’effetto complessivo del video sembra, purtroppo, un’operazione nostalgica: rievocare il passato glorioso e farne un collage che possa appagare il pubblico, ora che non può provare la soddisfazione di una recita dal vivo.

A fine visione resta un po’ misterioso come Internet sia interpretato quale alleato della produzione teatrale e di come possa concretamente dare adito a processi collaborativi, al di là dell’ovvia partnership tra i promotori dell’idea di Bizzarri.

La voce di Fellini in sottofondo (estrapolata da questa intervista intorno al film E la nave va del 1983) ci ricorda che l’unica possibilità per l’artista in tempi di grandi sconvolgimenti della storia è quella di farsi testimone – parole che oggi, alla luce della passività che tutto il paese è stato chiamato a eleggere strategia di sopravvivenza, sembrano fuori fuoco, appartenenti a un altro mondo, non rispondenti alla necessità urgente di trovare nuove forme di socialità, di sostegno economico e – perché no – un nuovo ruolo per le arti, senza le quali gli ultimi due mesi sarebbero stati ancora più intollerabili.

Lo spettacolo che non c’è, Teatro Nazionale di Genova

L’Acquario di Genova ci ricorda che cultura è anche sinonimo di scienza e ambiente, pubblicando un contributo dedicato a un animale marino che non può essere preservato dalle cure delle sue vasche: la megattera, l’enorme cetaceo in via d’estinzione a causa dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento degli oceani per mano dell’uomo.

Il video, pubblicato sul sito l’8 maggio e annunciato su Twitter il giorno precedente, si completa con il timelapse della realizzazione nel Padiglione dei Cetacei del murales che denuncia il pericolo di estinzione delle megattere, ad opera di Riccardo Buonafede agli inizi di questo marzo. 

L’Acquario che non c’è riesce con un colpo solo a mettere in luce l’attività di ricerca – molto spesso sacrificata a livello comunicativo in favore di quella didattica e di intrattenimento – e la partecipazione a progetti di natura non esclusivamente scientifica, che contribuiscono a diffondere la mission dell’Acquario: non solo #INSIEME, ma anche il concorso per opere d’arte contemporanea indetto nell’ambito di Life Beyond Plastic, di cui Buonafede è stato uno dei tre vincitori.

In ultimo, la pecora nera del gruppo: il Teatro Carlo Felice. Nei giorni del vernissage di #INSIEME, il teatro è stato impegnato con l’inaugurazione dell’importante collaborazione con il National Centre for the Performing Arts di Pechino, con la trasmissione in streaming del concerto dedicato al 250° anniversario della nascita di Beethoven.

Sulla pagina Facebook, compare un articolo a proposito della rete con le altre tre istituzioni genovesi e, nei giorni seguenti, altri articoli sulle proposte di Palazzo Ducale e del Teatro Nazionale. Dell’annunciata Opera che non c’è, che dovrebbe omaggiare Bianca e Fernando di Vincenzo Bellini, non una traccia, né sui social né sul sito.

Ora, in questo periodo è più semplice chiudere un occhio sulla retorica dello stare uniti, che sia per contrastare il virus o costruire un mondo migliore, perché in fondo ha lo scopo positivo di radunare forze e incanalarle verso un obiettivo nobile.

Un progetto che si presenta prima di tutto come rete tra istituzioni per sostenersi a vicenda e trovare un punto d’incontro con il pubblico dovrebbe avere al suo cuore un piano di comunicazione coordinato e un calendario comune, che sfrutti la rete così creata per promuovere le varie attività e tenere viva l’attenzione dei genovesi e non solo.

Fatto che, per altro, potrebbe con facilità convincerli a sostenere anche economicamente le loro istituzioni preferite – è singolare il fatto che il solo Palazzo Ducale abbia battuto apertamente su questo tasto, proponendo di pagare per La Mostra che non c’è con il (volontario) Biglietto che non c’è.

Purtroppo abbiamo assistito all’ennesimo tentativo di collaborazione, più ricco di buoni propositi che di concreta efficacia.

È difficile lodare un’iniziativa esclusivamente virtuale che nel 2020 concepisce il pubblico ancora solo come fruitore passivo; o peggio, che ne stimoli l’attività sul web solo per cercare di capire cosa sia in realtà questo progetto. 

#INSIEME è una gran bella idea, diciamolo, e per giunta di un’organizzazione ancora più complessa del normale in questo momento sia per la disponibilità richiesta ai lavoratori, sia per la difficoltà di tenere insieme mondi tanto eterogenei come i quattro presi in causa in un frangente di grande incertezza come quello che stiamo vivendo; ma nella sua realizzazione pratica ha perso di vista proprio quei fattori di cui intende farsi promotrice: il senso di unione, di sostegno reciproco, il bisogno – mai esaurito – di ribadire la centralità della produzione artistica e culturale per il benessere di tutti.

Infine, una nota a margine

Se è vero che con l’avvento di Internet 2.0 è iniziata la stagione della produzione fervida e incessante di contenuti e del loro remix da parte degli utenti, è altrettanto vero che da anni si è risvegliato un mecenatismo che parte dal basso – basti pensare a piattaforme come Patreon, o esperienze di fundraising che avvengono tramite Youtube e Twitch.

Questo dovrebbe farci ragionare sul fatto che moltissimi individui sono disposti a mettere mano al portafoglio per sostenere divulgazione, intrattenimento, arte, cultura, artigianato e mille altre attività e professionalità, se in cambio possono fruire di contenuti stimolanti, di qualità, e che rispondono ai loro desideri.

Non saranno cifre che tengono aperti i teatri, ma sono queste dinamiche ormai consolidate a illustrare la differenza tra chi vive il web in modo attivo e chi continua a pensarlo come un’estensione più o meno evanescente del “vero lavoro”, che avrebbe luogo altrove. Fisico e virtuale sono esperienze che devono tendere a compenetrarsi, a coprire le debolezze l’uno dell’altro e valorizzare reciprocamente i punti di forza.

Svalutare il web come ripiego o come amo per adescare un pubblico non meglio precisato è un passo falso che la cultura non può più permettersi di fare, specialmente ora che le previsioni per il futuro sono tutte da riscrivere.

Immagine di copertina:
Caïn venant de tuer son frère Abel, di Henri Vidal in Tuileries Garden


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Un passato da ballerina, un presente da laureata in Storia dell’arte contemporanea, ambizioni da superstar. Non esce di casa senza rossetto, un libro in borsa e il fiatone di chi è sempre in ritardo. Si diletta a organizzare il Cotonfioc Festival e a tradurre testi d’arte dall’inglese.

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Alice Jankovic
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