Robotic journalism

Robot e giornalismo: quale futuro per i giornalisti?

Siamo nel mezzo della rivoluzione dei big data e delle intelligenze artificiali. I giornalisti non sono esclusi. Cosa accadrà a questa professione?
18 Novembre 2020
3 min
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Come fai a sapere che a scrivere quello che stai leggendo sia stato un umano in carne ed ossa e non un robot? Magari ti sembrerà una domanda sciocca, ma non lo è per niente. Wall:out si è infatti dotato di una macchina in grado di leggere in tempi rapidissimi tutte le ultime notizie e i dati più recenti, oltre a tonnellate di letteratura, in modo da imparare a scrivere da sola nuovi articoli aggiornati ed eleganti. robotic journalism

Non è vero, lo ammetto. Credetemi, a scrivere questo articolo è stato un umano e ahimè Wall:out non possiede un macchinario del genere.

Sarebbe una tecnologia avanzatissima, rivoluzionaria e…già esistente.

Nessun altro scherzo, sono serissimo. Sto semplicemente parlando dell’intelligenza artificiale (AI), cioè, detto in soldoni, un sistema informatico in grado di fare esperienza grazie agli input che riceve. Grazie a queste esperienze il sistema impara e si affina sempre più.

Tutto questo viene fatto in modo rapidissimo, per cui sono state creati, per esempio, robot in grado di imparare a giocare a scacchi in poche ore. Diventavano talmente bravi da sconfiggere i migliori giocatori al mondo, gente che invece per anni si è allenata.

Le applicazioni dell’AI, come del machine learning, sono le più disparate e il giornalismo non ne è per nulla esente

Il robotic journalism è un fenomeno in atto da anni e in rapidissima evoluzione. Heliograf, l’AI del Washington Post, ha scritto 850 articoli nel primo anno che è stato utilizzato; mentre The Accociate Press ha aumentato i suoi rendiconti per trimestre da 300 a 3700 grazie a una tecnologia simile.

Un giorno mi capitò di seguire una lezione in cui ci veniva raccontato (ho cercato la fonte ma non l’ho trovata lo ammetto, però a questa informazione estrapolata credo abbastanza) di un particolare sondaggio che ebbe luogo negli Stati Uniti. Veniva richiesto agli intervistati di confrontare e riconoscere gli autori di due articoli, uno scritto da un giornalista, l’altro da un computer. Il tema era molto particolare, ovvero la descrizione di una partita di baseball che si era giocata nonostante la morte fulminea e ravvicinatissima del capitano di una delle due squadre. Un evento tragico ma soprattutto eccezionale.

Ecco, nonostante si trattasse di un fatto fuori dalla norma, il computer fu talmente efficiente nell’imparare il contesto e lo stile che alla fine del sondaggio non fu evidente l’identificazione dell’autore da parte degli intervistati. In tantissimi credevano che l’articolo scritto dal computer fosse invece farina del sacco di un umano, e viceversa. Non sorprende infatti che lo sport, e tutta la mole di dati che lo accompagna, sia uno dei campi in cui le AI vengono più utilizzate per scrivere.

Questo perché i sistemi automatizzati riescono a scrivere dei resoconti delle partite in modo rapido ed efficacie, senza andare troppo per il sottile.

Ma se la macchina era capace anche di descrivere accuratamente perfino un match singolare come quello di cui sopra… allora quali sono i suoi limiti?

Se ancora avete dei dubbi sulle reali capacità di un giornalista robot, allora vi invito a leggere (magari inquietandovi un po’) questo pezzo pubblicato sul Guardian che dà un’idea della finezza che può avere un AI a disposizione di grandi testate giornalistiche.

Attenzione, l’argomento è delicatissimo e le implicazioni serissime. L’informazione ha determinato la storia dell’uomo e sempre più continua a farlo. Quindi su tutti questi temi, per quanto affascinanti bisogna andarci coi piedi di piombo. Tra le conseguenze più immediate che sono generate dall’impiego di AI, vi sono senza dubbio quelle lavorative.

Cosa ne sarà dei giornalisti se davvero saranno le macchine a scrivere gli articoli? Davvero l’uomo è insostituibile in questo settore?

Mentre nel 2015 Noam Latar della Dean School of Communication (Herzliya, Israele) dipingeva un futuro dove saranno i data silo managers e gli AI narrative software engineers a gestire l’informazione, intanto in Microsoft una cinquantina di giornalisti hanno perso il lavoro a giugno scorso, poiché rimpiazzati da dei computer

Se quindi gli scenari suggeriscono una nuova deriva luddista all’orizzonte, in realtà le prospettive potrebbero essere anche molto più rosee di quanto sembri. È il caso del The Post e di Heliograf.

Lì infatti i robot non sono pensati come sostitutivi ai giornalisti ma integranti e complementari, degli aiuti.

Compito della AI non è scrivere l’articolo fatto e finito ma una prima bozza, grezza, che raccolga e metta assieme tutti i dati di cui si ha bisogno. A quel punto poi interviene il giornalista umano. Il suo ruolo è quello di modificare la forma del testo, adattarlo a suo piacimento e necessità. Imprimergli la moralità, l’ironia e l’ingenuità desiderata. In questo modo la macchina umanizza il lavoro del giornalista, liberandolo dell’attività più compilativa e consentendogli totalmente di dedicarsi alla componente creativa del lavoro. La macchina in questo caso affianca e non esclude l’uomo.

A cose serve infatti il progresso tecnologico se è solo fine a sé stesso e non accompagnato da un beneficio sociale?

Cerando di dare una piccola chiusura al tema enorme dell’implicazione dell’AI nel mondo del giornalismo, potrei ipotizzare che il ruolo del giornalista, come sembra, è destinato ad essere quello di un rifinitore che smussa gli angoli grazie alla sua soggettività. Non più un messaggero, ma bensì un interprete. 

Immagine di copertina:
Foto di Natasa Grabovac


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Formazione scientifica basata su liceo scientifico e lauree in biotecnologie e biotecnologie industriali. Appassionato di comunicazione ha svolto una scuola di comunicazione scientifica per 6 mesi. Ha anche un canale YouTube di divulgazione scientifica. Non si interessa solo di scienza ovviamente, ma è il terreno dove si muove meglio e che crede, ancora un po’ romanticamente, di voler condividere con un pubblico più largo possibile.

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