PER:CAPIRE Maternità Femminismo

PER:CAPIRE | Maternità

PER:CAPIRE è una rubrica di consigli di letture per potersi orientare tra le questioni del femminismo intersezionale. Oggi leggiamo di maternità.
23 Ottobre 2022
4 min
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Torna la rubrica con cui condividiamo parte della nostra formazione perenne sui temi del femminismo intersezionale, affinché siano strumenti utili per/capire e così percepire tutto ciò che è già intorno a noi, ma ha bisogno di lenti adeguate per essere riconosciuto.

Oggi a guidare la nostra incursione bibliografica è una questione di cui si sente spesso dibattere, ma solo in alcuni ambiti con la dovuta competenza: la maternità.

Posto che come ogni esperienza che riguardi la vita di una persona si deve poter garantire un pieno diritto alla scelta libera, autodeterminata e quindi non condizionata da altr3, vogliamo concentrarci su una prospettiva in apparenza diversa rispetto a quella del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza (su cui torneremo però): quella di chi sceglie o si trova a diventare madre.

Una questione che interessa tutt3 in realtà, nessun3 esclus3, non solo perché, come ricorda Adrienne Rich, siamo tutt3 nat3 di donna (o meglio da un utero), ma anche perché il materno fa parte del tessuto sociale ed è quindi già da sempre tema politico condiviso.

Sgombriamo subito il campo dai possibili equivoci: madre si diventa in molti modi e a partire da molti corpi.

Si può vivere la maternità a partire da una gravidanza, fisiologica o medicalmente assistita, con modalità diverse di partecipazione del materiale biologico, oppure si può diventare mamme di figl3 già nat3, da poco tempo o da alcuni anni. Può essere materno il corpo che ha un utero ma che non si riconosce nel genere femminile, così come può essere madre una donna che non è stata assegnata a questo genere alla nascita (e lo stesso vale per tutto lo spettro delle identità possibili).

Non solo, ma la funzione materna, l’insieme di tutte quelle pratiche di accudimento primario che si legano in qualche modo a chi verrà chiamat3 “mamma”, può essere svolta anche da più persone, che intrattengono o meno legami parentali diversi con 3 bambin3 di cui si prendono cura.

Insomma, ben lungi dall’essere qualcosa di semplice e immediato, la maternità è complessa perfino nella sua definizione e la ragione è che si tratta di qualcosa di concreto, di reale, di umano. Quando si parla di madri, infatti, si tende a usare un concetto astratto, ideale, che funziona come norma implicita ma che non viene davvero messo in discussione.

Essere madri però non significa portare a termine un compito o svolgere un lavoro, ma costruire una relazione con un altro essere umano, con tutta l’ambiguità e la ricchezza che questo comporta e non può che comportare.

Pentirsi di essere madri

Sono debitrice di questa precisazione a Orna Donath che nel suo Pentirsi di essere madri (Bollati Boringhieri) indaga con il filtro dell’analisi sociologica le storie di alcune donne che, se tornassero indietro, non rivivrebbero la loro maternità. Cominciare da un testo che spazza via alcuni tabù aiuta a tenere la mente sgombra dal giudizio che troppo facilmente sale alle labbra quando si parla di madri.

Di questo giudicare sono le prime vittime proprio coloro che si trovano a vivere la maternità in prima persona e che si scontrano così con i cambiamenti personali che questo accadimento per la sua magnitudo inevitabilmente produce.

La sofferenza che origina non tanto dal dover ritrovare un punto di equilibrio, quanto dal dover prima capire cosa davvero occorra provare a tenere insieme, tra tutte le pressioni e le aspettative cui ci si sente sottopost3, è spesso atroce. Ho trovato un antidoto in due testi molto diversi tra loro eppure capaci di produrre un buono scarto critico a partire dal quale ripensare noi stess3 e ciò che facciamo.

Lo faccio per me | Non sei il tuo senso di colpa

Il primo è l’ultimo lavoro della nota psicologa Stefania Andreoli, Lo faccio per me (BUR – Rizzoli), in cui l’autrice guida chi la legge ad affinare lo sguardo sui bisogni, propri e di coloro di cui ci si prende cura, non per giudicarli ma per imparare a non farlo e guadagnare così lucidità nelle scelte, laddove si possano compiere.

Il secondo è la collettanea Non sei il tuo senso di colpa (Prospero) a cura di Alice Brioschi in cui diverse voci competenti costruiscono un percorso attraverso diverse fasi della maternità, dalla scelta (Alessia Dulbecco) alle aspettative sociali (Sara Ghirelli), dal coacervo emotivo (Sara Baggetta) alla conciliazione vita/lavoro (Martina Borsato).

Non è un paese per madri

Alcuni di questi temi sono ripresi in un’altra chiave, quella dell’analisi dei dati, da Alessandra Minello in Non è un paese per madri (Laterza), che è un testo assolutamente da conoscere prima di poter anche solo pensare di parlare di natalità.

A dispetto infatti delle formulazioni astratte e numeriche con cui spesso si affronta pubblicamente la questione, a essere madre nella realtà è sempre una persona in carne e ossa che, come mostra Minello e come io avevo provato a scrivere qui: Mothers and the city. Essere genitorɜ in quel non villaggio che è ancora Genova, nella maggior parte delle sue esigenze viene lasciata completamente sola da quella società e da quello Stato che pure sembravano molto interessati a incoraggiarne la riproduzione.

Forse ora è un po’ più chiaro perché scrivessi che la prospettiva della maternità è solo in apparenza diversa da quella del diritto all’aborto: non solo perché in entrambi i casi devono essere scelte libere e compiute in piena consapevolezza, ma anche perché il femminismo intersezionale si occupa di entrambe contrapponendo a quello che troppo spesso è un mero interesse produttivo della politica la tutela reale della salute riproduttiva delle persone con utero. 

Bonus:

A proposito di benessere e riproduzione, non posso non citare La sostituta (BeccoGiallo), splendida graphic novel di Sophie Adriansen, con illustrazioni di Mathou, che affronta in modo efficace e straziante il tabù della depressione post partum, un aspetto di cui tutta la società dovrebbe imparare a parlare e a farsi carico.

Fateci sapere se avete già letto questi testi, se ne avete altri da segnalare sul tema (ce ne sono moltissimi, seguiranno aggiornamenti) e se vi abbiamo ben consigliato.

Buona lettura!

Disclaimer: queste non sono recensioni a pagamento, sono consigli su ciò che credo valga davvero la pena leggere. Se potete, acquistate i vostri libri dalle librerie indipendenti o dai siti delle case editrici: è un’occasione importante per riconoscere il valore del loro lavoro.

Immagine di copertina:
Illustrazione di Martina Spanu

Dottoressa di ricerca in Filosofia, studentessa di Scienze e Tecniche Psicologiche, insegna Filosofia e Storia nei licei e scrive moltissimo. Si occupa di pensiero nietzscheano, pop-filosofia, filosofia del corpo e femminismo intersezionale. Studia danza classica da sempre. Dal 2018 è mamma.

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