Nel film "Giorni e nuvole" la società flessibile che ci ha condannato al precariato

Nel film “Giorni e nuvole” la società flessibile che ci ha condannati al precariato

Genova e la società flessibile di inizio anni 2000 che, con la riduzione dei diritti sul lavoro, ha aumentato il divario sociale e distrutto ogni prospettiva.
31 Maggio 2024
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Genova, 2006. Elsa e Michele sono una coppia benestante sposata da vent’anni, che si potrebbe definire radical chic e che vive in un attico nel centro storico.

Lui lavora come imprenditore in una ditta affermata e lei sta per conseguire la laurea in storia dell’arte, con la quale sta lavorando, senza stipendio ma solo per passione, per riportare alla luce un antico affresco sul soffitto di un edificio della città.

Tutto sembra procedere per il meglio quando il marito dà una festa in casa invitando centinaia di amici per la laurea della moglie con tanto di banda musicale: è l’apice della loro gioia e della loro realizzazione. 

Il sogno però è già finito, perché da mesi Michele non ha più un lavoro, i suoi soci lo hanno escluso dalla guida dell’azienda che aveva fondato per divergenze affaristiche e ha tenuto all’oscuro la moglie e la figlia.

Michele è convinto di poter trovare in fretta un nuovo ruolo dirigenziale in qualche azienda per la sua esperienza e le sue capacità (evidentemente senza laurea); Elsa decide di iniziare a lavorare remunerata, facendo prima la telefonista e poi la segretaria notturna al porto. La figlia Alice, in preda ai tumulti di ventenne in rotta coi genitori, va presto a vivere col fidanzato. 

La famiglia perde la reggia nella quale abitava (finendo in uno dei tanti condomini della giungla metropolitana) ed è costretta a vendere anche la barca delle gite nel golfo e a rinunciare agli altri lussi come i viaggi esotici e il brillante donato da Michele alla moglie sulla passeggiata di Nervi.

Il rapporto tra Elsa e Michele continua a peggiorare perché lui non vuole accettare mansioni o lavori inferiori a quelli che ha sempre ricoperto da alto-borghese, trovandosi poi però ad accettare di diventare prima un fattorino e poi l’imbianchino nel palazzo dove vive; lei non si sente più apprezzata né desiderata da un marito depresso senza più prospettive: si tratta del punto di non ritorno, un’ansia che si avverte per tutto il film, a volte in modo irrespirabile.

Nel film "Giorni e nuvole" la società flessibile che ci ha condannato al precariato
Fotografia di Genova dal quartiere Castelletto. Foto di Edoardo P.

Preludio al peggio

Giorni e nuvole” è un film del 2007 del milanese Silvio Soldini. Qui siamo lontani dalle atmosfere sognanti e dalle commedie colorate di “Agata e la tempesta” o “Pane e tulipani”: la crisi familiare prelude il peggio della recessione decennale per tutta l’Europa e delle politiche di austerità di ‘lacrime e sangue’ e non c’è alcun lieto fine hollywoodiano o da serie Rai.

In una Genova tetra e indifferente, le case e gli interni dove l’umanità scappa da un mondo che si sta sbriciolando sembrano gli unici ed effimeri rifugi di un’economia sempre più disumana.

Dall’inizio degli anni ’90, si assistette infatti alla diffusione di nuove forme di contratti di lavoro – i cosiddetti contratti atipici – la cui funzione doveva essere quella di adattare i rapporti professionali alle nuove esigenze di organizzazione del lavoro emerse con l’avvento dell’era post-fordista.

I contratti atipici sarebbero stati così il complemento indispensabile dei criteri di flessibilità richiesti sempre di più dalle imprese, la cui competitività si era trovata minacciata dall’inasprimento della concorrenza conseguente al processo di globalizzazione e dalla fine delle misure assistenziali del mercato del lavoro a debito dei governi italiani fino alla caduta del Muro di Berlino.

Oggi viviamo le conseguenze di queste scelte politico-economiche.

Immagine di copertina:
Antonio Albanese e Margherita Buy in un fotogramma del film. Fonte Superguidatv


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