La notte degli scrittori 2025 torna a Palazzo Ducale, a cura del Teatro Nazionale di Genova

La notte degli scrittori 2025 torna a Palazzo Ducale, a cura del Teatro Nazionale di Genova

A cura del Teatro Nazionale di Genova, in collaborazione con Einaudi editore e Palazzo Ducale, hanno partecipato Matteo Bussola, Diego De Silva, Antonella Lattanzi e Nicoletta Verna dando vita a La notte degli scrittori 2025.
4 Aprile 2025
5 min
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La sala del Maggior Consiglio al Palazzo Ducale di Genova, come di consueto, era gremita. L’attesa che ha preceduto l’edizione 2025 del collaudato format “La notte degli scrittori” ideato dal regista Giorgio Gallione insieme ad Ernesto Franco, è stata come sempre assai densa di curiosa aspettativa.

Moderati da Danilo Di Termini, autore di programmi per Radio RAI, gli interventi degli scrittori ospiti sono stati introdotti dai reading di alcuni estratti dei libri presentati, per voce degli attori Barbara Moselli e Pier Luigi Pasino.

La neve in fondo al mare

La notte degli scrittori 2025 torna a Palazzo Ducale, a cura del Teatro Nazionale di Genova
La notte degli scrittori, Matteo Bussola. Fonte Einaudi ed.

Matteo Bussola presenta La neve in fondo al mare (2024, Einaudi Stile Libero).

Attraverso la voce narrante di uno dei quattro genitori, protagonisti del libro insieme a i loro figli, Matteo Bussola attraversa tutto il dolore, la non conoscenza, lo stupore che i genitori devono affrontare la tragedia allorquando i propri figli accusano un malessere che sfocia in patologia psichiatrica.

Come è tristemente noto, sia durante che a seguito della pandemia, vi è stata un’escalation dell’emergenza psichiatrica, colpendo per lo più adolescenti e ragazzi.

L’ambientazione del libro è all’interno di un ospedale, dove i figli scontano la loro pena insieme a i loro padri, i quali si pongono mille domande sugli errori commessi, sul fatto che hanno perduto l’orientamento ed il controllo, impreparati a tale evento devastante.

Una parte di risposte proviene proprio da uno dei ragazzi, sofferente di anoressia nervosa:

“… Farci del male è l’unica cosa sulla quale possiamo avere il controllo”.

Matteo Bussola, osservatore della realtà in quanto scrittore, con questa narrazione ha voluto mettere in evidenza il fatto che tutti e quattro i genitori raggiungono la consapevolezza che il dare amore non è l’unica via, ancorché giusta, da percorrere.

Così come assumono che risulta nefasto il messaggio che i figli vengano al mondo per compiacere i genitori. E che forse il figlio che meno piace, colui che più si ribella e delude le aspettative, è più probabile che si avvii verso una crescita più sana.

Adulto è un participio passato, mentre adolescente è un participio presente.  

Il compito dell’adolescenza è salpare nel presente, non vuole ascoltare promesse sul futuro, e deve prendere le distanze dalla famiglia senza per questo sentirsi sbagliato: soprattutto in un momento storico in cui questa generazione risulta come la più iper-giudicata e prigioniera di sempre. 

I giorni di Vetro

Nicoletta Verna a Palazzo Ducale, a cura del Teatro Nazionale di Genova
La notte degli scrittori, Nicoletta Verna. Fonte Einaudi ed.

I giorni di Vetro di Nicoletta Verna (2024, Einaudi Stile Libero) è una storia di donne, nate e cresciute nelle campagne romagnole, dove ebbe i natali Mussolini, e si svolge durante  il ventennio dell’ascesa del regime fascista. Un mondo di radicale violenza eppure di inesauribile fiducia nell’umano.

Il libro è ambientato a Castrocaro, luogo di nascita della scrittrice. È una piccola storia popolata da persone umili, che non possiedono nulla e che vivono in un  paese miserrimo, dimenticato da Dio, ma che si incrocia alla storia enorme che ha riguardato tutti gli italiani, e che proprio in Romagna ed in Emilia ha avuto un proprio sviluppo circa i grandi fatti di quegli anni.

Protagoniste in prima linea sono due donne, le quali convergono le loro vite in un periodo storico in cui la condizione femminile vive un’estrema prevaricazione discriminazione.

Donne che non si ribellano mai alle violenze subite in famiglia, prive di autonomia, donne che non lavorano, che non hanno studiato. Una di loro, però, reagisce e decide di unirsi alle brigate partigiane: per poi domandarsi in seguito se non stia contribuendo persino lei a tanta distruzione.

Anche un’altra donna si ribella, con un piccolo gesto, un atto religioso, di carità cristiana e di pietà e diventa il contraltare della partigiana.

È la volta di un personaggio maschile, il quale fin da bambino porterà avanti l’ideale della giustizia, unica legge che secondo lui dovrebbe albergare nel mondo, giungendo però a scelte molto discutibili. 

L’ultimo personaggio rappresenta il cattivo, un piccolo gerarca fascista con un occhio di vetro, un essere senz’anima – odiatissimo anche dagli stessi lettori del libro, narra la scrittrice –  il quale sposerà una delle due donne, impregnato della sadica certezza che ella non si ribellerà a tali violenze. Ma in lei l’istinto di salvezza non si spegnerà.

È una storia di Donne molto sofferenti, mai fragili.

Cose che non si raccontano

La notte degli scrittori 2025 torna a Palazzo Ducale, a cura del Teatro Nazionale di Genova
La notte degli scrittori, Antonella Lattanzi. Fonte Einaudi ed.

Antonella Lattanzi presenta Cose che non si raccontano (2023, Einaudi Supercoralli): il libro, candidato al premio Strega, è un’opera autobiografica sul percorso che la scrittrice da dovuto affrontare nella ricerca della maternità.

Anche qui si narra di violenza, anche se di altro tipo. 

Antonella Lattanzi racconta che nel momento in cui si è sentita pronta ad avere un figlio, il suo corpo non lo è stato.

Pensando di aver perduto tutto, dopo aver subìto sulla propria pelle l’iter spesso poco sensibile della medicalizzazione, durante questa sua personale, ossessiva e affannosa corsa per diventare madre, la possibilità di scriverne è diventata urgente, superando il gap della narrazione autobiografica. E dopo che tante donne e uomini si sono confidati con lei dopo aver letto il libro, infine ha compreso che si è rivelata la cosa giusta da fare.

Questa sorta di biografia doveva essere scritta senza voler essere né vittimista né autoreferenziale, senza enfasi e senza auto assoluzione.

Anzi, voleva raggiungere tutte quelle donne (ed i loro compagni e mariti) che i figli li hanno cercati e che si sono avvicinate al libro con coraggio, mettendosi a nudo con sè stesse: affinchè non si dovessero sentire dei mostri, ma uguali a tante altre donne nel mondo. 

I titoli di coda di una vita insieme

Diego De Silva a Palazzo Ducale, a cura del Teatro Nazionale di Genova
La notte degli scrittori, Diego De Silva. Fonte Einaudi ed.

È la volta di I titoli di coda di una vita insieme di Diego De Silva (2024, Einaudi): le pagine in chiaroscuro e il groviglio di sentimenti che accompagnano una lunga e intensa storia d’amore giunta al capolinea.

Diego De Silva mette da parte il suo personaggio piú amato, Vincenzo Malinconico avvocato di insuccesso, dal quale è stata tratta l’omonima fiction Rai interpretata da Massimiliano Gallo, per consegnarci un romanzo che tratta la fine di un intenso amore, di una separazione coniugale.

Al fine di superare lo squallore delle aule dei tribunali e dei linguaggi istituzionali che nulla hanno a che vedere con il dolore che provoca la fine di un matrimonio che è stato retto da un amore profondo, la coppia protagonista del libro decide di narrare da sé la propria storia.

Insoddisfatti dei freddi atti giudiziari, decidono che devono uscire dal loro habitat.

Soffrono per il loro amore finito e desiderano trovare un linguaggio comune per poter aver la forza di attraversare questa fine. Ritornano sul luogo dell’infanzia di lui, un piccolo paese, una casa dove entrambi hanno condiviso giorni felici, che nell’immaginario dello scrittore è diventata un b&b, per scrivere i loro titoli di coda: tenendo comunque sulla corda il lettore, anche se il finale è già evidente.

Soffrono nel dare atto che una componente forte della convivenza è l’abitudine, è il corpo che cerca quello che sa già fare, che crea un sistema di rituali, in modo che la vita si assesti in un regime che invece non ti fa veramente vivere: dove nulla può nuocerti, dove ti senti al sicuro. 

Ma tutto questo si rivela soltanto quando all’improvviso questa consuetudine si spezza.

Nel momento in cui il protagonista maschile si rende conto di aver perduto sua moglie per sempre, diventa  consapevole che l’accettazione della perdita rappresenti l’occasione di una rinascita possibile. Perché noi siamo fatti di quello che ci manca.

Soltanto la poesia, la scrittura possono cercare di esprimere quel groviglio di sentimenti, di ricordi dolorosi e felici che tutti insieme vengono a galla durante una separazione.

De Silva legge una poesia tratta dall’ultima raccolta di Ernesto Franco, venuto purtroppo a mancare recentemente, genovese di nascita, intellettuale, scrittore, editore il quale conosceva il linguaggio dell’intimità.

È una poesia di separazione. È la sintassi dell’addio. 

A poco a poco mi torni come un vuoto. Insisti che non esisti, che sei me, che è in me che nuoto. Dentro il mio corpo, dici, come mai io nel tuo, ora che a ciascuno non si dà piú il suo”.

Diego De Silva ci consegna questo libro senza rinunciare all’ironia che da sempre lo contraddistingue, pur narrando una storia di sofferenza e dolore, spiazzante, che fa male e che ci allontana dalle nostre convinzioni.

Immagine di copertina:
Foto Teatro Nazionale di Genova


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Danz-attrice con in parallelo una formazione in economia, ora agisce dietro le quinte. Nata a Genova, dove qualcosa la spinge sempre a ritornare, coltiva una smodata passione per la comunicazione e l'organizzazione teatrale e cinematografica. Collabora con diverse realtà locali e non. Onnivora di cinema (anche indipendente) teatro e danza contemporanei, deve assolutamente scriverne.

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