Sampierdarena: tra Manchester, Manhattan e Gotham City

Sampierdarena: tra Manchester, Manhattan e Gotham City

Era detta “La Manchester della Liguria”, proprio per quello stile metropolitano elegante ai margini della più industrializzata Cornigliano.
16 Ottobre 2024
4 min
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È un sabato mattina come tanti in via Molteni, a Sampierdarena. Il traffico scorrevole scivola indifferente tra le vie. Poche persone sui marciapiedi, almeno per il momento. Ma la sensazione non è quella di una zona che ancora deve svegliarsi, ma che si è invece persa in un lungo sonno.

Tormentato. Triste. Viene difficile pensare che questa parte di città venisse definita “La Manchester della Liguria”, proprio per il suo stile metropolitano elegante ai margini della più industrializzata Cornigliano.

Un tessuto commerciale fatto di negozi, cinema, alberghi di alta classe che nulla avevano da invidiare a quelli del centro. Del resto, per quanto ci fossero i tram e altri mezzi di trasporto pubblici, la logica del tempo era quella che ogni quartiere avesse il suo microambiente economico, situazione favorita dalla piccola distribuzione che permetteva di avere macellai, lattai e fruttivendoli sotto casa.

“Andare a Genova”, come si sente dire ancora nei quartieri lontano dal centro era qualcosa che non si faceva tutti i giorni se non per lavoro. 

Non era ovviamente tutto così idilliaco

Le cronache di quel tempo ci parlano di una malavita presente e ben radicata sul territorio, che verrà poi messa in ombra dai fatti di sangue quasi a cadenza quotidiana negli Anni di Piombo.

Tuttavia quelle vibrazioni tutto attorno c’erano ancora e mitigava la bruttezza dei fatti di sangue. 

Questa consequenzialità di pensieri mi ha fatto arrivare infine a ricordare una frase che avevo sentito da un mio ex compagno del liceo. Ai tempi, metà anni ’90, abitava in Val Polcevera e veniva a scuola in centro.

“Per noi ragazzi di periferia Sampierdarena era Manhattan. Pulsante e sfavillante di luci”.

Io ho iniziato a frequentarla solo poco più di un decennio dopo, attorno al 2005 e la ricordo anch’io quella fase, sebbene già verso il finire, in cui c’era ancora un cuore pulsante nel quartiere.

Non c’erano già più molti di quegli innumerevoli negozietti dove trovavi di tutto, o i vari cinema di quartiere. Ma iniziavano a esserci i primi internet point e ristoranti etnici quando ancora erano considerati una rarità.

C’era il viavai dei lavoratori tra la prima e la seconda generazione di stranieri in Italia, i giovani che tornavano dai loro mille impegni o i lavoratori che smontavano dal turno serale. Era già un quartiere diverso. Non cambiato in peggio, ma soltanto cambiato. Una zona di Genova che, come le altre in fin dei conti, cercava di adattarsi al cambiamento tenendo il passo a modo suo. 

Gotham City

Sono passati altri dieci anni o poco più e di quella Manhattan non è rimasto niente. Camminare per Sampierdarena nel 2016/2017, e ancora di più oggi è come camminare nella Gotham City di Batman.

Sotto gli archi di Via Avio è rimasto poco o nulla e a farla da padroni sono un grande senso di vuoto e degrado. La vibe che si sente nel camminarci alla sera è quella di un luogo abbandonato a sé stesso, senza più ambizioni, speranze o anche solo una progettualità che porti a uno sviluppo positivo nel futuro. 

L’anno scorso però in effetti un progetto c’era: portare i depositi chimici in una zona del porto molto vicina al quartiere, per lo meno in linea d’aria.

Tralasciando gli aspetti di salute e sicurezza, di certo possiamo comprendere come non sia esattamente il tipo di “progettualità” che una cittadinanza già messa alle strette come i sampierdarenesi vorrebbero.

Una scelta particolare anche perché Sampierdarena è uno dei quartieri più giovani anagraficamente della città. Verrebbe da chiedersi che fine hanno fatto tutte quelle promesse e buoni propositi che la politica fa sempre menzionando i giovani. “Lo facciamo per i giovani, pensiamo ai giovani”. 

Ma quindi cos’è successo? Come ha fatto Sampierdarena a passare da Manchester a Gotham City? Di chi è la colpa?

In primis è necessario chiarire che no, non sono ‘gli stranieri’ ad aver portato il degrado.

Il degrado era già stato portato dalle decine di tir che al giorno passavano indisturbati per via Avio. Se la realizzazione de La Fiumara fu in parte una grandissima idea che portò lustro al quartiere, tutta la costellazione successiva di grande distribuzione sviluppatasi a San Benigno, Campi e Cornigliano ha consumato il tessuto commerciale locale, che era poi fonte di sostegno e base per quello sociale.

Sparendo quell’insieme di presidi sociali che erano le attività economiche, è sparita anche la vita sana del quartiere, lasciando spazio a quella non sana.

Aggiungiamoci pure delle politiche sociali e sanitarie sempre più ridotte all’osso nel personale e nei budget a disposizione. Le ultime politiche sociali a funzionare furono quelle di fine anni 2000 che misero fine alla guerra tra bande di ‘latinos’ tra Sampierdarena e Cornigliano, permettendo man mano ai loro appartenenti di venire assorbiti dal tessuto sociale, rifacendosi delle vite in molti casi esemplari. Da lì in poi il nulla. 

Esistono delle comunità di stranieri molto attive, come quella degli evangelici sudamericani, o i comitati di quartiere che – grazie alla poca propensione all’ascolto di questa Amministrazione – hanno trovato nuovi slanci e una aumentata partecipazione.

Si tratta però di isole solitarie che molto spesso non formano arcipelaghi, ma punti sperduti in mezzo a un mare di necessità e problematiche. Sembra mancare l’affermarsi di una rete stabile e capace di elaborare proposte sempre più organiche e corali di risoluzione alle difficoltà del quartiere.

Sampierdarena non tornerà mai più a essere una versione romantica di Manchester, del resto è giusto che sia così. La vera speranza è invece quella di vederla evolversi in una comunità consapevole e coesa, capace di ricostruire una propria nuova identità che le conferisca il potere di autodeterminarsi e scrivere un proprio progetto di vita e sviluppo.  

Immagine di copertina:
Foto di Nadir M.


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Amico immaginario disoccupato, dopo aver vagato tra deserti e la perfida Albione, è tornato a Genova reinventandosi laureato in Scienze Politiche. Laureando in Opinione Pubblica, impiegato fantozziano, fatica a prendersi sul serio e quindi scrive, perchè “scrivendo si consola” (semicit.).

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