La chiesa del Gesù e dei Santi Ambrogio e Andrea, affacciata su piazza Matteotti nel centro storico genovese, vicinissima al Palazzo Ducale, antico palazzo di governo della Repubblica di Genova, al Duomo di San Lorenzo e alla novecentesca Piazza De Ferrari con la sua splendida ed iconica fontana rappresenta il fulcro delle maggiori vie del centro città.
La chiesa è uno dei più importanti edifici sacri del barocco genovese e venne realizzata tra il 1589 e il 1606 su progetto dell’architetto nonché padre gesuita Giuseppe Valeriano (L’Aquila 1526 – Napoli 1596), che progettò tra l’altro la chiesa del Gesù Nuovo a Napoli.
La chiesa genovese e l’intero complesso, comprendente la casa professa, venne realizzata su un più antico edificio dedicato a Sant’Ambrogio che esisteva già dalla metà del VI secolo d.C., che aveva accolto l’Arcivescovo di Milano in fuga dall’invasione dei Longobardi di Re Alboino nel 596 d.C.
L’antico titolo di Sant’Ambrogio rimase sempre legato a tale insediamento che, attraverso rimaneggiamenti e ricostruzioni nel corso dei secoli, ebbe vita fino al momento del passaggio alla Compagnia di Gesù attorno al 1580.
Nel 1588 il gesuita Marcello Pallavicino, appartenente a una delle più ricche e potenti famiglie genovesi, finanziò la costruzione dell’intero complesso riservando per sé e la sua famiglia alcuni privilegi tra cui la riproduzione dello stemma nella chiesa e il diritto di sepoltura nella cripta sottostante l’altare maggiore dei membri della famiglia.
Il primo agosto 1589 venne posta la prima pietra e tre anni dopo l’Arcivescovo di Genova Alessandro Centurione vi celebrò la prima messa.
I lavori proseguirono in più fasi con la messa in opera del paramento murario della facciata fino alla trabeazione sopra i portali nel 1637, il cui completamento, eseguito secondo il disegno originario fu realizzato solo negli anni 1891-2.
La documentazione grafica dell’edificio fornitaci da P.P. Rubens in una delle edizioni del suo libro Palazzi di Genova pubblicato ad Anversa nel 1622, attesta il sostanziale rispetto del progetto originale fatta eccezione delle cappelle ai lati dell’abside e del campanile.
Con la soppressione della Compagnia nel 1773, la chiesa passò al clero secolare con l’antico titolo di Sant’Ambrogio al quale fu aggiunto anche quello di Sant’Andrea nel 1813 quando la omonima chiesa con l’annesso convento – vicini alla poco distante Porta Soprana detta anche di Sant’Andrea –, fu trasformata in carcere giudiziario e nel 1816 con la Restaurazione i Gesuiti rientrarono nella loro chiesa.
Strutture e apparati decorativi
La progettazione e relativa realizzazione delle strutture e degli apparati decorativi rispondono ai dettami e agli obiettivi della catechesi gesuitica ossia la diffusione della Parola ai fedeli e le arti quindi, oltre ad essere uno strumento pedagogico e di propaganda, divennero un mezzo di evangelizzazione seguendo i dettami della Controriforma.
La decorazione degli spazi scanditi dalle dinamiche arcate della struttura movimentate dalle cornici a stucco dorato, si arricchisce di marmi pregiati ad effetto coloristico attraverso gli intarsi mentre i rilievi e le sculture dialogano con le decorazioni sulle pareti, sulle volte e sugli altari con opere che hanno segnato la storia dell’arte europea.
La decorazione ad affresco si vale dell’operato di Giovanni e Giovanni Battista Carlone (1625-1628 c.ca), che la eseguono intorno al secondo decennio del Seicento su una tematica incentrata sulle vicende di Cristo e della Vergine; l’iconografia tiene conto dell’impegno missionario dei Gesuiti come difensori dalle eresie e dalla Riforma protestante.
L’erezione della croce in particolare può apparire ai nostri occhi come un elemento meramente decorativo, scevro da un qualsivoglia legame con l’opera che campeggia sull’altare della cappella, ovverosia la bellissima tela realizzata da P. P. Rubens raffigurante i Miracoli di Sant’Ignazio di Loyola (1620).
Opere in dialogo
L’opera di G. B. Carlone, però, è effettivamente parte integrante del ricco programma decorativo ed iconografico della cappella in quanto il quadro del Rubens non deve essere concepito e fruito singolarmente.
Il tema raffigurato nella tela è stato concepito per dialogare con lo spazio esteriore dell’ambiente che lo accoglie, divenendo una “prosecuzione virtuale” dell’edificio.
Sotto la figura del Santo, infatti vi è una balaustra marmorea che riproduce e dialoga con quella effettivamente presente nello spazio architettonico della chiesa. Questo gioco di rimandi alla realtà, tramite il colore, le luci e gli artifici architettonici sono stati progettati per creare un senso di stupore e coinvolgimento emotivo del fedele.
In questo modo l’arte diviene, pertanto, uno strumento per la conversione e le immagini divengono il mezzo per veicolare questi messaggi religiosi e devozionali con più immediatezza ed efficacia volta “AD MAIOREM DEI GLORIAM,” secondo i canoni della Controriforma e dei committenti, ossia la Compagnia di Gesù.
Il programma iconografico
Ai lati dell’Opera del Rubens vi sono due statue raffiguranti Davide con la testa di Golia ed Abramo con Isacco (1650), simboleggianti uomini di Fede dell’Antico Testamento (ndr. per le statue in oggetto si rimanda al sito shorturl.at).
Al di sopra del dipinto, nei fregi marmorei vi è lo stemma con il moto di Gesuiti “AD MAIOREM DEI GLORIAM” ovverosia ciò per il quale ogni opera deve tendere a tale fine.
Un dialogo con la figura del Santo, inoltre, vi è più in alto il quadro di Giovanni Battista Carlone raffigurante l’apparizione di Gesù a S. Ignazio (Visione presso la Storta), momento di decisiva conferma del carisma da apostolico della Compagnia di Gesù, in quanto Cristo appare al Santo insieme al padre chiamandolo a servirlo e a partecipare alla sua gloria con la croce.
L’erezione della croce di Giovanni Battista Carlone conclude, pertanto, questo excursus in modo tale che tutti i soggetti rappresentati nel programma iconografico evochino all’ennesima potenza i miracoli del Santo e la sua gloria, segni della sua partecipazione alla vita donata da Gesù che continua ad amare fino alla fine.
Immagine di copertina:
Dettaglio della volta della cappella di Sant’Ignazio di Loyola nella Chiesa del Gesù. Fonte Antonio Figari autore del sito isegretideivicolidigenova.com e presidente della Associazione Culturale Giano – per gentile concessione
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