Autobus Genova AMT

Dimmi che linee bus vuoi, ti dirò che città immagini

Essere eco-friendly non è chic, è cheap. Il trasporto pubblico è servente al lavoro e anche alla vita quotidiana delle persone.
7 Novembre 2021
6 min
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Possibile che se voglio vedere uno spettacolo serale ai Parchi di Nervi non riesca a trovare il modo di tornare a casa? E che non posso andare a Sestri Ponente, la sera, il sabato sera, con un mezzo di trasporto pubblico? Eppure così è. In questa città si fanno proclami sul rinnovo della flotta dei mezzi del trasporto pubblico: benissimo! Che siano autobus, tram, filobus o anche super-bus, ma che ce ne frega se tanto poi non ci sono e/o non passano quando servono?

Sarà brutale, eppure il punto vero è: “Passa il bus? Ogni quanto passa?” E se la risposta è: “non passa dalle 22 alle 6”, allora non serve a un tubo che sia a propulsione bio, elettrica o a idrogeno. A un tubo.

Autobus Genova AMT
Autobus AMT Genova. Foto Primocanale

Sembra ci sia una certa confusione nella testa di molti governanti. Diciamolo chiaro: non si sceglie il trasporto pubblico locale (solo) perché è eco, “amico della natura” e “di Greta”. 

Si sceglie il trasporto pubblico locale perché costa meno, perché implica non comprare (o pagare per l’utilizzo) l’auto o lo scooter, perché magari non si ha la patente, o anche per poter bere due bicchieri e comportarsi responsabilmente. E poi, certamente, anche perché si inquina di meno. 

E. POI. Chiaro? Non è che se da domani avremo le ferrovie urbane a trazione magnetica e propulsione all’idrogeno a zero emissioni, allora saremo messi nelle condizioni di poterle utilizzare, chiaro?

Essere eco-friendly non è chic, è CHEAP

Parlare di trasporto pubblico locale è solo un altro approccio al pensare la città, per capire come la si legge oggi e la si immagina domani

Prendiamo la mappa delle linee di trasporto pubblico a Genova: partono dalle periferie e mirano al centro città. Il loro asse di riferimento è il collegamento tra il centro e i quartieri periferici. 

Pensiamoci un attimo su: perché?

Genova AMT Linee
Mappa linee di Genova. Immagine di Conosceregenova

Non è nemmeno propriamente il centro città il vero target delle linee: è il porto. Il Porto Antico. E lo è anche il suo prolungamento a ponente. Lì insistono il maggior numero di linee a bus doppio. Le linee bus collegano quello che una volta era il porto e la sede dell’industria pesante genovese con quelli che una volta erano i quartieri-dormitorio di Genova.

Spostare i lavoratori, da casa a lavoro e viceversa. Spostarli negli orari precedenti l’apertura e successivi alla chiusura di porto e fabbriche. Quindi nel weekend non servono: i lavoratori non lavorano nel weekend.

Potrebbe suonare così il manifesto del trasporto pubblico a Genova.

Certo, modifiche, adeguamenti, accorgimenti e perfino qualche innovazione ce ne sono stati. Eppure l’architrave e il pensiero portante del trasporto pubblico locale è ancora quello: degli anni Sessanta, Settanta, Ottanta, della Genova città focalizzata su porto e industria tra Sampierdarena, Cornigliano, Multedo, Voltri e tutta l’area portuale industriale che va dal Porto Antico fino al VTE.

Abbiamo una rete di trasporto pubblico locale immaginata e realizzata per una Genova che non c’è più.


Ma quindi, Francesca, perché non sei mai venuta con noi quest’estate ai bellissimi spettacoli che c’erano ai Parchi di Nervi?

Perché a fine spettacolo non c’è un treno che colleghi Nervi con Sestri Ponente, dove abito. E se scendo a Brignole, poi mica trovo il bus che va a Sestri.” Tratto da una conversazione whatsapp immaginaria in una chat di 20-30enni genovesi.

Ehi, raga, ma perché oggi non andiamo a Bocca o a Nervi?”

“Eh, fré, perché per andarci dobbiamo cambiare almeno 2 o 3 volte il bus e in treno avoja che ci arriviamo”. Tratto da un dialogo immaginario tra ragazzi tra i quattordici e i diciotto anni in Valbisagno o in Valpolcevera, a scelta.

Che palle, anche oggi non posso venire con voi perché non trovo un passaggio per il ritorno, e il bus non passa più dopo le 20/21”. Messaggio realistico di un residente in qualsiasi area collinare tra Colle degli Ometti e Crevari, (non) servito dalle linee bus collinari.


Chi usa il trasporto pubblico locale oggi non lo fa solo per andare al lavoro

Non ci sono più orde di operai e camalli. E la città non è più solo produttiva di navi, merci, lavoro, salari di fabbriche. Non è più un luogo costruito per mettere le case dove si dorme vicino ai luoghi dove si lavora. Oggi le città sono diverse da come erano trenta-quaranta-cinquanta-sessanta anni fa.

Oggi la città è la sommatoria di tanti luoghi con diverse funzioni. Oggi le nostre vite non sono fatte solo di lavoro nei giorni feriali e riposo nei giorni di festa. È cambiato il paradigma alla base della quotidianità: ce ne siamo resi conto? A Genova pare proprio di no.

E così pare che qualcuno potrebbe voler andare a Boccadasse il giovedì pomeriggio. E così pare che qualcun altra vorrebbe programmare una giornata sui colli genovesi e rientrare a casa poco dopo cena. E così pare pure che ci siano individui matti e rarissimi che vogliano uscire la sera, anche nelle giuste, perché solite, sere di svago (sabato, al massimo venerdì, eh, non sia mai!), magari bersi due o tre bicchieri e quindi poter rincasare con un mezzo pubblico che non costi 25 euro a tratta.

Cosa risponde la cosa pubblica a queste persone? “Attaccati al tram e fischia in curva”, si diceva una volta. Noi oggi nemmeno al tram possiamo attaccarci, invece.

Il disegno delle linee del trasporto pubblico locale di Genova ci restituisce una lettura della città e delle nostre vite che non è più corrispondente alla realtà. Per questo dovremmo chiederne un rinnovamento. Anzi, una rivoluzione.

Ci vorrebbero linee che percorressero tutta la linea costiera, tutto il giorno, tutti i giorni. ANCHE di sera. Soprattutto le sere dei weekend, dai, ce la facciamo? Ma davvero ancora Genova “chiude” nel weekend? Ci vorrebbero linee a collegare i quartieri delle valli ai luoghi più panoramici e frequentati (fosse anche solo) nei weekend. 

Ci vorrebbe una visione più schietta e non ideologica della città e dei quartieri, perché le dinamiche di vita di cittadine e cittadini, la modalità di fruizione degli spazi, gli schemi di programmazione di tempo libero e lavoro sono radicalmente differenti rispetto a venti, trenta, quarant’anni fa.

Non è più pensabile uno schema del trasporto pubblico locale che “va a dormire e si sveglia coi lavoratori” [sì, solo lavoratori, al maschile, perché in porto e in fabbrica le donne non ci andavano. Ché non è vero, ma così sveliamo un altro inghippo sociale antropologico della nostra città].
 
E la cosa stona ancora di più se mettiamo assieme questo dato con l’affermazione declamata in ogni dove per le strade e le conferenze stampa della nostra città dal 1992 a oggi: che Genova sia una città turistica

E allora come diavolo pensiamo che ragionino i turisti? Anzi, mettiamola più semplice: chi di noi in vacanza adotta gli stessi orari di quando lavora? 

La confusione è grande sotto il cielo di Genova

Nella lotta tra bus, tram, filobus, monorotaie più o meno volanti (alcune mitiche, come la telfer), skytram e funivie disegnate su immagini computerizzate di entrambe le vallate, il rischio vero è che nulla venga ritoccato a percorsi e orari e frequenze delle linee urbane di bus, metro e treno.

E il progetto dei “quattro (più uno) assi di forza”, nella sua azione di stuccu e pittua (quattro più uno colori), conferma la divisione e la visione della città ancorata agli anni Sessanta-Ottanta del secolo scorso.

Questo è un punto nodale del rinnovamento di Genova: osservare la città che cambia e adeguarsi, anzi, mostrarsi capaci di accogliere le nuove modalità non solo di trasporto, ma di lavoro e di vita. Il trasporto pubblico è un servizio pubblico in quanto servente all’aiutare le persone – in prima istanza per chi dispone di minori possibilità di acquisto e/o di guida di mezzi propri – a lavorare e a vivere meglio.

Se lavoro e vita cambiano, allora il trasporto pubblico locale deve cambiare.

Genova AMT
Locandina di promozione della Telfer (sta per “telefere elettrico”) cioè la ferrovia monorotaia “a sella” costruita ed in attività a Genova nel 1914 in occasione dell’Esposizione Internazionale.

Lo sappiamo che i giovani d’oggi, nan, la patente la prendono sempre più tardi e sempre meno spesso? E lo sappiamo che Genova ha un rapporto auto/abitanti inferiore al 50%, in decrescita costante, con una riduzione del parco auto del 4,5%? E allora, “veda un po’ lei”!

Imperniare il cambiamento del trasporto pubblico sul mero rinnovo del parco mezzi è puro atto di vanità e greenwashing.

Studiare (prima) la città per come è oggi, il suo mondo del lavoro, la popolazione che la vive (sia essa residente o di passaggio) sono presupposti necessari per disegnare a ragion veduta le linee del trasporto pubblico locale che è al servizio di queste cose.

Eccola un’“idea rivoluzionaria” per la Genova del 2030.

E sarebbe un’idea qualificante e identitaria, perché prima del disegno delle linee si dovrebbero scegliere e indicare le istanze prioritarie cui il trasporto pubblico sarebbe servente.

Disegnare le linee del trasporto pubblico locale è la cartina di tornasole della città che si vede oggi e si immagina per domani.

Immagine di copertina:
Filobus 18m Van Hool AG300, Genova. Foto di Ale Sasso


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