Lacci

CINEMATIC*PILLS | Lacci

Lacci è una storia sulla vita e sui legami. Il peso dei ricordi segna e forma ogni persona. È un film commovente, struggente e drammatico. Voto 8.5
6 Novembre 2020
3 min
1.2K views

Review

Fotografia
8/10
Sceneggiatura
9/10
Colonna Sonora
8/10
Regia
9/10
Overall
8.5/10

CINEMATIC*PILLS | Lacci

2020, regia di Daniele Lucchetti
Tratto dal romanzo di Domenico Starnone

Nella scorsa uscita di CINEMATIC*PILLS ho consigliato alcuni film al cinema tra cui Lacci di Daniele Luchetti.

Il film ha aperto, fuori concorso, la 77ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Lucchetti si è basato sul romanzo di Domenico Starnone che, tra l’altro, ha anche collaborato alla sceneggiatura.

Mi è capitato di vedere il film un po’ per caso… Quel pomeriggio mentre passeggiavo per vico San Matteo sono passata di fronte al cinema Ariston, ho visto che il film sarebbe stato proiettato da lì a pochi minuti.

Sono entrata.
È stata un’ottima scelta.

Trama 

In una Napoli degli anni ‘80 vengono portati in scena i drammi di una famiglia composta da Vanda, Aldo e i due figli Anna e Sandro.

Entriamo nelle dinamiche famigliari lo stesso giorno in cui Aldo confessa alla moglie di averla tradita con una sua collega, Lidia, ponendo così le basi per il fallimento del loro matrimonio. 

La coppia entra in crisi e i figli, silenziosi, ascoltano e guardano. 

Dal momento in cui Aldo lascia Napoli per trasferirsi a Roma con Lidia, ogni personaggio, che sia bambino o adulto, genitore o figlio, in un continuo spaziare tra presente e passato, si trova a dover reagire ai cambiamenti e ai drammi familiari.

Recensione

Quanto possono essere fragili i rapporti umani? 

Questa è una delle tante domande che Lacci mi ha messo in testa.
I rapporti qui si basano sul dire troppo o troppo poco, sul confessare tradimenti per egoismo o per amore, sul rimanere in silenzio ad ascoltare o alzare la voce e non sentire più niente, chiudersi in sé stessi aspettando una soluzione, accorgendosi dopo troppi anni che forse alla fine la scelta fatta era quella sbagliata.

Il film di Luchetti è un film sulla vita, sui legami, sulle scelte e i sentimenti che mutano o cambiano direzione, che si infittiscono e poi si perdono.

C’è un momento nel film in cui Vanda lancia a terra una caraffa di vetro. I cocci per tutta la scena non vengono raccolti, rimangono lì sul pavimento, si scavalcano, si fa finta di non vederli, come se la caraffa fosse ancora sul tavolo intera. 

Alla famiglia di Vanda e Aldo accade lo stesso. Dopo trent’anni sembrano essere ancora tutti insieme, ma sia tra loro che ognuno di loro è a pezzi, pezzi che nessuno sembra voler raccogliere.

Sia Vanda che Aldo hanno scelto di non aggiustare né di buttare quella caraffa, solo di passarci sopra come se non ci fosse, facendola sempre più a pezzetti. 

Tra loro però ci sono Anna e Sandro, i figli, osservatori silenziosi che ingoiano tutte le paure, le decisioni, le ribellioni e i contrasti dei genitori, giù fino in fondo allo stomaco cercando di soffocarli per tutta la vita. 

Il peso dei ricordi e di quei cocci determina la vita di ognuno dei personaggi che, silenziosamente, si costruisce gettando le basi proprio con quelle sofferenze soffocate. I personaggi del film incarnano le parole di Vanda “tu sei quello che ti è sempre capitato”.  Chi è figlio diventa genitore e in base a quei cocci sceglie che tipo di genitore essere. 

Vanda dal momento in cui Aldo le confessa il tradimento cerca di convincere il marito a rimanere con lei e i bambini. Cerca di richiamarlo a Napoli in nome del patto che fecero quando decisero la loro vita insieme

Quello che ti è successo può succedere. Noi abbiamo fatto un patto quando abbiamo deciso di andare a vivere insieme. Te lo ricordi o no?

Questo patto prescinde dall’amore, dai tradimenti, da altre donne o uomini, pretende lealtà verso la loro famiglia. Vanda negli anni 80, interpretata da Alba Rohrwacher, crede che sia lei che Aldo debbano rimanere fedeli al proprio ruolo di moglie marito e di genitori, raggiungendo un compromesso coi propri ideali sociali e civili.

La Vanda di trent’anni dopo invece, interpretata magnificamente da Laura Morante, ripensa a quella sua presa di posizione, non riuscendo a capire cosa l’abbia spinta davvero trent’anni prima a fare di tutto per rimanere in quel ruolo infelice, a non accettare il cambiamento. 

Il racconto di Luchetti è universale e commovente, ognuno riesce in un certo senso a rivedersi in quel vortice di angoscianti sentimenti che cambiano e allo stesso tempo formano ogni personaggio. Le scene sono attente, precise e commoventi, ritraggono una realtà quotidiana di sbagli e ferite. Guardando questo film, così universale, ci si rivede sia genitori che figli.

Oltre alla regia e la sceneggiatura anche i costumi e le musiche sono azzeccatissime. 

Per completare questa analisi vorrei citare una frase presa dal libro di Starnone, libro a cui si ispira Luchetti, perché racchiude in parte quello che osserviamo alla fine del film. 

Nelle case c’è un ordine apparente e un disordine reale

Immagine di copertina:
wall:in media agency


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