Ho deciso di inaugurare il mio contributo a questo magazine con un’esperienza autobiografica, con l’intento di dare il via a una rubrica – Approcci a una vita genovese – che spero riuscirà a esprimere tutta la stima ed eterna curiosità che nutro verso la città in cui vivo: Genova.
Premetto che non sono pienamente genovese: nata in un ridente paesino dell’entroterra, con meno abitanti che bar e parrucchieri, ho sempre sentito la necessità di andarmene altrove.
Ebbene, finito il liceo ho immediatamente deciso di scapparmene via, e sono andata a vivere niente meno che a Milano. Non sprecherò battute preziose nella descrizione di questa città, a questo lascio magari un articolo più avanti; mi limiterò a dire che ho imparato ad amarla, in ogni suo aspetto, e ugualmente a essere molto oggettiva su qualsivoglia commento a riguardo.
Dopo addirittura cinque anni milanesi, anni universitari, quindi passati perlopiù all’interno di aule o in camera a studiare – sì, sono una persona tristissima e giudiziosissima, quindi niente party con relativo post-sbornia salta esami – sono tornata a casa mia, accompagnata dalla gravosa ansia verso il mondo lavorativo. Un macigno così grosso che mi ha costretta ad applicare per un master a Venezia.
Dopo un intero anno passato in laguna, una serie molto interessante di coincidenze mi ha portata a tornare nella mia regione. Un’altrettanta interessantissima serie di coincidenze mi ha invece portata a trasferirmi nel centro storico di Genova proprio qualche mese fa.
Da inizio dicembre sto iniziando a prendere confidenza con la città, mi muovo ancora molto incerta e scopro ogni giorno scorci nuovi e differenti. Ho deciso quindi di dedicare questa rubrica all’approfondimento di vari aspetti della città, piccole istantanee della mia mente.
Immagine di copertina:
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