Nel 1986, dopo diversi lavori di ridimensionamento delle strutture esistenti, è stato ufficializzato il nuovo aeroporto Cristoforo Colombo di Genova per come lo conosciamo oggi.
Sotto gli occhi curiosi di oltre centomila persone, ha avuto luogo la cerimonia di inaugurazione. La manifestazione si è svolta con grande entusiasmo, accompagnata da un partecipato concerto di James Brown, re del soul. Diverse figure di spicco del panorama politico nazionale si sono presentate, tra cui il presidente del Consiglio dei Ministri Bettino Craxi, il Ministro dei Trasporti Claudio Signorile e il Ministro del Bilancio e della Pianificazione Economica Pierluigi Romita.
Trentaquattro anni fa tutta la regione Liguria accoglieva con interesse questa novità importante, sull’onda di un periodo carico di aspettative per le Colombiadi e l’EXPO, che si sarebbero svolte a Zena nel 1992, sei anni più tardi (leggi l’articolo di wall:out sulle Colombiadi: Dalle Americhe al Porto Antico. Dalle Caravelle all’Expo di Genova).
Il restyling della stazione aeroportuale si intersecava in un discorso più ampio di rilancio regionale, che avrebbe dovuto fare da volano per l’economia di tutta l’area circostante.
Con una struttura “a punta di freccia” che vista dall’alto la fa apparire come la fronda di un albero, l’aeroporto Cristoforo Colombo è stato concepito secondo quelli che erano i più moderni sistemi costruttivi, con corridoi mobili “a telescopio” direttamente collegati agli aerei. Con un’area di circa diciannovemila mq articolata su quattro piani, il Colombo permetteva fin da subito l’operatività di cinque aerei contemporaneamente.
Il flusso medio che ci si aspettava era di due milioni di turisti annui, un numero che spesso non è stato rispettato nel tempo, facendo scivolare il livello più sul milione di persone. Nell’ultimo triennio tuttavia, grazie ad un aumento degli scali internazionali, la percentuale di afflusso è incrementata notevolmente, facendo addirittura registrare alcuni picchi da record. Nel luglio del 2018 per esempio, sono stati calcolati 169.519 passeggeri che hanno transitato al Cristoforo Colombo, il numero più alto di sempre su base mensile.
Come cita il sito ufficiale dell’Aeroporto di Genova, proprio il 2018 ha rappresentato un’annata delle meraviglie, con più di un milione e quattrocentomila passeggeri tra arrivi e partenze. I dati più confortanti in assoluto sono stati quelli legati ai voli internazionali, che hanno registrato un aumento dei passeggeri del 31.9% rispetto all’anno precedente. Ci sono state novità importanti quali il lancio degli scali di EasyJet, oltre che le conferme dei trend positivi di Volotea, con una crescita fino a 16 destinazioni differenti partendo dal capoluogo ligure.
Il 2020 invece, come per l’intero mercato aereoportuale, è partito nel segno della pandemia globale di Covid-19, subendo conseguenze non trascurabili già nell’immediato.
Inoltre, la stessa EasyJet, ancora prima del coronavirus, aveva deciso di ritirare il proprio punto d’appoggio genovese. Come a dire, il nostro è un aeroporto che ogni volta pare non riesca a spiccare realmente il volo come vorrebbe.
La fase moderna del “Cristoforo Colombo” in ogni caso, e questo è il vero focus del nostro articolo di oggi, ha preso piede nel 1986.
Tra polemiche, critiche, rilanci e proposte, il terminale costiero della nostra città ha affrontato un percorso che non è certo stato semplice negli ultimi quattro decenni. Diverse migliorie vanno ancora fatte, sia a livello di maggiore connettività con il centro urbano, sia a livello di operatività dell’aeroporto stesso.
Negli ultimi anni tuttavia mi è capitato alcune volte di decollare o atterrare in Liguria, e l’effetto che ti dà vista dall’alto questa striscia di terra posta tra il mare e i monti, è ogni volta una scarica di endorfine.
Ci fa stare bene.
Immagine di copertina:
Oskar Kadaksoo
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