Ha da poco aperto il tanto atteso supermercato di Esselunga in Via Piave, in Albaro, e via con il polverone di polemiche, e polemiche assolutamente di-ogni-tipo. Chi ce l’ha con Coop (presunta concorrente, ma parrebbe se mai il Gruppo Sogeross il vero freno all’ingresso nel mercato di nuovi attori) e chi inneggia al libero mercato; chi ne vorrebbe di più, chi di meno; chi vede il segno di un rinnovamento, chi del decadimento; chi ha trovato l’ennesimo motivo per urlare contro le ciclabili, e chi ne ritiene confermata la necessità; chi ritiene uno scempio l’inserimento di una media superficie di vendita in un quartiere signorile, chi ricorda business is business; chi… e forse chi nulla sa di tutto ciò – dai, qualcuno così ci sarà, ci deve essere! -.
Ma sia chiaro, si vuole avere uno spirito di “critica” in senso costruttivo, così: “la forza della critica sembra più vicina a una irrequietezza della possibilità”, vale a dire al domandarsi se davvero non potrebbe essere diversamente da così.” (Articolo di wall:out Il parcheggio e l’arte della critica)
Il dato è che il giorno 16 dicembre, nonostante tutto ciò che è accaduto nello scorso anno 2020, con 4 soli giorni di ritardo da quanto annunciato circa un anno prima, con un cantiere che è stato l’unico in città (quello del nuovo Ponte va ritenuto del tutto straordinario!) a non fermarsi pressoché mai (alcuni problemucci burocratici, non di volontà politica), ha finalmente – da leggersi come alla fine, eh – aperto il primo punto di vendita della nota catena di supermercati Esselunga anche a Genova.
Se è concesso tralasciare tantissime delle polemiche più o meno legittime e delle questioni più o meno fondate condivise e diffuse, si azzarderebbe una riflessione che ha l’ardire di interrogarsi un poco più in profondità nella vicenda, con ambizioni politico-sociali sulla visione che si ha per la Città.
Abbiamo tutti letto e/o visto la lunga coda, e di auto e di persone, formatasi in via Piave il primo giorno (e anche i giorni successivi).
Ma che male c’è?
Ecco, io non penso vi sia di per sé alcun male. Evviva la possibilità di rifornirsi dalla attività commerciale che si preferisce! Evviva la possibilità di spostarsi per la città, liberamente! Evviva l’opportunità di trovare una nuova offerta a fronte di una domanda che, con quel borbottio tipico del mugugno genovese, pare insoddisfatta un po’ da sempre in Città, evviva!
Eppure…eppure non è ancora questo davvero che perplime…
Quello del 16 dicembre, la già rinominata Grande Prima Apertura di Esselunga a Genova nell’Anno Domini 2020 – leggasi ventiventi, please -, è stato un po’…lo possiamo dire? Sì, dai, diciamolo! È stato l’evento dell’anno… e che tristezza!
E intendiamoci: dopo un anno di quarantena, o almeno così la abbiamo percepita, dopo esser stati chiusi in casa (non molto, si direbbe, ma diciamo che in tanti la si è vissuta così), dopo aver avuto… voglia di ballare /un reggae /…/ in una piazza pieeeenaaa! per tutta l’estate, dopo aver di nuovo visto chiusi locali, teatri, cinema e tutto ciò che si può fare alla sera, dopo essere ritornati “a distanza di sicurezza” in tutti gli ambiti delle nostre vite, è anche ben vero e comprensibile che in tanti si aspettasse un evento, un appuntamento, un qualcosa su cui riversare tante aspettative, qualche sorriso, un pizzico di brivido di vedere come va una cosa nuova, una novità in quel mare di ripetitività che sono diventate (ma forse lo sono sempre state e sempre lo sono, tutto sommato, e non è mica poi così male, ma vabbè) le nostre vite! Quindi diciamo pure che “ci sta”.
Eh però, non possiamo non provare a chiederci anche cosa la nostra città sappia offrirci come evento. Perché se è vero che qualsiasi cosa sarebbe potuto essere un evento, è vero pure che quell’evento è stata proprio la G.P.A. (Grande Prima Apertura) di Esselunga a Genova. Poteva essere qualsiasi cosa, e invece…
È proprio questo che sa offrire la nostra città? È solo questo?
Abbiamo una tradizione teatrale immane (e c’è chi ha detto che di teatri ne abbiamo troppi), eravamo una delle città con più cinema in Italia, abbiamo uno degli Acquari più significativi d’Europa, Palazzo Ducale allestiva una tra le cinque mostre temporanee più visitate d’Europa, (no, il centro storico più grande d’Europa è una bufala, questa non vale!), e… E ci dobbiamo accontentare di un supermercato.
Ma d’altronde pare proprio andare così, “di questi tempi”, come si suol dire. E però forse non è nemmeno colpa di una congiuntura sfavorevole…
Sembra che, da qualche tempo a questa parte, quando si configura l’opportunità di valorizzare grandi spazi, pubblici o privati che siano, non è questo il punto (Articolo di wall:out Il caso Villa Serra. Possiamo uscire dalla trappola del pubblico contro il privato?), si realizzi poi una sempre più ripetuta e univoca soluzione: monetizzare.
Badate: da “valorizzare” a “monetizzare” il passo semantico è sì breve, eppure sostanzialmente e urbanisticamente pare un salto da una riva all’altra di un abisso…
E l’insediamento di un supermercato, per dirla breve, è registrata essere la scelta più spesso compiuta dalla attuale Amministrazione Comunale. Si pensi non solo ad Esselunga in Via Piave (e che arriverà comunque anche a San Benigno in Via di Francia), ma anche a Penny Market in Corso Europa, a Conad in Via Cavallotti (presso l’ex o quel che ne rimane Istituto Champagnat), a Sogegross a Nervi e a Cornigliano, a Kappa 2 srl/Doro in Piazza di Soziglia, solo enumerando gli ultimi casi (e non citando quelli work in progress ancora non realizzati come Leroy Merlin allo Stadio Carlini).
Non è quindi ce l’avete con Esselunga, no. Ce l’avete coi supermercati: ecco, questo sì.
E nemmeno perché siete dei radical-chic che vorreste solo negozietti di quartiere, sedicenti botteghe a km 0, oh, no, nemmeno questo, cari.
Il punto qui è proprio un altro: la Politica, quella con la “P” maiuscola, avrebbe o no in capo il potere, legittimo, di indicare e compiere le scelte politiche, strategiche e non solo tattiche, di visione di lungo corso per la Città? Ecco, qui si ritiene proprio di sì, e che anzi dovrebbe proprio essere così.
E in realtà, mica aprono solo supermercati in città, eh! No, aprono anche…R.S.A., sigla che sta per Residenze Sanitarie Assistenziali, ovvero gli ospizi per gli anziani, detta con tatto tipico genovese. E forse questo ci dà una dimensione di ciò che è, almeno oggi, Genova?
Un dormitorio per tutte le età, in particolare casa di cura per la terza – quando inizia la quarta, pardon – età. Ciò che oggi Genova sa offrire è grande distribuzione organizzata (sì, ecco per cosa sta G.D.O.) e residenze per anziani non più autosufficienti.
Sono tragico? Maybe. Eppure è davvero difficile riuscire a trovare grandi eventi o aperture o… qualsiasi cosa che sia segno di un diverso e moderno approccio, nel senso di una riqualificazione e rigenerazione, al futuro di Genova con una visione prospettica di lungo corso.
Ed è questo tutto proprio il campo da gioco nonché terreno di scontro per la politica.
E non importa poi troppo chi governi ora, non mettiamola solo su questo piano. Il punto è che non c’è una Visione di Città, da parte di nessuno degli attori in campo.
Si viaggia a tentoni, al buio parrebbe, alla giornata, provando a tapullare lì dove una luce si spegne…
Questo resta da chiedere e con cui interrogare tutta la classe (dirigente?!) politica genovese: quale Visione di Città avete, da qui a 10 anni? Una volta si paventava che Genova diventasse “una città di camerieri”… beh, dai questo no: se mai città di cassieri e o.s.s. (Operatore Socio Sanitario). Ecco.
P.S.
Dalla prima redazione del testo alla sua ultimazione è perfino stata data notizia della apertura – ma guarda un po’! – di un altro supermercato: a Quarto, marchiato Sogegross per la cronaca, con una superficie di vendita di circa 1.500mq, diciamo come Esselunga in Via Piave.
Immagine di copertina:
Foto di Vlad Frolov
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