Lia Cecchin - Fondamenta 1

Quando l’arte pubblica sa comunicare non è mai un “momentaccio”

Una città cancella, l’altra scrive è l’opera che Lia Cecchin ha realizzato per il progetto Fondamenta 1, organizzato e prodotto dall’Associazione Amixi per l’Arte Contemporanea
7 Dicembre 2020
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Chissà cosa avrà pensato il genovese tipo quando, passando per Corso Aurelio Saffi, diretto verso ponente, il suo sguardo è stato attratto per la prima volta dalla luce del neon di Lia Cecchin (Feltre, Belluno, 1987. Vive e lavora a Torino): È un momentaccio. Mi pare di sentirlo, mentre tra un brontolio e l’altro dice: “Belin sci, u l’è pròpio in momèntaccio”.

Stereotipi a parte, ciò che di bello ha l’arte pubblica è riuscire a suscitare una reazione nel passante qualunque, una sorta di incontro-scontro imprevedibile, non programmato, che può piacere come no, ma che comunque stimola un interrogativo. E ciò che di bello e forte ha l’arte in generale è invece riuscire a essere sempre incredibilmente attuale.

Perché ovviamente Cecchin quando, la bellezza di più di un anno fa, si è trovata a pensare al progetto da realizzare, mai avrebbe potuto lontanamente immaginare quanto davvero sarebbe stato un momentaccio quello nel quale il suo neon sarebbe stato installato e inaugurato.

L’opera permanente, dal titolo Una città cancella, l’altra scrive, prende ispirazione da un reportage girato dalla RAI nel 1976, stesso anno in cui fu scattata da Gio’ Palazzo una fotografia di una scritta alquanto particolare, soprattutto considerando che quelli erano gli Anni di Piombo, e le scritte sui muri erano di ben altra natura.

Ciò che colpisce Cecchin è proprio la calligrafia estremamente arrotondata e delicata, che vuole restituire con un neon, materiale originario dell’insegna dell’Ansaldo che fu disegnata dallo Studio Sottsass negli anni ’80, recuperata poi dall’Associazione Amixi per l’Arte Contemporanea e dal Comune di Genova a seguito della demolizione dell’edificio ex-NIRA davanti al Museo di Villa Croce.

La realizzazione dell’opera è stata possibile grazie al progetto Fondamenta 1 ideato e organizzato dagli Amixi per l’Arte Contemporanea, associazione una volta a sostegno del Museo di Villa Croce e ormai diventata orfana.

Lia Cecchin - Fondamenta 1
Lia Cecchin per Fondamenta 1 al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce. Foto di Andrea Bosio

Senza smettere però di avere uno sguardo e un’attenzione particolare sulla città, hanno deciso di lavorare al recupero dell’ex insegna dell’Ansaldo, riconsegnandola, con una nuova veste, alla cittadinanza.

L’associazione ha dato a Luca Cerizza il compito di selezionare una rosa di artisti ai quali chiedere di lavorare a un progetto sul riutilizzo dell’insegna.

Gli altri nove artisti selezionati a pensare e presentare un progetto erano: Francesco Arena (Torre Santa Susanna, Brindisi, 1978), Massimo Bartolini (Cecina, 1962), Luca Vitone (Genova, 1964), Danilo Correale (Napoli, 1982), Gaia De Megni (Portofino, 1993), Francesco Jodice (Napoli, 1967), Margherita Moscardini (Donoratico, Livorno, 1981) Riccardo Previdi (Milano, 1974) e Patrick Tuttofuoco (Milano, 1974).

L’invito si rivolgeva ad artisti diversi per generazione, pratiche e provenienza geografica, accomunati dall’attenzione ed esperienza verso l’arte pubblica. È stato molto piacevole constatare non solo che tutti gli artisti invitati abbiano aderito all’invito, ma che ci abbiano sottoposto una serie di risposte stimolanti rispetto alle condizioni di partenza del concorso. Le dieci proposte si confrontavano in modi diversi e inaspettati al contesto in cui andavano a lavorare: alla storia di Genova, al suo paesaggio naturale, alla sua situazione socio-economica, alla storia dell’Ansaldo e di quell’insegna.dice Luca Cerizza.

La vincitrice è risultata essere proprio Lia Cecchin, autrice dell’opera site-specific che dal 24 settembre illumina la parte bassa della collina sulla quale si erge il Museo di Villa Croce. Un progetto di arte pubblica degno del proprio nome, perché dovrebbe essere un’arte in grado di inserirsi nel tessuto sociale della città e nella sua struttura urbana.

L’opera di Lia Cecchin ha conquistato la larga maggioranza della giuria per la sua forza comunicativa e per la ricchezza di implicazioni simboliche che il prelievo e la ricontestualizzazione di quella frase riescono a creare. Concepita prima della diffusione del Covid-19, l’opera può acquisire ora ulteriori nuovi significati: oltre a essere un tributo alla creatività anonima di chi ha ideato quella scritta, alla forza comunicativa della “strada”, suggerisce una presa di coscienza di tempi socialmente ed economicamente complessi, diventando un invito alla speranza.

Lia Cecchin - Fondamenta 1
Lia Cecchin per Fondamenta 1 al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce. Foto di Andrea Bosio

È un lavoro sulla memoria, su una condizione esistenziale collettiva, una presa di coscienza di tempi indubbiamente complessi ma anche un invito alla speranza.

Il lavoro è pensato per essere visto soprattutto durante la notte, momento nel quale solitamente queste scritte sui muri prendono clandestinamente vita. D’altronde l’opera si inserisce in un contesto, quello genovese, che non può di certo dirsi privo di scritte sui muri di ogni tipo. Soprattutto il centro storico è cosparso di frasi, parole, liberi sfoghi e semplici constatazioni. Esiste persino un profilo Instagram dedicato a questo tema: Perle dei Caruggi.

L’Associazione Amixi per l’Arte Contemporanea ha in serbo altri assi nella manica per la nostra città, noi siamo molto curiosi, e voi?

Immagine di copertina:
Lia Cecchin per Fondamenta 1 al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce. Foto di Andrea Bosio


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Aspirante onnisciente, si barcamena tra i molteplici compiti da assistente di galleria da Pinksummer (Genova), la gestione delle mostre al Cotonfioc Festival, le ricerche per un progetto con l’Università IULM, e ora anche la scrittura di roba potenzialmente interessante per wall:out. Vicolara, cinefila, pasticcera professionista gluten free e centro d’ascolto per amici, artisti e chiunqueabbiabisogno.

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