“Com’era il mare?”
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“Guarda all’inizio bellissimo! Poi nel pomeriggio è venuta un po’ di schiumetta e quindi il bagno non l’abbiamo più fatto”
Alzi la mano chi non ha mai partecipato o assistito a un breve scambio di battute come questo. La proverbiale schiumetta. La maledetta schiumetta. Diciamocela, non sarà la fine del mondo, è vero, ma a chiunque danno fastidio quegli sprazzi di bollicine che ricoprono lo specchio d’acqua marino.
Tutto sembra perfetto: la nostra spiaggia preferita, una bella giornata di sole, magari ci sono pure poche persone… Ma niente! A gamba tesa, arriva la schiumetta e rovina tutto. Come una sbavatura su un quadro bellissimo o il simpaticone di turno che rovina la foto del paesaggio, immortalato dopo la lunga attesa della luce ideale (ah ovviamente te ne accorgi dopo che la sviluppi, perché quel giorno volevi fare il figo usando la macchina a rullini).
La domanda a questo punto è: ma cos’è quindi sta belin di schiumetta?
Si tratta dell’aggregazione di una miscela di sostanze organiche. Di solito queste sono omogeneamente disperse in acqua, e quindi invisibili a occhio nudo. Quando si raggruppano danno vita a fenomeni macroscopici come la schiumetta.
La questione a questo punto diventa: queste sostanze organiche si aggregano naturalmente o c’è di mezzo l’azione dell’uomo?
Non c’è una risposta universale e bisogna considerare caso per caso. Però spesso la schiumetta ha origini naturali. La si può quindi trovare anche in ambienti molto puliti e poco inquinati, lontani da scarichi e non attraversati da barche. Infatti solitamente la vera causa della schiumetta sono fioriture algali e mircoalgali come spiega Carla Rita Ferrari, responsabile della struttura oceanografica Daphne.
Più in generale ancora il fenomeno è una conseguenza diretta di un’elevata proliferazione di piante acquatiche e fitoplancton (ovvero la componente del plancton in grado di svolgere la fotosintesi, un mondo amplissimo che include batteri e piante di tantissimi tipi).
Tutte queste componenti biologiche contengono un elevato tasso di sostanza organica tra cui proteine, zuccheri e lipidi che se liberati e aggregati possono formare schiume. Si comportano di fatti in modo simile a un sapone, cioè da tensioattivi naturali. (Leggi l’articolo di wall:out Il sapone nel menù del Conte)
A questo punto bisogna stare attenti a due cose
In primis, il fatto che la schiumetta sia tendenzialmente di origine naturale non significa che lo sia sempre. Se ci troviamo in una baia occupata da un elevato numero di barche o vicina a uno scarico è molto probabile che i residui organici che provocano la formazione di schiumetta non siano di origine naturale.
Inoltre, è sbagliato pensare che tutto ciò che sia di origine naturale non sia pericoloso (e viceversa pensare in generale che qualsiasi cosa di origine non naturale sia per forza dannosa). Infatti, se le fioriture algali sono massicce, queste possono intrappolare alte dosi di metalli pesanti o essere contaminate da batteri e virus tossici, che troverebbero un habitat favorevole.
In ogni caso la schiumetta non rappresenta la principale fonte di inquinamento marino, nemmeno a livello costiero. La grande dispersione di prodotti chimici, su tutti fertilizzanti e petrolio, rappresenta la minaccia più seria. Non è poi da trascurare la contaminazione microbiologica delle acque costiere. Un fenomeno tipico dei litorali urbanizzati, come la Liguria. Il divieto di balneazione in una spiaggia è praticamente impossibile che sia causato dall’eccessiva schiumetta.
Tutt’altro discorso per quanto riguarda la contaminazione microbiologica, causa principale dei provvisori divieti di balneazione. Scarichi urbani in mare irregolari o non depurati completamente possono causare la dispersione in acqua di Escherichia Coli o di Enterococchi. In entrambi i casi la sicurezza è compromessa e i bagni vietati.
In Liguria da questo punto di vista ce la caviamo bene, senza ironie
Ad oggi, 21 Agosto, l’ARPAL (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente ligure) rende noto che solo due litorali su 380 presentano uno stato di balneabilità non conforme, ovvero presso Foce Torrente Merula ad Andora (SV) e Banca a Riomaggiore (SP).
È anche giusto però ricordare che periodicamente diversi litorali sono chiusi e riaperti perché non conformi e contaminati. Negli ultimi mesi è toccata a Boccadasse, Corso Italia (viale Sauro), Pegli (tra moli Lomellini e Torre), Voltri (Mulino di Crevari e Castello Genovese), Foce Torrente Prino (Imperia), Sanremo (corso Trento e Trieste), Santa Margherita (spiaggia Ghiaia), Arenzano (Molo Faro Verde), Camporosso, Diano Marina (molo Cavour), Lerici (Tellaro), Oneglia (Spianata Borgo Peri) e altri.
Il ripristino della conformità non è un’operazione semplicissima e nuove tecnologie sono state impiegate per garantire la salute dell’ambiente marino.
Una di queste, di grande interesse, è MUDS (Marine Underwater Depuration System). MUDS prende il nome dall’omonima società spin-off dell’Università di Genova, nata nel 2012 e tutt’oggi trainata da ricercatori, tecnici ed investitori Universitari.
Si tratta di un depuratore sottomarino che attraverso una serie di filtri è capace di depurare i reflui organici, spogliandoli della carica batterica che viene intrappolata e riciclata. La componente organica rimasta priva di batteri viene poi rilasciata nell’ambiente per favorire le catene trofiche marine. La tecnologia di MUDS è caratterizzata da bassi costi ed è estremamente eco-compatibile, per di più non consuma energia. Motivi per i quali nel 2017 fu utilizzato per esempio dal comune di Laigueglia.
Immagine di copertina:
Lisanto
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