Piazza Paolo Da Novi, alla Foce – il quartiere delle Piazze a Genova, dove altrove ve ne sono così tante e ampie? – ha da poco visto installato un eco-raccoglitore, avendo completato la piazza davvero di recente il proprio rinnovamento, dopo anni di non sempre semplici scambi di richieste e autorizzazioni tra istituzioni locali e Sovrintendenza.
Quel nuovo strumento per la promozione della raccolta differenziata, accattivante sotto più profili, esteticamente forse non proprio discreto, è stato paracadutato in piazza dal Comune, e ora… che fare?
Un poco di cronistoria del recupero della piazza.
Si era scelto di consentire prima i lavori nella sua metà occidentale e, solo dopo alcune valutazioni tecniche, venne espresso dalla Sovrintendenza il consenso al completamento anche della metà orientale. Nel 2016, a inizio lavori, si è voluto concretizzare una scelta politica: restituire uno spazio pubblico ai cittadini.
Se prima i marciapiedi erano in asfalto e ormai di fatto parcheggio illegale di motoveicoli, che imprigionavano i pedoni e chi si fosse azzardato a sedersi sulle panchine – anch’esse ora rinnovate; ora invece la nuova pavimentazione chiara, drenante e stabilizzata semplicemente funziona a prima vista come deterrente per i centauri, e anche le alberature, sia per l’età sia perché ormai soffocate dall’asfalto, sono state completamente sostituite (sebbene, ahinoi, abbiamo perduto per un po’ di tempo il ristoro dell’ombra).
L’attuale Presidente del Municipio, a metà di quei lavori, essendo lui in allora ancora, diciamo, cittadino semplice, aveva esposto sui social network la propria disapprovazione per quanto si stava realizzando. Forse ora vedrà più chiaramente i frutti del progetto?
In quello che pareva uno spazio pubblico gradevolmente rinnovato da far vivere ancora di più è stato calato dall’alto un elemento che di “arredo urbano” può avere la qualifica in senso lato, ma che difficilmente renderà più amabile l’immagine della piazza. L’intento è dei migliori: spingere tutti noi cittadini a riciclare quanto più possibile (siamo davvero scarsi come città!). E però, davvero, se già la sagoma dell’eco-raccoglitore è poco allettante come arredo urbano nel 2021, il posizionamento scelto (tralasciando la motivazione data dalle stesse Istituzioni: era il punto più semplice della piazza per l’allaccio elettrico) è davvero infelice, e forse sintomo grave della (mancanza di) visione di città ora nelle menti e, soprattutto, negli occhi di chi amministra il territorio, almeno del quartiere.
1 milione di euro circa fu il costo del rinnovamento della piazza: ne valeva la pena?
Io credo di sì, a condizione di cambiare il modo di intendere gli spazi pubblici, cioè al servizio della persona, del cittadino, e non dell’auto (o della moto). Sarebbe a dire, mettere il cittadino al centro della lettura dello spazio urbano: spazio urbano al servizio del cittadino, per ripensare una città a misura d’uomo – oggi si può anche dire città dei 15 minuti –, e la Foce, quartiere in piano e di estensione omogenea, ben si presta per esser sede di lancio di questa diversa idea di lettura della città. Ma certo: serve avere coraggio e… idee nuove, diciamo “europee”, visto quanto questo pensiero sta facendo breccia nelle menti dei governanti e nei cuori dei cittadini di tante altre città del vecchio continente.
Sarà quindi interessante vedere se infine davvero si realizzerà quella sorta di “isola pedonale”, prevista nei progetti iniziali, che dovrebbe collegare l’area verde al centro della piazza, al passaggio pedonale di corso Buenos Aires: questo sì sarebbe un chiaro e forte segnale di inversione di pensiero, nella direzione – forse ancora ostinata e contraria, almeno a Genova – di una mobilità di quartiere, incentivando inoltre, in un quartiere così abitato da anziani e frequentato da bambini, lo sgorgare di un nuovo spirito di quartiere, un vero senso di comunità, che lo spazio pubblico vissuto e fatto vivere può saper alimentare e far sperimentare.
Arrivati fin qui, perché non sognare? Perché non immaginare anche un progressivo, ma graduale e deciso, processo di pedonalizzazione di altre aree e vie limitrofe?
Punto in alto, e azzardo allora a guardare a Via della Libertà, la via più vissuta, da chi abita in zona e non solo, per fare acquisti: l’elemento fertile per le operazioni di pedonalizzazione.
Lo so, lo so eccome: ci vogliono coraggio e capacità di proiettarsi avanti nel futuro, determinazione e visione di lunga prospettiva. E allora?! Non è forse la politica, per chi la pratica con convinzione e genuinità, l’arte del leggere oggi il cambiamento che si deve costruire per domani?
Milano – ormai assurta a capitale italiana dell’urbanismo tattico – dall’inizio della pandemia ha saputo ripensare, ridisegnare, ricolorare i propri, enormi, spazi urbani col progetto “Piazze Aperte”: vogliamo imitarla, infine, anche su questo fronte? E se fosse proprio in Piazza Paolo Da Novi che si potrà misurare il coraggio della politica di oggi e la diversità di lettura della città rispetto a ieri?
Immagine di copertina:
Foto di Luca Poik
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