Disturbi alimentari

UNA PSICOLOGA IN CITTA | Un morso all’amore: la storia di Emma, una giovane donna genovese

Attraverso il racconto di Emma, una giovane donna genovese, possiamo esplorare il mondo dei disturbi del comportamento alimentare e scoprire che non riguardano i canoni di bellezza imposti, ma le emozioni più profonde.
10 Maggio 2021
4 min
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Questa è una storia, una delle tante storie, ma come tale vale la pena conoscerla. Perché? Perché somiglia magari alla tua, o a quella del tuo vicino di casa o a quella che ti ha raccontato quella volta una ragazza in treno un tardo pomeriggio di una giornata qualunque.

Questa storia parla di una bambina, una bambina che vive ancora nel corpo di una giovane e bellissima donna.

Ognuno di noi conserva dentro di sé una parte piccola, ma non tutti parlano con lei, non tutti la ascoltano e se ne prendono cura. Questa bambina si chiama Emma, ha otto anni, è un po’ timida e introversa. A lei piace disegnare; disegna delle piccole bambole e poi le ritaglia, così prendono vita.

Le piace ascoltare la musica e ascoltare i grandi quando stanno al telefono, e poi le piace quando la mamma va a prenderla all’uscita da scuola. Un giorno però la sua mamma ha iniziato a lavorare e non ha più potuto essere lì ad attenderla con le braccia aperte, così il suo mondo è cambiato. Emma è un po’ più triste e non sa perché, gioca più per conto suo; a scuola va sempre con piacere ma mangiare in mensa è un incubo, ha sempre meno fame e probabilmente le posate non sono pulite, c’è tanto rumore, l’odore non è buono.

Poi però è diventato difficile anche a casa, anche se l’atmosfera è piacevole e le posate sono pulite, sedere a tavola le fa provare strane sensazioni: le batte forte il cuore, il respiro si affanna e la paura prende il sopravvento. Paura di non riuscire a finire il piatto, paura di essere rimproverata, di essere spinta, spronata, forzata a mangiare tutto, perché “sei sempre più magra”, “ci fai preoccupare”, “se non mangi poi stai male”.

Ma lei vuole essere piccola, rimanere piccola

Le persone la guardano, lei vede quando, bisbigliando tra loro, indicano con le dita sulle guance la sua magrezza, il suo pallore. Lei si vergogna, si vuole nascondere, non vuole farsi vedere, si sente sbagliata.

In molti ancora oggi riconducono i disturbi alimentari al desiderio di avvicinarsi ai canoni di bellezza mediatici, o al voler intraprendere la carriera nel mondo della moda, o all’essere a disagio nel proprio corpo. In realtà il panorama che si osserva nel retroscena è molto più complesso e oscuro.

Nel caso di Emma si parla di anoressia nervosa, di cui è interessante ricordare i criteri diagnostici riportati sul DSM-V:

• Restrizione dell’assunzione di calorie in relazione alle necessità, che porta a un peso corporeo significativamente basso nel contesto di età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica. Il peso corporeo significativamente basso è definito come un peso inferiore al minimo normale oppure, per bambini e adolescenti, meno di quello minimo atteso.

• Intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi, oppure un comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche se significativamente basso.

• Alterazione del modo in cui viene vissuto dall’individuo il peso o la forma del proprio corpo, eccessiva influenza del peso o della forma del corpo sui livelli di autostima, oppure persistente mancanza di riconoscimento della gravità dell’attuale condizione di sottopeso.

Fabiola De Clercq – Fame d’amore: donne oltre l’anoressia e la bulimia, 2002

I disturbi alimentari fanno parte della categoria “Dipendenze”: come per le droghe, l’alcol, il gioco di azzardo, l’affetto, il sesso e molti altri, chi sviluppa problematiche relative al cibo dipende dal controllo.

Perché questo accade?

Ci sono moltissimi scenari differenti all’interno delle famiglie, in quella di Emma in particolare si può vedere come l’influenza di una madre iper-presente abbia provocato nella figlia uno stato di dipendenza molto forte.

Chiaramente non è semplice svolgere il ruolo di genitore e spesso le intenzioni sono assolutamente buone, tuttavia alcuni comportamenti possono risultare poi disfunzionali. Prevedere i bisogni del figlio e soddisfarli prima che il bambino possa sentirli ed esprimerli danno l’idea di un genitore che desidera prendersi cura del piccolo, ma gli sottrae la possibilità di sperimentare, conoscere e distinguere le sue sensazioni.

E’ fondamentale che i bambini fin da piccoli possano ascoltare il proprio corpo e registrare gli stimoli che arrivano dalle proprie sensazioni, per poter piano piano costruire una buona consapevolezza di sé, la quale parte proprio dai bisogni primari. Per poter diventare autonomi è necessario che si possa fare affidamento sulle proprie percezioni, senza dipendere da un altro esterno che si sostituisca a noi.

Per Emma diventare grande è difficile; racconta di quanto sia sempre stato importante per lei vedere i suoi abiti di taglia piccola. Emma non vuole crescere, non vuole assumersi il rischio di soffrire per le relazioni, come è successo quando mamma non è più andata a prenderla a scuola. Lei ha dovuto sostituire quella dipendenza e creare un mondo in cui soltanto lei poteva essere artefice del suo destino, delle sue sensazioni e del suo corpo.

Nel suo racconto lei ha parlato di un medico, il dottor. Romano, che aveva lo studio a Genova in zona Sampierdarena che con dedizione aveva preso in carico il suo caso.

Grazie ai suoi suggerimenti, all’amore dei suoi genitori e alle sue risorse interne, per Emma piano piano mangiare è tornato ad essere un piacere.

Oggi quella piccola bambina, così delicata e fragile, è diventata una giovane donna in carriera, consapevole e in pace con il suo passato. Riconosce che quella parte di sé è ancora viva dentro di lei e scalpita ogni volta che sente la necessità di tenere a bada il suo peso, ogni volta che indossa con piacere la taglia XS, ogni volta che alza gli occhi al cielo quando qualcuno le dice che ha mangiato poco.

Ma oggi Emma ha accettato quella bambina, l’ha accolta con calore e convive con lei.

Naturalmente esistono milioni di storie e spesso non si concludono con un lieto fine; le emozioni hanno il potere di trasformarci ed il corpo non è altro che una traduzione visibile di quell’incredibile universo che accade all’interno di noi. Ascoltiamolo, viviamolo, esprimiamolo.

Immagine di copertina:
Foto di Rodolfo Sanches Carvalho


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