Il Marcatrè vuol essere un po’ la tavolata durante i congressi, o il fumoir del teatro (ma non certo il salotto letterario, dove tutto giunge di seconda mano, e adulterato). Vuol essere pettegolo, curioso, paradossale, istintivo, mutevole. […] E che deve avere la sua contropartita nell’immediata discussione pubblica, anzi – non ci si dovrebbe vergognare di dire – nella divulgazione.
“LA TAVOLA E IL FUMOIR” DI EUGENIO BATTISTI, MARCATRÈ, GENOVA 1963
Oggi la rivista parla di un’altra rivista. Di qualche anno fa però. Mentre mi documentavo e leggevo con interesse le vicende che portarono alla nascita di Marcatrè, devo confessarvi che tantissime sono state le analogie che ho riscontrato sognante con il magazine Wall:out.
Ovviamente lungi da me volerle paragonare – soprattutto perché viviamo oggi in un tempo diametralmente opposto a quello degli anni Sessanta – ma è curioso che le premesse siano davvero molto simili, e anche l’approccio generale.
Marcatrè nasce nel novembre del 1963 da un’idea di Rodolfo Vitone, artista visivo e critico. Tra i vari testi e video che ho consultato, vi consiglio di dare un’occhiata all’intervista (qui sotto) che Emanuele Piccardo fece nel 2013 a Rodolfo Vitone proprio riguardo la rivista, nel contesto del progetto Genova: Città della sperimentazione.
Nella chiacchierata Rodolfo racconta che il fermento culturale dell’inizio degli anni Sessanta, del quale vi avevo raccontato qualche settimana fa nell’articolo Genova e l’Arte Povera, nella città di Genova era dovuto a due o tre persone che “avevano voglia di fare delle cose nuove”.
E qui direi che abbiamo la prima analogia
Che poi è un po’ la premessa per qualsiasi iniziativa che si rispetti, quindi senza dubbio imprescindibile. Rodolfo afferma che “le riviste sono quelle che mandano in giro le tue idee”, anche questo è uno dei punti fondamentali di Wall:out, e cioè quello di diffondere punti di vista differenti, che non siano la mera informazione giornalistica (della quale comunque andrebbe dibattuto a lungo) ma nemmeno pure narrazioni personalistiche e fine a sé stesse.
Negli anni Sessanta il mezzo della rivista era uno dei più adatti e dei pochi utili per queste finalità: ancora non esistevano internet, i blog, le pagine Facebook e Instagram o i profili TikTok, che abbiamo oggi per diffondere le nostre “idee” in modo assolutamente gratuito e indipendente.
Ma Rodolfo non era giornalista, e all’epoca per dirigere una rivista era necessario essere iscritti all’ordine dei giornalisti. Così un giorno al mare si avvicina a Eugenio Battisti, docente all’epoca all’Università di Genova, e gli chiede se fosse interessato. Inizialmente scettico sul metodo rivista, abusato dai più, si fece convincere dalla originale sperimentazione che aveva in mente di portare avanti Vitone.
Tra trofie al pesto e qualche bicchiere di troppo, Vitone, Battisti e molti dei loro amici intellettuali fondarono una rivista d’avanguardia come Marcatré. Questa atmosfera conviviale era contesto necessario per le numerose lezioni di pittura, arte e discussioni su vari argomenti attuali fino alle due di notte.
Fu una rivista transdisciplinare, dove si potevano trovare articoli di arte contemporanea, letteratura, fotografia architettura e musica, attiva dal 1963 al 1970. Inizialmente edita da Vitone Editore e dal 1965 passò a Lerici Editore a Milano.
La rivista ebbe subito un grande successo, e furono molte le personalità coinvolte, tra le altre Gillo Dorfles, Edoardo Sanguineti, Umberto Eco, Paolo Portoghesi, Vittorio Gregotti oltre che Germano Celant, Renato Barilli, Jannis Kounellis.
Nel 2012 Umberto Eco utilizzava queste parole per creare una bellissima immagine della rivista:
“Tanto è vero che Marcatrè, con quei numeri giganteschi, non è che enunciasse un programma. Marcatrè era un piano inclinato dove chiunque avesse materiale curioso, inedito, lo metteva lì e veniva pubblicato. La rivista non è l’immagine di un programma, ma piuttosto di una situazione. C’era una grande ricchezza di contributi anche perché Eugenio Battisti era un uomo aperto, pronto ad accettare di tutto, ma non riusciva certo a programmare. A me Ginaluigi Bravo portava gli strutturalisti russi e io li mettevo sul piano inclinato di Marcatrè. […] In Marcatré entrava di tutto e quindi la rivista è una buona immagine di quel che stava succedendo”
Immagine di copertina:
Numero 1 della rivista Marcatré, Genova 1963. Fonte Capti
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