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Sui municipi

La politica municipale è spesso trascurata, eppure è la più vicina ai problemi di tutti i giorni. Breve intervista a Tommaso Pinazzi, consigliere municipale del Municipio Levante del Comune di Genova.
21 Giugno 2020
7 min
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Ciao Tommaso, benvenuto su Wall:out. Noi ci conosciamo da anni, ma vorrei che ti presentassi ai nostri lettori.

Ciao Andrea, intanto ti ringrazio per questo confronto. Mi presento, sono Tommaso Pinazzi, ho 24 anni e mi sono laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università degli Studi di Genova. Attualmente sto finendo la laurea magistrale in Programmazione e Gestione delle politiche e dei servizi sociali presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca.

Sono sempre stato appassionato di politica e fin da piccolo ho militato in gruppi studenteschi e associazioni giovanili. Da ormai 7 anni faccio politica in maniera attiva e penso che ciò accompagnerà tutto il corso della mia vita, al di là del ruolo politico che potrei ricoprire.

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Tommaso Pinazzi, membro della III Commissione del Municipio IX Levante di Genova

Hai cominciato la tua carriera politica nei consigli municipali. Questi, però, non hanno purtroppo lo stesso rilievo mediatico della giunta comunale né tantomeno della politica nazionale. Perché, secondo te, la politica municipale è importante?

Spesso non viene dato molto risalto alla politica municipale principalmente perché non ha la stessa continuità della politica comunale o nazionale. I consigli municipali si riuniscono mensilmente, e spesso saltano, mentre quelli comunali hanno cadenza settimanale.

I consigli sono un luogo di decisione importante, ma ancora più importante sono le giunte. Un grande punto di forza della politica municipale sta nelle mozioni. Le mozioni sono lo strumento attraverso cui si recepiscono le istanze della popolazione. Spesso però vengono sovrautilizzate, per motivi di marchette politiche o interessi elettorali, intasando i Municipi che non riescono ad attuarle tutte.

Ad esempio, ci è successo di votare in consiglio municipale dei fatti avvenuti a Roma, o sulle azioni promosse dalle Nazioni Unite che, per quanto belle e condivisibile, non hanno nulla a che fare con il territorio che rappresentiamo.

Ci hai parlato di giunta e consigli municipali. Ci puoi spiegare brevemente cosa sono?

Provando a fare un paragone con la politica nazionale, il consiglio è l’apparato legislativo mentre la giunta rappresenta l’esecutivo. La giunta è composta dal presidente e tre assessori e i consigli da 25 consiglieri compreso il presidente. Gli assessori non devono obbligatoriamente essere eletti nel municipio e per logiche partitiche e politiche accade spesso che non sia così.

Gli assessori gestiscono quei campi d’azione delegati dal Comune, come ad esempio la manutenzione del verde e delle strade. Gli assessori hanno, tra gli altri, gli strumenti per attuare le mozioni presentate dai consiglieri.

Chiarissimo. Tu sei un consigliere municipale: vuoi illustrarci la “giornata tipo” del consigliere?

La giornata tipo comincia con la raccolta delle segnalazioni dei cittadini attraverso tutti i canali social. La forza di un consigliere municipale sta proprio nell’avere il polso del territorio, un rapporto di dialogo costante con i rappresentati. Questo è indubbiamente il più grande sforzo di un consigliere e ciò che occupa più tempo nella sua giornata.

In più, il Municipio prevede tre commissioni che possono essere pari opportunità, pratiche sociali o manutenzioni. Il consigliere deve portare proposte alle commissioni che riportino le segnalazioni della cittadinanza e risolvano le problematicità riscontrate. Anche qui, spesso si incappa nella lentezza della burocrazia e dei suoi protocolli.

Oltre ad atti e procedure, i consiglieri sono coinvolti ad esempio nella scuola dell’infanzia. Un consigliere della maggioranza e uno dell’opposizione sono nominati nei consigli di supervisione degli istituti comprensivi per controllare l’operato e la messa in pratica delle linee di inizio anno. Questo vale fino alle scuole medie, dove la competenza è del Comune e quindi dei municipi, poi la competenza passa in mano alle province.

Con le province passiamo all’argomento centrale della nostra chiacchierata, ovvero la decentralizzazione. Le province, teoricamente, sono state abolite dalla riforma Delrio. Come spiegato in un ottimo servizio di Report, la realtà dei fatti è molto diversa.

La decentralizzazione è un tema chiave per l’amministrazione dei nostri beni. Cos’è per te la decentralizzazione e come si può perseguire?

(leggi l’articolo di wall:out – Genova è prima! Amministrazione condivisa, patti di collaborazione e sussidiarietà secondo Labsus)

Hai citato Report, che spiega esaustivamente il problema. Per alleggerire, io citerei Checco Zalone che, al rientro al suo ufficio, viene accolto non più dalla provincia ma dall’area metropolitana. Per spezzare una lancia nei confronti delle province, io credo che in termini di decentralizzazione queste siano più efficaci delle regioni nella suddivisione dei compiti.

L’Italia ha infatti una storia più “provinciale” che regionale, nel senso che i territori si sono da sempre sviluppati in prossimità di città piuttosto che di regioni, che appaiono ad oggi un po’ dei “carrozzoni” dove piazzare politici a fine professioni o dirigenti con stipendi altissimi. Infatti, un consigliere regionale può arrivare a guadagnare due o tremila euro al mese in più del sindaco di Genova, che ha sicuramente una maggiore responsabilità.

A piover sul bagnato, le regioni sono state associate recentemente a scandali giudiziari come ad esempio rimborsopoli o spese pazze.

Torniamo però alla decentralizzazione, classico argomento né di destra né di sinistra. Un esempio di ciò è la tua posizione nei confronti del bilancio comunale proposto dalla giunta Bucci ai municipi genovesi. Ci spieghi, a grandi linee, cosa è successo?

Fondamentalmente la questione torna sul decentramento stesso. Nel 2017, durante la campagna elettorale, c’è stato un grosso investimento – in termini di promesse – sulla tematica. Una volta proposto il documento unico di programmazione, che non è un semplice bilancio ma rappresenta tutte le linee guida strategiche dell’amministrazione comunale, da buon ragioniere sono andato a leggere le voci di spesa e le promesse di milioni versati ai municipi non sono state mantenute.

Anzi, abbiamo visto spesso le risorse in dotazione ai Municipi ridursi. Tra queste riduzioni, ne ho riscontrate – con alcuni colleghi – particolarmente nelle zone collinari, ma in sede di discussione consiliare l’assessore Piciocchi ha recepito gli ordini del giorno presentati ed è stato molto disponibile.

Nonostante questo, mi son sentito di dare parere negativo al DUP, il Documento Unico di Programmazione, perché credo che le promesse vadano mantenute, o quantomeno dovrebbe esserci l’impegno per provare ad attuarle. La mia scelta è quindi sostanzialmente etica.

In questo senso, mi interessa chiederti quale è il ruolo dei municipi all’interno della politica comunale, preso atto che a Genova 5 municipi su 9 sono retti dal centro-sinistra, che è invece all’opposizione a palazzo Tursi.

C’è da dire che io mi trovo bene con i colleghi di centro-sinistra quanto con quelli di centro-destra. Più volte mi son trovato a votare documenti portati avanti dal centro-sinistra, perché a livello municipale la politica degli scontri ideologici viene meno e prevale il buon senso, la buona idea.

Si può pensare che se non c’è continuità politica tra municipi e comune c’è la possibilità di mettere i bastoni fra le ruote e rallentare la macchina amministrativa. 

C’è però un escamotage, rappresentato dai pareri non vincolanti. 

Il bilancio, ad esempio, viene presentato ai municipi che presentano i loro pareri che non sono vincolanti, e quindi sta al comune recepire le obiezioni municipali, ma non è vincolato dalle stesse. Questo è successo all’ultimo bilancio presentato dalla giunta Bucci, ma alla stessa maniera si è svolto in passato con la sinistra al governo.

A mio parere, il ruolo dei municipi guadagna di senso se il loro parere viene preso in considerazione a priori rispetto al documento da votare, attraverso una proposta vincolante che eviterebbe lo scontro tra il potere centrale e quello decentralizzato. La mancata consultazione a priori crea, tra municipi e comune, più attriti di quanto non lo faccia la differenza di colore politico.

Di nuovo, non parliamo di destra o sinistra, ma di decentramento e centralizzazione. In questo senso, che ruolo giocano i municipi, i comuni, le regioni e gli stati all’interno di dimensioni sovranazionali?

Il Municipio è la prima istituzione con la quale i cittadini entrano in contatto ed è quindi il primo centro di ascolto. È fondamentale che possa avere i soldi e le competenze per agire immediatamente su problemi locali, come possono essere buche, manutenzioni mancanti, crolli improvvisi.

Tramite il decentramento di alcune competenze a favore dei municipi, potremmo contare su più uomini e più risorse dedicati a specifiche mansioni; otterremmo quindi competenze più puntuali – precise – al quale dedicarci in modo più approfondito.

A livello sovra-territoriale il discorso si complica. Il municipio non ha, a livello statale, la stessa influenza del comune di cui fa parte, e quindi ha un potere politico tale da ottenere un alto numero di competenze. Se queste venissero smaltite meglio nei municipi, penso che si alleggerirebbe tutto il processo burocratico che spesso ci paralizza.

Oggi abbiamo a che fare con una richiesta di maggiore vicinanza tra popolo ed istituzioni, spinti dalle rivoluzioni tecnologiche e in particolare dalla diffusione di internet e dei social media. I populismi provano a rispondere a questa esigenza senza, a mio parere, proporre schemi che favoriscano realmente il controllo dei cittadini nei confronti dei propri rappresentanti. Potrebbe la decentralizzazione soddisfare, almeno in parte, questa richiesta?

Riguardo al discorso dei populismi, un partito è emblematico: il Movimento 5 Stelle. Sono infatti riusciti, attraverso una piattaforma discutibile come Rousseau, a capovolgere lo schema partitico tradizionale, portando all’interno delle logiche partitiche una partecipazione più estesa del loro elettorato.

La decentralizzazione può certamente soddisfare la richiesta, e riesce a colmare quel divario creatosi negli anni tra cittadino ed istituzioni. Il cittadino che può rivolgersi al consigliere in un certo senso lo sta già controllando. Meglio ancora, lo indirizza verso determinate politiche o interventi.

Inoltre, un maggiore decentramento delle competenze può combattere quelle asimmetrie informative per cui la cittadinanza percepisce la politica, locale e nazionale, come inutile, uno spreco di soldi. Invece, nonostante il grande lavoro di raccolta di segnalazioni e proposte locali, il guadagno di un consigliere è ridicolo, circa 33 euro netti a gettone che significa circa 200 euro all’anno.

A fine intervista, vorrei farti una domanda personale. Quali sono i sogni e le ambizioni di un giovane genovese che, come te, fa politica attivamente da diversi anni?

È una domanda a cui è sicuramente difficile dare una risposta. Innanzitutto, a differenza di qualche collega, non mi piace definirmi politico ma militante politico, perché credo che tutti facciano politica nelle decisioni che prendono ogni giorno.

Più che sogni, ho qualche certezza: continuare la mia militanza politica. Per quanto riguarda le ambizioni, beh non è da nascondere che ci tengo a “salire” nella gerarchia politica. L’assegnazione di un posto di rilievo deve seguire, però, una confermata fiducia da parte dei cittadini in quelle che sono le mie idee, perché non ha senso assumere posizioni di potere se ti manca la legittimità del tuo ruolo.

Come ogni ragazzo di 24 anni, spero di cambiare il mondo, di fare una rivoluzione. Una rivoluzione nella sua accezione positiva, una rivoluzione umana, della persona. Vorrei riuscire a coinvolgere gli altri ragazzi nella vita politica, vorrei riuscire a comunicar loro l’importanza di mettersi in gioco.

Lasciamoci con questa giovane speranza. Grazie della collaborazione e in bocca al lupo per il tuo futuro!

Viva il lupo, e grazie a voi!

Immagine di copertina:
Municipi del Comune di Genova


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Laureato in Ingegneria Civile e Ambientale all’Università di Genova, si è specializzato in Pianificazione del Territorio all’Università Leibniz di Hannover. Socio fondatore e Project Manager dell’Associazione Culturale CDWR, attraverso la quale diffonde una cultura nuova di rigenerazione urbana.

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