“Non ho certezze su niente, mi sento proprio perso” queste le parole di un ragazzo, lo chiameremo F, a fronte di una riflessione sulla visita al Salone Orientamenti. Parlerà di nuovo in questo articolo, assieme ad altri studenti che, come lui, chiameremo solo con un’iniziale. A, E, L e I sono gli altri ragazzi e ragazze che ci accompagneranno infatti in un’analisi del lascito dell’evento.
È ormai da tempo che a Genova si tiene, ogni anno, il Salone Orientamenti
Supporto utilissimo per tutti gli studenti liceali che hanno bisogno di delucidazioni su quale strada intraprendere nel proprio futuro scolastico o professionale. Anche nel 2020, nonostante l’emergenza sanitaria, l’evento ha riscosso grande successo e forse, in questo momento più di ogni altro, ha offerto un attimo di riflessione, ricerca e scoperta fondamentale.
A inizio 2021, poi, è stata persino ripetuta una versione del salone dedicata esclusivamente ai “senior”, ragazzi dai 18 anni in su, alla ricerca di un percorso universitario triennale o magistrale.
La riflessione che vi propongo è frutto dell’esperienza personale mia e di alcuni miei coetanei, facenti parte quindi del target sia del primo che del secondo evento.
La gestione dei vari webinar, la professionalità degli insegnanti, degli organizzatori e degli studenti coinvolti non è da mettere in discussione ma anzi, da lodare, in quanto nonostante i problemi tecnici dovuti al mezzo obbligato hanno fatto tutti un ottimo lavoro: molto più di quanto ci si potesse aspettare in una situazione come questa.
Ciononostante, alla fine dell’evento, ci siamo ritrovati comunque tutti con mille domande: è stato abbastanza? Cosa ho capito che già non sapevo? Perché sono quasi più confuso di prima? Ma soprattutto: cosa ho ricavato da questa esperienza?
Insomma, un gran calderone di cose che hanno confermato l’indecisione di tutti noi.
“In parte avevo già le idee chiare, ma volevo tenermi le porte aperte – dice A, forse la persona con le idee più chiare fra tutti noi che ci siamo confrontati – mi serviva solo avere un’idea in più, perché l’università dove vorrei andare è a numero chiuso e so di aver bisogno solo di un piano B”.
F invece la pensa diversamente: “Non avevo le idee chiare su niente, se non che sapevo di non voler fare matematica. La mancanza di persone che effettivamente frequentassero i corsi, in alcuni webinar dove c’erano i soli insegnanti, mi ha reso difficile fare le domande che volevo porre”.
Anche I ed E si sono trovate d’accordo: “Ho trovato più informazioni sull’offerta formativa, ma niente che mi permettesse di capire a che atmosfera sarei andata incontro scegliendo una determinata scuola piuttosto che un’altra”.
“Per chi sa già cosa fare, quest’anno più degli altri, il Salone Orientamenti è solo una conferma o un evento come un altro, che potresti decidere di seguire come no – dice L, chiudendo questa parte del discorso – è proprio chi è indeciso a trovarsi in una situazione più complessa:
il fulmine che ti colpisce è molto più spesso quello dello sconforto e della confusione, rispetto a quello della decisione”
Sempre L esordisce poi con: “Non è però una colpa di Orientamenti”. Anche F lo segue a ruota, così come le altre tre persone.
“In questo periodo storico, tutto quello che riguarda la scuola e l’istruzione sembra essere stato lasciato da parte. Probabilmente una cosa come l’aiuto che danno questi saloni nella scelta universitaria non viene neanche considerata da chi ha dovuto compiere una decisione ‘al buio’ semplicemente perché nulla di tutto questo esisteva ancora. Ciononostante, sento davvero che mi sto perdendo qualcosa, come se fossi stato tutto il tempo in fila per le montagne russe, vedendo gli altri divertirsi e pensando continuamente che di lì a poco sarebbe toccato a me, per poi arrivare e trovare il cartello ‘CHIUSO’ a sbarrarmi la strada. È frustrante”
Per concludere, le parole di Eleonora alla fine della riflessione, che, più di tutte le altre, rendono forse giustizia sia al salone e ai suoi meriti che al senso di disorientamento generale che stanno provando i diciottenni in questo momento… a dir poco peculiare.
“Dopo aver partecipato a questo salone mi sento molto confusa, nel senso che sto ragionando su quello che è stato detto e devo calibrare la situazione anche se so che mi aiuterà a capire nonostante il periodo difficile”.
Senza presunzione né pignoleria, ma vorrei concludere lanciando una domanda, perché il nostro punto di vista vale, anzi, è fondamentale: si può fare un po’ meglio di così? E in che modo?
Immagine di copertina:
Foto di Kyo Azuma
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