Tempo

RIFERIMENTI PER IL PRESENTE | La nuova forma del tempo che offrono le realtà digitali

Smart working, corsi online, ed è subito sera. La quarantena viaggia a un tempo che non conosciamo: vediamo due opere d'arte che fanno al caso nostro. Una è a Genova!
19 Maggio 2020
3 min
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Abbiamo riflettuto su come la quarantena sta cambiando la nostra condivisione dell’intimità e abbiamo osservato quali nuovi significati assume il cibo, ora è il momento di provare a fare sul serio: concentriamoci sul tempo.

Dunque: non riusciamo a capire come, ma le giornate volano via velocissime. Il lontano sentore è che a questo fatto concorrano le quotidiane immersioni nell’universo digitale a cui siamo sottoposti.

Smart working, università telematica, progetti online garantiscono la continuità delle nostre attività lavorative / sociali / di studio al prezzo di un’assurdamente incredibile divisione della mente dal corpo. La realtà digitale in cui ci stiamo abituando a vivere non si fa nessuno scrupolo: privilegia un’esperienza del tutto mentale e elimina il corpo alla grande. 

Non serve scomodare Kant per riconoscere che, in quanto esseri umani, è tramite una cooperazione di corpo e mente che facciamo esperienza del tempo. Cooperazione che, in quarantena, viene decisamente rivoluzionata. Risultato? Disorientamento e perplessità – praticamente, come in un museo d’arte contemporanea.

Detto questo, entriamo nel merito del discorso e tiriamo fuori i nostri riferimenti. Li tiriamo fuori proprio dall’arte contemporanea – perché talvolta dopo il disorientamento e la perplessità, ti lascia qualcosa di denso che ti cambia la visione del mondo, e  ti dà riferimenti. Oggi, a proposito di tempo e realtà digitale, propongo due opere che ho avuto la fortuna di vedere (meglio: esperire) di persona, tra le poche che mi hanno coinvolto ed entusiasmato veramente

TV Buddha – Nam June Paik

Link all’opera

La troviamo a casa nostra. In Fondazione Pierluigi e Natalina Remotti, a Camogli – un’altra chicca preziosissima nella nostra regione troppo poco conosciuta: ex convento sconsacrato con interventi di Gilberto Zorio e Michelangelo Pistoletto (niente meno che). Prima gita in programma dopo il lockdown, ok?

Si tratta di un’installazione che l’artista di origine coreana Nam June Paik realizzò più volte e in forme diverse, la prima fu presentata nel 1974 alla Galleria Bonino di New York. Quella di Fondazione Remotti consiste in una statua di Buddha a grandezza naturale in posizione meditativa, che contempla su un televisore la proiezione della sua immagine registrata da una telecamera a circuito chiuso, posta sopra di esso. 

TV Buddha. Foto di Adam S

Un’opera fine, complessa e stratificata, realizzata da un pioniere della video arte quale fu Paik. Tralascio, ora, di approfondire le consapevoli relazioni tra Oriente e Occidente e tra passato e presente, caratteristiche del suo lavoro: l’aspetto che mi ha colpito di più è la manomissione del tempo.

La telecamera riprende Buddha e Buddha contempla la sua immagine in diretta, in un loop infinito. Tu, che sei visitatore, non riesci a capire finché non ti avvicini all’installazione, e per vedere il televisore ti trovi a fianco della statua: ecco che compari sullo schermo. Arriva l’emozione. Prima di tutto imbarazzo e inadeguatezza di chi si sente un intruso, sei dentro alla silenziosa meditazione di Buddha, e non riesci a tranquillizzarti perché continui a sentirti fuori luogo, stai interrompendo un ciclo eterno, sacro. Vorresti evitare, ma ecco che senti salire la sottile eccitazione del voyer.

AS YOU GO – Anri Sala (2019)

Link all’opera

Il secondo riferimento è una mostra multimediale ospitata al terzo piano del Castello di Rivoli fino al giugno scorso: AS YOU GO, a cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria, del giovane artista albanese Anri Sala, che ha rappresentato la Francia alla Biennale di Venezia del 2013.

In corrispondenza delle pareti delle grandi stanze contigue del terzo piano del Castello, completamente buie, sono stati installati dei grandi schermi. Alcuni di essi erano fissi, altri scorrevano lungo binari spostandosi da una stanza all’altra, molto lentamente. I film proiettati erano riprese a camera fissa di strumenti musicali che vengono suonati: una mano che suona il pianoforte (Ravel Ravel), un primo piano sui tasti che si muovono senza dita (Take Over), ma soprattutto una lumaca che sale pianissimo verso la cima dell’archetto di un violinista che suona (If and only If). Questi sono i miei ricordi più nitidi. A pervadere l’intero spazio, Concerto per la mano sinistra di Ravel.

Il gioco lento di sovrapposizioni degli schermi e del grande spazio buio delle stanze animato dal suono della musica è impossibile da descrivere, ma immaginate qualcosa di decisamente fuori dal comune e al contempo notevolmente elegante.

Anri Sala in AS YOU GO ha dipanato una narrazione multipla fatta di movimenti lenti, richiami, sovrapposizioni e dimensioni diverse che entrano l’una dentro l’altra. Ha costruito un ambiente temporale straniante. Ma incredibilmente entusiasmante.

Perché queste due opere possono servirci da riferimenti per il presente? Perché ci insegnano a vivere i dispositivi digitali senza farci inghiottire dalla realtà che veicolano. 

Non basta: ci educano a immaginare nuove forme del tempo.

Ancora: ci ricordano che abbiamo un corpo.

A me pare abbastanza, e a voi?

Immagine di copertina:
Sam Balye


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Membro del duo curatoriale Mixta con il quale si occupa di progetti artistici che siano attivatori sociali. Ha curato mostre, rassegne e festival negli spazi pubblici, nelle periferie e nei luoghi istituzionali della città di Genova. È anche fondatrice e CEO di Wanda, associazione per la trasformazione culturale, che accorcia le distanze tra le nuove generazioni e la cultura.

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