Piazza San Matteo, 6 maggio. Guardando l’ingresso di Lazzaro Galleria d’Arte Contemporanea si notano persone che conversano, ragazze e ragazzi che brindano con calici di vino rosso in plastica, energie che si propagano, le vibrazioni giuste.
È un vernissage!
All’interno della galleria, scendendo al piano inferiore, ecco il motivo per la rinnovata socialità.
La scaletta conduce a un locale buio, illuminato a intermittenza da flash di luci che rivelano un ecosistema chiuso da una porta a vetri. Lì dentro si sta svolgendo la festa. Si vedono piante, oggetti, sostegni, qualcosa che assomiglia a un vestito o un giubbotto appeso a una gruccia, la lampada UVC, si sente un suono che non si interrompe mai. Stando all’esterno, si avverte tutto in modo un po’ ovattato e la visuale è ostacolata dall’architettura della stanza.
L’alternativa, per indagare più da vicino, sarebbe collegarsi alla trasmissione streaming che riprende direttamente l’interno della stanza – allontanandosene ulteriormente.
Insomma, questa festa non s’ha da fare?
Sbagliato: la festa si fa eccome, l’ha data Revolvingdoors, il collettivo autore dell’opera, che ci sbatte in faccia – ma con protezione, come si conviene di questi tempi! – la potenza di un evento cui siamo statɜ invitatɜ, ma che possiamo solo esperire da lontano, pur essendone coinvoltɜ in prima persona ogni giorno.
La festa non è altro che il sovvertimento della logica e un’iper-razionalizzazione dei pilastri che sostengono il quotidiano: tecnologia, cura, apparenza, ecologia, disgiunzione. È un ambiente che sopravvive a se stesso grazie all’installazione di un sole sotterraneo – questo il titolo dell’opera in mostra –, che ribalta la contrapposizione natura-artificio, mostrandoci che quello che noi riconosciamo come mondo altro non è se non la commistione e la sovrapposizione di coscienza, entropia, materia e immaginario.
Revolvingdoors, sbarrando la strada all’esperienza in prima persona, eliminando il protagonismo, l’egocentrismo, le maschere, apre a una dimensione comunitaria che trova il suo centro di gravità nell’accettazione del fallimento.
Non facciamola troppo radicale: Sole Sotterraneo non elimina la performatività, ma ne sposta il focus dall’abituale chiave neoliberista verso un ideale estetico in cui l’unica cosa che conta è essere consapevoli del fatto che qualunque agire non servirà a niente. Una volta eliminata l’ossessione della programmazione e del buon risultato dalle nostre azioni, cosa rimane? La spirale discendente verso l’abisso della fine, la magia del travestimento, il ritmo dei gesti e dei passi, come una danza interiore, un rito apotropaico, energia orgonica.
In definitiva ci sono solo due opzioni: godere della vitalità corporea della caduta, superando ogni dicotomia e ogni barriera fino allo schianto; oppure, non prendere parte alla festa, restando imprigionatɜ nel sistema che ci spinge a desiderare il successo, truccando però in continuazione le regole per ottenerlo.
Chi e cosa è chiusə davvero dietro una porta a vetri?
Mentre ne parliamo, buttiamo giù un altro bicchiere di vino.
“Sono leggero, rido, sto a galla, so che morirò. Indosso il mio abito, la mia festa. Sono un barbaro che corre al ritmo dell’abisso che porto in mezzo alle gambe. Ringrazio il sole per la vita, ringrazio il sole per la morte. Non ho più la pelle, mi vesto di suono e trasporto una luce. Sono io la festa sono io la fine.”
Sole Sotterraneo, a cura di Mixta, sarà visitabile fino al 22 maggio 2021 presso Lazzaro Galleria d’Arte Contemporanea dal martedì al sabato h. 15:00-21:00
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Immagine di copertina:
Sole Sotterraneo, screen da video di Silvia Mazzella
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