È di non molti giorni fa la notizia delle svastiche e delle scritte antisemite apparse nello spogliatoio del Liceo Cassini di Genova, che ha scatenato l’ira di una parte del corpo studentesco e del sindacato studentesco, che ha subito preso posizione contro quest’azione vergognosa, chiedendo, peraltro, che venissero oscurate le scritte stesse.
La scuola è il luogo del sapere, della formazione individuale e collettiva, dello sviluppo libero e sereno della propria personalità. Se diventa un luogo di diffusione di messaggi di violenza, odio e discriminazione, significa che bisogna iniziare a farsi delle serie domande sul tipo di società che si ha l’intento di costruire.
Non che “i grandi” siano un esempio meraviglioso, da questo punto di vista
Da una parte, il Sindaco Bucci che non perde occasione per mettere se stesso in difficoltà sul delicato tema dell’antifascismo, dall’altra, a livello nazionale, abbiamo un Presidente del Senato che pensa che, testualmente “siamo tutti eredi del duce”.
Se infatti, a livello locale, il nostro primo cittadino manda corone di fiori ai morti di Salò, intitola il Porticciolo di Nervi a un fascista repubblichino, fa approvare mozioni che paragonano i fascisti con i comunisti (che i fascisti li hanno combattuti e, nella gran parte dei casi, presi a calci nel sedere), è retto da una maggioranza che ha impedito di discutere in Consiglio la spiacevole uscita dell’assessora Rosso e quant’altro, in Parlamento non siamo messi poi così tanto meglio sul fronte delle posizioni antifasciste.
Sarebbe allora opportuno, però, intendersi bene su ciò che l’avvenimento delle svastiche in una scuola significa e che cosa esso rappresenti.
In un clima in cui il razzismo è ridondante nella società e i rigurgiti fascisti riecheggiano, questo misfatto assume sicuramente un significato ben più importante di una semplice goliardata. Assume la connotazione di una scritta di forte contenuto politico (preoccupante), sdoganata nell’ultimo periodo da una progressiva normalizzazione del fenomeno fascista.
Come se disegnare una svastica o fare una scritta antisemita non sia poi una cosa così grave, una cosa che la società fatica molto a “mandare giù”.
Come se disegnare una svastica o fare una scritta antisemita avesse, tutto sommato, la stessa valenza sociale di scrivere “Forza Genoa” oppure “Giovanni ti amo”.
Come se disegnare una svastica o fare una scritta antisemita fosse la stessa identica cosa di disegnare una qualunque cosa o fare una qualunque scritta.
Come se disegnare una svastica o fare una scritta antisemita sia grave soltanto perché si imbratta il muro e non per il contenuto.
No. Ecco, proprio no
Disegnare una svastica non è scrivere “Giovanni ti amo”, non è una cosa di poco conto e non è grave per il solo fatto di essere una scritta sul muro. Ma questo forse non si è capito. E non si è capito nel luogo deputato a farlo capire. La scuola.
La scuola che durante il fascismo venne gerarchizzata, militarizzata, martoriata e resa ambiente di discriminazione e violenza. La scuola che dovrebbe essere uno dei nostri principali anticorpi sociali a tutela della libertà, dell’uguaglianza, della giustizia sociale e dell’antifascismo militante. La scuola che, sappiamo, dobbiamo e dovremo difendere con le unghie e con i denti, sempre e comunque.
Pubblica e laica, antifascista e solidale.
Immagine di copertina:
Svastiche e scritte antisemite sui muri del Liceo Cassini di Genova. Fonte anonima
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