Quando abbiamo cominciato l’avventura di questa rubrica l’intento era quello di condividere una serie di strumenti di cui tuttɜ noi, per primɜ, ci serviamo per comprendere il mondo che ci circonda attraverso la lente del femminismo intersezionale.
Chi si occupa di questi temi – ma in realtà chi si occupa di alcunché – sa quanto la formazione, lo studio, la ricerca e l’ascolto debbano essere costanti. Tanto più quando il contesto socio-culturale in cui viviamo non sembra mettere in luce a sufficienza alcune questioni.
È il caso del razzismo, di cui spesso si sente parlare anche a livello di discorso pubblico ma che, proprio per questo, è una dinamica da approfondire affidandosi a fonti autorevoli, che abbiano cioè maturato una certa esperienza nell’analisi e nella trattazione del tema.
Lo scarso livello di multiculturalità della nostra società impone ancora maggior rigore e consapevolezza nell’affrontare le articolazioni di un comportamento marginalizzante che non risparmia nessunə.
Non solo perché tuttɜ possono essere consideratɜ, date le debite circostanze, persone la cui dichiarata appartenenza etnica sia da guardare con sospetto, ma soprattutto perché nessunə di noi è esente dall’esercitare in prima persona questa forma atroce e tenace di discriminazione.
Proprio per questo, ho deciso di adottare una prospettiva ben precisa nel selezionare i titoli da consigliare in questa direzione, prediligendo quelli che parlano soprattutto del difficile rapporto tra femminismo e razzismo.
Solo affrontando questi snodi si può sperare di riuscire a portare avanti quel lavoro di decostruzione interiore necessario a rimuovere anche dentro di noi tutto ciò che ostacola una lotta che sia davvero per tuttɜ.
Per cominciare, credo che una ricognizione storica sia quanto meno doverosa.
Angela Davis, nel suo noto Donne, razza e classe (Edizioni Alegre) fornisce una panoramica dell’evoluzione storica del movimento per i diritti delle donne negli Stati Uniti e le sue forti resistenze a includere nel novero del genere femminile anche le donne nere.
Mancando un’attenzione specifica alle condizioni di sfruttamento e subordinazione, di vessazione e violenza, che caratterizzavano le loro esistenze, buona parte delle femministe bianche ha cancellato dal radar della propria consapevolezza la questione razziale, contribuendo ad alimentare posizioni contrapposte, trovandosi cioè alleata al suprematismo bianco, al conservatorismo, al capitalismo. Insomma al patriarcato nelle sue articolazioni più insidiose.
Il pregio del lavoro di Davis, che costituisce un classico del femminismo intersezionale, prima ancora che questo termine giungesse alla ribalta, consiste nell’evidenziare diverse prospettive di indagine che permettono non solo di prendere coscienza dei limiti di un femminismo bianco, ma soprattutto di tracciare rotte che orientino un’azione futura davvero condivisa.
Questa convergenza tra movimento femminista e istanze (ultra)conservatrici non è tuttavia un retaggio passato, bensì una delle caratteristiche più paradossali e dolorose del nostro presente.
Nella sua analisi Sara R. Farris propone di usare il termine femonazionalismo – da cui il testo omonimo edito sempre da Alegre – per indicare “da una parte, i tentativi dei partiti di destra e dei neoliberisti di portare avanti politiche xenofobe e razziste in Europa occidentale attraverso la promozione dell’uguaglianza di genere; dall’altra parte, coglie il coinvolgimento di diverse note femministe e femocrate nella costruzione contemporanea del frame dell’islam come religione e cultura intrinsecamente misogina”.
Questa convergenza tra obiettivi apparentemente contrapposti si realizza attraverso la strumentalizzazione della battaglia per i diritti delle donne declinata secondo quel paternalismo che ha appunto caratterizzato la sottomissione ai danni del genere femminile per tutta la storia del patriarcato.
La presunta esistenza di culture più o meno misogine fornisce una cornice concettuale dentro la quale si inseriscono tanto l’ideologia nazionalista della destra più estrema quanto la prevaricazione da parte di un certo femminismo occidentale: quello per cui indossare il velo è sempre sintomo di acquiescenza al dominio maschile.
Non che il razzismo smetta di agire all’interno dei confini nazionali, come ben mostra Ruby Hamad nel suo Lacrime bianche / ferite scure. Femminismo e supremazia bianca recentemente tradotto per i tipi di Tlon.
La prefazione di Nadeesha Uyangoda è uno strumento fondamentale per agganciare l’analisi di Hamad alla situazione italiana attuale, sebbene tra le pagine del testo non si finisca di imparare quanti atteggiamenti razzisti continuiamo a promuovere, perfino quando ci convinciamo del contrario.
Coinvolgendo nella sua disamina abitudini linguistiche, panoramiche storiche, cultura pop, letteratura e riferimenti alla politica contemporanea, l’autrice dimostra quanto il concetto di bianchezza sia un attributo fluido, capace di essere reinterpretato a seconda dei contesti in cui si applica e nei quali pure viene considerato un dato assoluto.
Questo testo, quasi come nessun altro fornisce un banco di prova importante per chiunque voglia impegnarsi davvero a praticare l’intersezionalità, a partire dalla presa d’atto dei proprio privilegi e dallo smantellamento del sistema che li conserva come strumenti di potere a danno di tuttɜ lɜ altrɜ.
Bonus:
Torneremo a parlare di femminismo decoloniale, nella specificità che questo termine ha assunto nella letteratura e nell’attivismo, ma dato che un confronto con la storia è sempre un punto di partenza prezioso, consiglio anche il lavoro di Francesco Filippi sul colonialismo italiano in Noi però gli abbiamo fatto le strade, edizione Bollati Boringhieri.
Uno studio che, sulla scorta della lezione del compianto Angelo Del Boca – di cui ricordo solo il noto Italiani, brava gente?, BEAT Edizioni –, ripercorre la parabola delle atrocità patrie in terra colonizzata e di tutto quel sistema ideologico che le ha nutrite e se ne è a propria volta alimentato.
Una visione del mondo che pervade il nostro immaginario e che deve quindi essere resa nota per poter cominciare a essere decostruita.
Disclaimer: queste non sono recensioni a pagamento, sono consigli su ciò che credo valga davvero la pena leggere. Se potete, acquistate i vostri libri dalle librerie indipendenti o dai siti delle case editrici: è un’occasione importante per riconoscere il valore del loro lavoro. |
Immagine di copertina:
Illustrazione di Martina Spanu
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