Moussa Balde

Mamadou Moussa Balde, profeta della disastrosa situazione dei migranti a Ventimiglia

Chi era Moussa Balde, il ragazzo aggredito a Ventimiglia, poi toltosi la vita a Torino? La sua storia ci aiuta a capire cosa succede alla frontiera con la Francia.
20 Giugno 2021
di
3 min
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“Voglio restare in Italia perché in questo paese ho avuto un assaggio di quanto la vita può essere bella” diceva Mamadou Moussa Balde in un’intervista di qualche anno fa. In questo video conosciamo un ragazzo classe 1998 e originario della Guinea, da dove era partito nel 2017 per scappare da una complessa situazione politica fino ad arrivare in Italia, a Imperia. 

SanremoNews.it. Video gruppo GEDI

La sua storia smette di essere silenziosa lo scorso 9 maggio, quando viene violentemente picchiato a Ventimiglia e portato al Centro di Permanenza per i Rimpatri (CPR) di Torino, dove si toglie la vita qualche giorno dopo.

Le notizie su di lui sono affrontate dai media con una spaventosa leggerezza, che rende sterile e inappropriato ogni tentativo di narrazione. 

Se i diritti di Mamadou Moussa Balde sono stati più volte ignorati, proveremo oggi a tenere accesa una delle prerogative fondamentali della vita di una persona, quella cioè di raccontarsi e di essere raccontati con cura e rispetto, fermandoci a ciò che effettivamente conosciamo, senza lasciarci tentare da romantiche ipotesi. 

Un articolo che si è distinto per profondità e oggettività è stato quello di Giulia D’Aleo, studentessa del master in giornalismo a Torino, che abbiamo intervistato per wall:out. 

Razzismo sistemico

Moussa Balde
Foto di Yasin Yusuf

Giulia racconta di essersi ripromessa che avrebbe raccontato la storia di Mamadou Moussa Balde solo se fosse riuscita a riportarla in maniera fedele e senza cadere nel sensazionalismo e nella drammaticità.

“Dai media sembrava che il motivo del suo gesto fosse solo legato a quanto accaduto dopo il pestaggio, quando invece tutte le motivazioni possono essere ricondotte a un problema di razzismo sistemico (articolo di wall:out Dentro al razzismo) e di condizioni sociali che riguardano tante altre persone come lui” dice Giulia.

“Ho intervistato il suo avvocato, che è stato l’ultimo ad averlo visto presso il CPR di Torino, le sue condizioni psicologiche erano preoccupanti, ma nessuno è intervenuto. La legge, prima di un rimpatrio forzato, prevede un controllo dello stato fisico e mentale della persona, ma nel caso di Mamadou Moussa Balde nulla è stato fatto”.

Nel suo articolo, Giulia riporta l’ultimo rapporto effettuato dal Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, dove emerge chiaramente la situazione di inadeguatezza del CPR di Torino nei confronti di chi attende un rimpatrio forzato. 

“Moussa era stato dichiarato irregolare dopo un breve periodo passato in Francia. Aveva avviato un iter come richiedente asilo, ma il suo colloquio era stato rimandato perché quel giorno sarebbe stato presente un solo membro della commissione. Non potendo essere accolto in nessuna struttura, aveva iniziato a vivere per strada, perciò non era più risultato reperibile per un secondo appuntamento e la sua domanda era stata rifiutata” spiega Giulia. 

Quanto vissuto da Moussa Balde ci permette di riflettere sulla situazione che le persone migranti si trovano a fronteggiare sul nostro territorio.

Di Ventimiglia, in particolare, dove Moussa ha vissuto il suo ultimo periodo, ci hanno parlato due volontarie di Libera Imperia, Maura Orengo e Annunziata Venturelli, che da tempo monitorano la situazione in collaborazione con altre realtà del luogo.

Città di frontiera

Questa città di confine è il culmine di dinamiche sovranazionali e nazionali che si amplificano e si ripercuotono in pochi chilometri di terra. È anche un luogo noto ai più come roccaforte della criminalità organizzata nel nord, che rende il terreno fertile a fenomeni di odio e intolleranza come quelli a cui siamo costretti ad assistere da anni.

“In seguito al Covid la situazione economico-sociale si è ulteriormente aggravata” sostiene Maura. “tanto che nel mezzo di una crisi economica e sociale di questa portata vi è forte il rischio che una scarsa consapevolezza porti a rivalersi sui più deboli e i più fragili”. 

Ricordiamo che dopo la chiusura del centro di accoglienza del Campo Roja per motivi di sicurezza legati alla pandemia, a Ventimiglia non vi è più alcun luogo dove possano essere ospitate le persone in transito verso la Francia, che sono così costrette a trovare sistemazioni di fortuna, all’aperto, in diversi spazi cittadini.

“Non è possibile lasciare i migranti in questa condizione,” spiega Annunziata “non hanno posto dove andare, stanno nei giardini pubblici o sotto i ponti della ferrovia. Con l’arrivo dell’estate e l’aumentare dei transiti migratori, la situazione non potrà che peggiorare. In questo modo la conflittualità sarà sempre più difficile da gestire e persino giustificata a livello politico, come è avvenuto con la vicenda di Mamadou Moussa Balde, i cui aggressori sono ancora a piede libero. Anche i media hanno contribuito ad alimentare la circolazione di notizie non verificate sul ragazzo, strumentalizzando e ignorando il valore della persona”.

“Questo è un pessimo segnale” conclude Maura “perché avvalora una violenza apparentemente autorizzata nei confronti dell’altro”.

Parlare della situazione che fa da cornice alla vicenda di Mamadou Moussa Balde, testimonianza in carne e ossa della storia dei nostri giorni, ci sembrava il gesto più significativo per ricordarlo.

Se lui non può più essere salvato, conoscere il contesto è fondamentale per iniziare a comprendere che ciò che accade a queste persone non è solo un (ingiusto) susseguirsi di fatti, bensì una vicenda che coinvolge profondamente dignità e valori umani. Umani. 

Immagine di copertina:
Illustrazione di Martina Spanu


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